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 2013  maggio 17 Venerdì calendario

L’ABENOMICS HA GIÀ VINTO: IL PIL GIAPPONESE ACCELERA


Il contrasto non potrebbe essere più evidente. Da un lato, l’Eurozona sembra avvitarsi in una spirale recessiva, con politiche di austerità che schiacciano gli investimenti pubblici e i consumi mentre il cambio forte dell’euro frena le attività manifatturiere votate all’export; dall’altro, il Giappone, uscito solo a fine anno dalla recessione, dopo aver per ora accantonato i problemi di un debito proporzionalmente doppio rispetto a quello dell’Italia si mette a crescere anche più degli Usa, sulla spinta all’export generata dallo yen debole e su una ripresa dei consumi legata in parte al boom della Borsa (sempre causato dal calo dello yen), prima ancora che i grandi stimoli fiscali e monetari siano davvero entrati in azione.
Nel primo trimestre il Pil reale è cresciuto più delle attese, a un tasso annualizzato del 3,5%, ossia +0,9% sugli ultimi tre mesi del 2012, quando uscì a malapena da un semestre di recessione: i fattori preponderanti sono stati i consumi (+0,9%) e l’export (+3,8%), mentre gli investimenti di capitale hanno continuato a segnare il passo (-0,7%) e il deflattore del Pil (da -0,7% a -1,2%) segnala le difficoltà a passare a un contesto di crescita dei prezzi. I dati preliminari annunciati ieri rappresentano una vittoria per l’Abenomics - le politiche del premier Shinzo Abe che danno assoluta priorità alla crescita - proprio perché il miglioramento dell’economia è stato ottenuto prima ancora dell’introduzione di una politica monetaria iper-espansiva (annunciata il 4 aprile) e solo all’inizio della manovra di stimolo fiscale da 13.100 miliardi di yen varata in febbraio.
Certo le condizioni complessive sono molto diverse tra aree regionali e il Giappone può crogiolarsi in contraddizioni che spaventerebbero ogni altro Stato: per esempio, a dispetto del rapporto abnorme tra debito e Pil, è la stessa banca centrale a incoraggiare un deflusso di capitali stimolando una diversificazione del portafoglio degli investitori istituzionali (che da tre settimane sono divenuti acquirenti netti di titoli di Stato esteri). La stessa BoJ persegue sia l’obiettivo di una inflazione al 2% sia quello di una ulteriore limatura dei tassi a lungo: un doppio target contraddittorio che si sta rivelando difficile. Ci sono già broker che prevedono mosse ancora più espansive, tuttavia cresce la sensazione che, alla fine, la priorità del governo non sia di per sé l’inflazione, ma la sua aspettativa e soprattutto lo yen debole che gonfia i profitti della Corporate Japan (le prime 200 imprese, secondo Daiwa Securities, accresceranno gli utili del 75% nell’anno in corso se il dollaro resterà intorno a quota 100).
Il ministro della Rivitalizzazione economica Akira Amari ha avuto gioco facile nel prevedere per il trimestre in corso una nuova robusta performance e un avvicinamento all’obiettivo per l’intera annata di un Pil al +2,5%. «I dati superiori alle attese confermano l’eccezione giapponese tra i Paesi avanzati nel generare una robusta crescita, largamente da domanda interna», osserva Takahiro Sekido, strategist alla Bank of Tokyo-Mitsubishi, secondo cui non c’è dubbio che l’economia sia sul binario di una solida ripresa guidata dal migliorato sentiment dei consumatori. Una indicazione di cautela arriva dal calo della spese di capitale delle imprese, mentre l’assai fiacco recupero dei salari (che si sono contratti a marzo su base nominale) rischia di frenare l’espansione dei consumi se l’inflazione da import dovesse prendere piede.
Per ora ad Abe sembra andare tutto bene: la maggiore incognita resta legata agli effetti dell’introduzione - prevista per il prossimo aprile - dell’aumento dal 5 all’8% dell’Iva. Persino le indicazioni sulla resistenza all’inflazione non sembrano decisive: Tomo Kinoshita di Nomura fa notare che il deflattore della domanda interna segnala un miglioramento trimestre su trimestre da -0,1 a zero netto nei primi tre mesi dell’anno: «Ci attendiamo di vedere un allentamento graduale della deflazione in quanto i benefìci dello yen debole si stanno muovendo lungo la supply chain». Ora Abe è atteso soprattutto alla prova del terzo cruciale pilastro della sua strategia di crescita - le riforme di sistema - perché non può bastare a una crescita sostenibile la droga del cambio e di maggiori lavori pubblici. Dal punto di vista europeo, resta difficile pensare che rispecchi i fondamentali un cambio dell’euro che nel luglio scorso valeva 94 yen, il primo gennaio 113 yen, il 31 marzo 120 e ieri quasi 132 yen. Ma non è l’economia europea ad andare male? Appunto.