Ugo Bertone, Libero 17/5/2013, 17 maggio 2013
L’URLO DEL SAMURAI TERRORIZZA LA MERKEL
Si racconta che Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, abbia alzato il telefono per esprimere al suo collega di Tokyo tutto il disappunto tedesco per la politica dello yen debole. «Da voi tedeschi non accetto lezioni...» sembra sia stata, più o meno, la risposta di Haruhiko Kuroda, il nuovo presidente della banca centrale scelto dal premier Shinzo Abe per dare una scossa all’economia, che segnava il passo da un quarto di secolo. Una risposta che ha il suo perché: a metà del decennio scorso, nel maggio del 2003, ci volevano 135 yen per comprare un euro, più o meno la stessa cifra di oggi (133 yen). Ovvero la grande svalutazione scatenata dalle riforme del premier conservatore Shinzo Abe (il 30% abbondante in meno di sei mesi) ha rimesso le cose al suo posto. È stata la Germania, accusa Tokyo, ad aver approfittato dei guai dell’Europa (in buona parte legati alla politica di Berlino...) per disporre di un euro debole, a vantaggio dell’export di Volkswagen, Bmw e così via.
L’aneddoto, se non vero senz’altro verosimile, è la cornice giusta per apprezzare la situazione economica di questi giorni. E da Tokyo arrivano dati straordinari: da gennaio a marzo il prodotto interno lordo è salito dello 0,9% , in netta accelerazione dal +0,3% del trimestre precedente, il primo dopo il varo della Abenomics . Su base annua il tasso di crescita è del 3,5%, in netta controtendenza con la recessione che ha dominato l’economia per il 2012 e che oggi si è trasferita, come si sa, in Europa. Italia in testa. Numeri più eloquenti delle parole. Fino a ieri si poteva parlare di semplice “bolla “ finanziaria, innescata dagli annunci incendiari della Bank of Japan, che ha annunciato di voler raddoppiare il denaro in circolazione nel giro di due anni, con l’obiettivo di far ripartire i prezzi e l’attività economica, senza badar troppo all’esplosione del debito pubblico, già oggi ben superiore al 200%. Oggi si deve riconoscere che la ricetta funziona meglio dell’austerità imposta all’Europa. «In un colpo solo –ha commentato Mario Noera, docente di diritto ed economia dei mercati finanziari in Bocconi – sono stati spazzati via, tutti i tabù: l’eccessivo debito pubblico, il vincolo del cambio, il target di inflazione. In cima all’agenda c’è la necessità di tornare a crescere».
È presto, sottolinea Nooera, per capire se la ricetta funzionerà per davvero, Ma è un fatto che l’Abenomics, dopo aver fatto scattare all’insù i prezzi delle Borse (+ 70% dall’avvio della svolta) e schiacciato le quotazioni dello yen, ha prodotto, in tempi più brevi del previsto, i suoi effetti sull’economia reale. Le famiglie giapponesi, grandi risparmiatrici, hanno ripreso fiducia e sono tornate a consumare. Cosa che, per il governo, conta di più dell’aumento dei profitti dei big dell’auto, come Toyota (+40%) o dei malumori delle banche di casa, abituate da anni a guadagnare solo sugli acquisti di titoli di Stato (come capita da noi). Oggi, al contrario, i Bot di Tokyo rendono lo 0,7%, molto meno del tasso di inflazione (obiettivo 2%) che Abe e Kuroda sperano di raggiungere entro il 2015. Perciò, per far soldi, le banche devono vendere i bond alla banca centrale e cercare nuovi modi per far quattrini. Si spiega così perché, negli ultimi 15 giorni, le grandi banche e i fondi pensione di Tokyo hanno investito 5 miliardi di dollari in titoli europei (Italia e Spagna in testa).
La vera scommessa, ora, è far sì che le banche tornino a prestare soldi alle aziende che in questo anni hanno investito solo fuori dal Giappone. Gli industriali, per ora, nicchiano. Ma Abe, conservatore e nazionalista, è pronto a battere i pugni sul tavolo. La ricetta Abenomics, infatti, può funzionare solo se agli stimoli monetari ed alla spesa pubblica si uniranno le riforme necessarie per svecchiare l’economia: salari più alti per sostenere i consumi, nuovi posti di lavoro per i giovani e per aumentare l’occupazione femminile, l’arma segreta per assicurare una crescita del pil sostenuta nel tempo, a sua volta necessaria per assicurare una crescita delle entrate fiscali e ripagare il debito pubblico. Per ottenere questi risultati, ed avere l’assenso di Washington alla sua politica, Abe si è detto pronto a far cadere le barriere tariffarie nei confronti dei beni e dei servizi Usa, ma anche a favorire gestioni societarie più aperte agli stranieri. E già si vedono i primi frutti: un fondo Usa ha comprato una quota di Sony proponendo un robusto cambiamento di strategie.
Insomma, una ricetta all’insegna dello sviluppo, l’opposto dell’austerità europea. Funzionerà? Per ora prendiamo atto che l’Europa è inceppata: l’economia si ferma, l’occupazione pure e lo stesso Mario Draghi non nasconde la sua “frustrazione” per il fatto che il denaro prestato dalla Bce alle banche non arriva alle imprese. In Giappone, al contrario, sono bastati sei mesi per ricompattare la fiducia delle famiglie. Mica per merito della Borsa, visto che in Giappone al contrario che negli Usa (ma come in Italia) le azioni hanno un peso molto modesto tra i risparmiatori. Ma perché la gente, stufa di ricette basate sui sacrifici che non portano a nulla, ha capito che stavolta si è cambiato registro per davvero. Gli italiani, per ora, ci hanno guadagnato un po’ di sostegno ai Btp (ovvero meno interessi da pagare). I tedeschi hanno venduto (e venderanno) qualche Bmw in meno. Pazienza.