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 2013  maggio 18 Sabato calendario

TROPPI CINESI A CACCIA DI LATTE IN POLVERE. IL MONDO LO RAZIONA —

Una grande mappa della Cina composta da 1.815 lattine di latte in polvere. Titolo «Baby Formula 2013»: è l’ultima opera di Ai Weiwei, l’artista e voce critica di Pechino. Il mosaico è esposto da ieri a Hong Kong ed è una denuncia del grave problema della sicurezza alimentare nella Repubblica Popolare.
La sete di latte in polvere dei bimbi cinesi (o meglio, dei loro genitori) sta provocando scompensi sul mercato mondiale. Da Hong Kong all’Australia, fino alla Gran Bretagna e all’Olanda. Le famiglie, in Cina, hanno paura del prodotto locale da quando nel 2008 scoppiò lo scandalo del latte con la melamina: si scoprì che la sostanza chimica veniva aggiunta al latte annacquato per mantenerne il potere proteico. La truffa uccise sei bambini e ne fece ammalare di patologie renali altri 300 mila.
Da allora padri e madri di qui cercano di procurarsi latte artificiale prodotto all’estero, in Paesi sicuri. E siccome si calcola che i piccoli cinesi ogni anno poppino latte per circa 14,5 miliardi di dollari, intorno alle preoccupazioni familiari è nato anche un mercato nero. La crisi ha raggiunto addirittura Londra: catene di supermercati si sono rese conto che le confezioni di latte artificiale andavano esaurite a ritmo anormale e hanno accertato che, oltre alla comunità cinese che le acquista per spedirle ai parenti lontani, anche bande di contrabbandieri si dedicano al rastrellamento. Una lattina di prodotto buono in Cina si paga anche 200 yuan (25 euro).
Così supermercati britannici come Sainsbury, Asda e Tesco hanno deciso di razionare le vendite, limitandole a due barattoli da 900 grammi a persona. L’associazione dei grandi distributori ha spiegato che il consiglio di contingentare le vendite è partito dalla Danone, che produce l’Aptamil.
Il gruppo alimentare francese ha confermato: «Ci risulta che la domanda anormale sia dovuta alle esportazioni non ufficiali verso la Cina», ha detto un portavoce della Danone. Le autorità commerciali olandesi hanno osservato un incremento del 50 per cento della vendita di latte in polvere.
Allo choc per lo scandalo della melamina si sono aggiunte ultimamente le paure create dall’inquinamento massiccio dei terreni e dei corsi d’acqua in Cina. Così i genitori cinesi sono davvero disposti a tutto per proteggere i lori figli dai rischi di contaminazione.
Il primo allarme sul fenomeno era partito a febbraio da Hong Kong. I cinesi continentali svuotavano gli scaffali dei negozi, tanto che a un certo punto un’associazione di genitori dell’ex colonia britannica ha protestato: «Si portano via il latte, che daremo ai nostri bambini?».
Secondo i giornali di Hong Kong gli effetti di questa incetta si sono visti anche oltre i supermercati. La corsa agli acquisti da parte dei turisti (veri o finti) venuti dalla Cina ha trasformato il volto di alcune strade della città: farmacie hanno preso il posto di negozi di tessuti o venditori di noodles.
Le autorità dell’ex colonia britannica sono intervenute contingentando le vendite, mettendo doganieri a controllare uno per uno chi si imbarcava sugli aerei o sui treni. Qualche cinese sorpreso con più di due lattine in valigia è stato arrestato: la pena minacciata è 50 mila euro di multa o due anni di carcere. Così, a quanto pare, il grande traffico clandestino ha cercato nuove frontiere.
«Quest’opera è una denuncia della decadenza morale dell’industria alimentare cinese», ha detto Ai Weiwei. «Il nostro Paese è capace di mandare un satellite nello spazio e non sa mettere un biberon di latte sicuro in bocca ai suoi figli, è assurdo».
Guido Santevecchi