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 2013  maggio 17 Venerdì calendario

LE DONNE CHE CAMBIANO IL MONDO ANNA WINTOUR

Quelle simpatiche son diverse. Anche con le buone non ha molto in comune e fi­guriamoci con quel­le semplicemente brave. Anna Wintour non è paragonabile a nessuno, una leggenda su cui fioriscono leggende d’ogni tipo. La più nota è che sia proprio lei l’ispiratrice della crudele Miran­da Prestley, protagonista de Il diavolo veste Prada. L’ultima in ordine di tempo riguarda il pre­sunto progetto del presidente Obama di nominarla ambascia­tore degli Stati Uniti a Londra (le ultime la danno invece a Parigi) per ringraziarla d’aver raccolto oltre 40 milioni di dollari perché fosse rieletto. Finora non è suc­cesso ma intanto sulla sua pri­ma di reggiseno scarsa Anna può appuntare un’altra meda­glia al valore, forse la più lucci­cante. Del resto siamo davanti a una persona che usa l’ombra più della luce e la luce come l’ombra. È un comportamento tipico di chi ha potere. Lei è la pri­ma ad averlo adottato nel mon­do della moda. Anna Wintour è nata il 3 novembre 1949 a Lon­dra, dall’allora direttore del­l’Evening Standard, Charles Ve­re Wintour e da Eleanor Trego Baker, detta Nonie, figlia di un professore di legge dell’universi­tà di Harvard. Il suo interesse per la moda è precoce. A soli 14 anni individua la pettinatura che ancora oggi è il suo marchio di fabbrica: un liscio caschetto con la frangia resistente a qualsi­asi colpo di vento. Due anni do­po viene espulsa dall’esclusiva North London Collegiate Scho­ol per la sua smania di accorciar­si le gonne. Viene mandata a lavorare nella boutique Biba, poi da Harrod’s. Anna viene assun­ta nel 1970 come assistente edi­toriale di Harper’s & Queen, nel 1975 parte per New York. Qui si ricolloca come junior fashion editor di Harper’s Bazaar. Resi­ste nove mesi e in questo perio­do un amico del suo fidanzato (il giornalista e play boy John Bra­dshaw), le presenta Bob Marley con il quale, pare Anna si sia eclissata per una settimana. Nel 1975 Bob Marley incise la versio­ne live di No woman no cry men­tre Jon Bradshaw sistemò la Win­tour alla direzione di Viva, una rivista per donne adulte. Ci resta due anni. Torna al lavoro come direttore moda di una nuova rivi­sta femminile, Savy, e nel 1981 entra con la stessa qualifica nel­la redazione del settimanale New York. Nel 1983 Alex Liber­man, direttore editoriale della Condé Nast l’assume dopo una lunga contrattazione che le rad­doppia lo stipendio. Grace Mira­bella che all’epoca dirigeva la testata, non gradisce il suo arrivo perché le cambia il giornale sot­to il naso ed entra in conflitto con l’intero staff. Litigare stanca tutti tranne lei che nel frattempo conosce David Shaffer, 30 anni più vecchio e una professione come psichiatra infantile perfet­ta per supportare il suo ego in continua evoluzione. I due si sposano nell’84 e, un anno do­po, lei viene chiamata a sostitui­re la direttrice di Vogue UK. Ha da poco partorito il suo primoge­nito, Charles, quando torna a la­vorare nella natia Londra. Il ma­rito resta a New York e le edizio­ni Condè N­ast pagano la baby sit­ter per il neonato e i frequenti vo­li della coppia sul Concorde.Co­me al solito Anna rivoluziona il giornale. I redattori emarginati definiscono il periodo «The Win­tour of our discontent» con un colto calembour che rimanda al titolo del libro di John Steinbeck The winter of our discontent ri­preso dal monologo del Riccar­do III di Shakespeare.
