varie, 17 maggio 2013
Rocco Brattalotta, 48 anni, e suo figlio Salvatore, di 22. Lavoravano al cantiere della metropolitana 5 di Milano, dove il primo era caposquadra
Rocco Brattalotta, 48 anni, e suo figlio Salvatore, di 22. Lavoravano al cantiere della metropolitana 5 di Milano, dove il primo era caposquadra. Costui mercoledì pomeriggio litigò con l’operaio Davide Spadari, 36 anni, un tentativo di suicidio mentr’era militare e di nuovo in cura con antidepressivi tre mesi fa. Forse stanco di sentirsi richiedere dallo Spadari lo stipendio che non arrivava mai, Brattalotta lo licenziò prendendolo per il collo: «Domani non farti vedere al lavoro, devi schiattare». Per tutta la notte Spadari pensò alle volte che quello l’aveva insultato chiamandolo «scarso» e «merda». Poco prima delle tre attaccò post it su computer, acquario e tv con i nomi dei parenti cui lasciare gli oggetti, scrisse un breve testamento, si vestì e tirò fuori dal cassetto la pistola Bernardelli 7.65 detenuta legalmente. Alle 6.23 entrò al bar Bottazzi, dove tutte le mattine i Brattalotta facevano colazione e compravano le sigarette. Li trovò lì, frettolosi di riprendere la strada per il cantiere. Puntò e via: quattordici colpi, tutti a segno tra testa e torace dei due. Quindi a piedi verso la caserma dei carabinieri: «Volevo colpire solo Rocco e poi uccidermi io». Giovedì mattina al bar Bottazzi di Casate, piccola frazione di Bernate Ticino, a trenta chilometri di autostrada da Milano.