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 2013  maggio 18 Sabato calendario

LA UE SI SCOPRE SEMPRE PIU’ OMOFOBA

Nella mappa dell’Europa omofoba i Paesi colorati con il rosso più scuro - quelli cioè dove la discriminazione è tristemente all’ordine di ogni giorno -, sono appena tre, differenti per cultura e storia, eppure accomunati dal rifiuto diffuso di chi è ritenuto diverso. Il secondo è l’Italia, a metà strada fra Lituania e Bulgaria. Da noi il 51% di lesbiche, gay, bisex e transgender (Lgbt, in sintesi) dichiara di considerare l’offesa alla disparità come una pratica «molto diffusa» (media Ue, 32%). In Belgio, Danimarca e Lussemburgo il dato scende all’1%, un miracolo per un continente in cui è ancora difficile affermare i diritti personali indipendentemente dagli orientamenti e identità.

L’analisi è firmata da un’indagine dell’Agenzia Ue per i diritti fondamentali (Fra) che ha raccolto le esperienze di 93 mila persone che si riconoscono nella sigla Lgtb e li ha diffusi ieri, in occasione della Giornata Internazionale contro l’Omofobia. I risultati sono nel complesso scoraggianti. Un intervistato su cinque ammette d’essere stato discriminato nel mondo del lavoro, nonostante la tutela dei diritti sancita nel quadro Ue. Si sale a un «sì» su alla domanda: «Avete subito minacce o violenze negli ultimi cinque anni?». In Italia sono il doppio della media a considerare «abbastanza diffuso» l’uso della forza, fisica e verbale, contro un gay.

«Tutti devono sentirsi liberi di essere se stessi a casa, al lavoro, in pubblico - dice Morten Kjaerum, direttore della Fra ma è evidente che le persone Lgbt non lo sono». L’inchiesta rivela che il 66% degli intervistati ha paura a tenere per mano il partner in pubblico e che la percentuale vola al 75% per gli uomini gay. Ma nel 90% dei casi, le molestie non sono denunciate. C’è paura e sfiducia. Sei su dieci credono che «non cambierà nulla».

È nel mondo dell’istruzione che il fenomeno mostra una delle facce peggiori. Due intervistati su tre rivelano d’aver nascosto o dissimulato la loro identità sui banchi di scuola, mentre il 60% è stato vittima di commenti o comportamenti negativi. In Italia nelle aule le cose sembrano andare un poco meglio, i casi dichiarati di comportamenti offensivi sono un quinto, dato in linea coi Paesi più aperti. In compenso uno su due si sente discriminato dai politici. Il caso Biancofiore insegna.

Che fare? «Occorre un’azione a livello europeo per abbattere le barriere», esorta Kjaerum. I contenuti delle proposte appaiono tuttavia vaghi e non potrebbe essere diversamente, visto che la violazione dei diritti nasce per ragioni culturali. L’Ue invita le capitali a utilizzare l’indagine per riformulare, attuare e monitorare le loro politiche. Sottolinea poi che la situazione potrebbe migliorare se le misure contro la discriminazione fossero estese a settori al di là dell’occupazione, magari con una direttiva orizzontale che estendesse il principio della parità di trattamento a religione, disabilità, età e orientamento sessuale.

Si dovrebbe, infine, affrontare il problema della scarsa denuncia delle violenze omofobiche, sostenendo gli organismi per la parità e altri meccanismi di denuncia nazionali per sensibilizzare alla discriminazione, ma anche formare adeguatamente gli organismi di polizia.