Dello stesso avviso è l’intera redazione di House & Garden a New York su cui il ciclone Anna si abbatte nella prima metà del­l’ 87. Sotto la sua direzione che dura 10 mesi, il giornale perde abbonati e molti dei tradizionali inserzionisti ma guadagna pagi­ne pubblicitarie dal fashion sy­stem. Siamo nel 1988 e finalmen­te realizza il sogno di tutta la vita: dirigere Vogue Usa. Per il più pre­stigioso mensile della Condè Nast che ha come motto «Before is in fashion, is in Vogue» (più o meno: «prima che sia di moda è su Vogue») è una svolta epocale.
Wintour riporta la rivista ai fasti modaioli di Diane Vreeland, la storica «direttora». Ma fa anche di più. Mescola abiti a buon mer­cato con esclusivi pezzi haute couture, utilizza modelle scono­sciute mentre nel mondo impaz­zano le top model, impone luci naturali e ritratti diversi dai soli­ti primi piani realizzati in stu­dio. Crea uno stile che sorpren­de tutti: lettori e inserzionisti. Fi­no ad allora nessun direttore del­la Condè Nast si era permesso tanta trasgressione.
Non veste solo Prada, prima del 1983 la Wintour rivestiva la sua fiera magrezza con jeans firmati, T-shirt e giacche. Entran­do nel più importante giornale di moda del mondo, ha adottato il tailleur Chanel con gonne stra­tegicamente accorciate. Mada­me sfoggia anche pellicce Fen­di, capi di giovani stilisti ameri­cani tipo Takoon, Jason Wu op­pure Alexander Wang, indossa sovente dei piccoli cardigan in cashmere, strepitose collane, stivali e sandali a tacco alto (ado­ra Manolo Blahnick) e soprattut­to gli occhiali da sole a qualun­que ora del giorno e della notte, ovunque. Ha un’energia inesau­ribile. La preserva andando a let­to alle 22,15 come rivela il docu­mentario della BBC intitolato Boss Woman. Si alza ogni giorno alle 6, gioca a tennis per un’ora e dopo l’intervento congiunto di parrucchiere e truccatore, va al lavoro. Arriva entro le otto, ha tre assistenti, chiude il cellulare all’ora di pranzo per gustare la sua bistecca mezza cruda. Sui suoi rapporti con il cibo si cono­scono gustosi aneddoti. Quan­do nell’ottobre del 2005 le ven­ne lanciata una torta di tofu in faccia all’ingresso della sfilata Chanel, il commento più ironi­co fu: «Abbiamo lo scoop: un car­boidrato ha toccato la bocca del­la Wintour». Le associazioni ani­maliste la odiano perché ama la carne e adora le pellicce e ha tra­sferito questa ­passione nei servi­zi di moda del suo giornale dove si è rifiutata di pubblicare le cam­pagn­e degli attivisti persino a pagamento. Su Vogue Usa una pa­gina costa tra i 30 e i 50 mila dolla­ri. La testata ha un fatturato pub­blicitario annuo sui 150 milioni di dollari. Perciò Condè Nast cor­risponde al d­irettore uno stipen­dio annuale di 2 milioni di dolla­ri con svariati benefit come 50 mila dollari di budget per i vesti­ti, autista 24 ore su 24, suite al Ri­tz di Parigi e al Four Season di Mi­lano durante le settimane della moda. Lei vive con la (nuova) fa­miglia in una casa di proprietà al Greenwich Village. Dopo 15 an­ni di matrimonio e due figli ha in­contrato il magnate delle teleco­municazioni texano J. Shelby Br­yan e nel ’ 99 ha divorziato da Da­vid Shaffer. Shelby è uno straor­dinario principe-consorte. Il suo unico difetto? Ha perso un sacco di soldi poco dopo essersi messo con lei e adesso secondo il Telegraph sarebbe nei guai avendo accumulato un debito pari a 1,2 milioni di dollari con il fisco Usa. Ma quando sei la stronza più potente in un mon­do ad alto tasso di stronzaggine come quello della moda, te ne puoi fregare: ci sarà sempre qualcuno pronto a riverirti e a ricoprirti d’oro solo perché sei tu.