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 2013  maggio 17 Venerdì calendario

BONINO E IL TRATTATO CON L’INDIA «I MARO’ TORNERANNO A CASA»

Per i due marò trattenuti a Delhi il destino è segnato. Processo in India inevitabile, sen­ten­za di condanna praticamen­te già scritta e pena da scon­tare in Italia. Altro che giudizio in patria, come sarebbe giu­sto. Ieri il neo vi­ceministro degli Esteri, Lapo Pi­stelli del Pd, ci ha assicurato che «in questo momento la collaborazione con le autorità indiane è ottima». Magra consolazione tenendo conto che Delhi ha vinto su tut­ta la linea a causa del calabra­ghismo del governo Monti. Se­condo Pistelli «sono già state concordate ’le regole di ingag­gio’ per il giudizio che gli india­ni si apprestano a dare sui due fucilieri, così come sono state concordate le condizioni suc­cessive a una sentenza». Per for­tuna che secondo il vicemi­nistro il caso «è avviato correttamente e aspettiamo solo che finisca».
La linea del Pia­ve della giurisdi­zione italiana, che sembrava inva­licabile dal 15 febbra­io dello scorso anno, quando due pescatori india­ni sono morti in alto mare, è un vago ricordo. L’arbitrato inter­nazionale non viene neppure preso in considerazione, con la scusa che si perderebbero altri due anni.
Mercoledì il ministro degli Esteri, Emma Bonino, davanti ai parlamentari aveva annun­ciato che l’accordo fra l’Italia e l’India per far scontare le sen­tenze ai rispettivi condannati nel proprio Paese d’origine «è in vigore dal primo aprile scor­so». Se processati in India la sentenza di colpevolezza per Mas­similiano Latorre e Salvatore Gi­rone è già scritta.
Secondo il trattato, firmato la scorsa estate dopo dieci anni di attesa, la pena inflitta ai fucilieri può venir scontata in Italia. La sentenza deve essere defini­tiva e accettata dal nostro Paese mettendo una pietra tombale sul caso. L’articolo 11 del tratta­to, però, non esclude la grazia, l’amnistia o l’indulto che i «ma­gnanimi» indiani potrebbero concedere.
Secondo il ministro Bonino la «strada da seguire è quella del processo rapido: non verre­mo meno dall’affermare le no­stre convinzioni sul diritto inter­nazionale, ma dobbiamo trova­re ora il modo di riportarli a ca­sa». Non si capisce come fare­mo valere il diritto internazio­nale se viene accettato il giudi­zio in India e non in Italia.
Per arrivare all’umiliante epi­logo ­ci vorranno ancora due me­si di indagini. Per fortuna è stata esclusa la normativa che preve­de la pena di morte, anche se continua ad indagare l’antiterrorismo. L’inviato speciale del governo per il caso marò, Staf­fan De Mistura, è appena rien­trato dalla quarta missione a Delhi in due mesi. Oltre a Lator­re e Girone verranno interroga­ti dagli indiani, ma in video conferenza dall’Italia, gli altri quat­tro marò del nucleo di protezio­ne. Massimo Andronico, Rena­to Voglino, Antonio Fontana e Alessandro Conte erano rima­sti bloccati per 77 giorni a bordo della nave Lexie nel porto di Kochi. «Non è stata ancora fissata la da­ta, ma prevedo che vengano sentiti entro un mese - confer­ma De Mistura al Giornale-. Per noi sarà un elemento utile alla difesa e alla verità dei fatti».
Dopo 15 mesi in India, Lator­re ha postato ieri sulla sua pagi­na Facebook un vecchio mes­saggio dei tre mesi di carcere nello stato del Kerala. «Domani sarà il nostro giorno!!» scrive il marò tarantino in maiuscolo, che in rete equivale ad urlare. Poi segue una specie di filastroc­ca: «Oggi è il domani di ieri. Ma domani sarà come oggi?». La conclusione riflette lo stato d’animo di Latorre: «Quanti domani dovranno ancora passa­re, che non siano come oggi, ma che sia veramente DOMA­NI!!»