Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 18/5/2013, 18 maggio 2013
Per definire il malessere delle classi medie, si impone in Francia un nuovo termine: «le descenseur social», ovvero il «discensore sociale», che potrebbe essere adottato tranquillamente anche in Italia in opposizione all’ascensore sociale che nei bei tempi dello sviluppo rombante prevedeva un ricambio e dunque la possibilità, anche per cittadini di umili origini, di scalare i gradini della società
Per definire il malessere delle classi medie, si impone in Francia un nuovo termine: «le descenseur social», ovvero il «discensore sociale», che potrebbe essere adottato tranquillamente anche in Italia in opposizione all’ascensore sociale che nei bei tempi dello sviluppo rombante prevedeva un ricambio e dunque la possibilità, anche per cittadini di umili origini, di scalare i gradini della società. Per la verità, l’espressione fu coniata profeticamente sette anni fa, all’alba della crisi, dal sociologo Alain Mergier, come informa Le Monde. Ma ora acquista un significato meno astratto se è vero che si aggancia a numeri che dimostrano inequivocabilmente come le categorie modeste e le classi medie cosiddette «inferiori» siano cresciute negli ultimi quattro anni, in Francia, dal 57 al 67 per cento. È il risultato di una inchiesta condotta dalla Fondazione Jean-Jaurès. Insomma, mentre la crisi genera povertà, produce fantasia lessicale: da «discensore sociale» diventa «ascensore linguistico». È probabile che quando (se) verremo fuori (si presume malconci) dalla immane depressione di questi anni saremo più ricchi nel vocabolario. Nessuno, tanto meno il comune cittadino, potrà mai più dimenticare lo «spread», il «rating», la «deflazione», i «bond», il «debito sovrano». Il «rigore» non evocherà più banalmente la sfera educativa, quella calcistica o quella meteorologica. E ogni volta che prenderemo il lift di casa ricorderemo, per associazione (e senza rimpianti), il crudele «discensore sociale». Saremo semanticamente iperdotati. Magrissima consolazione.