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 2013  maggio 16 Giovedì calendario

QUEI MAGISTRATI-VOYEUR A CACCIA DI SCENE SPINTE SE QUESTE SON DOMANDE

In principio furono due foto, allegate agli atti dell’in­chiesta. Un paio di manette piu­mate, e un giocattolo erotico. Un sex toy. Trovati nella casa di un’olgettina, e catalogati come fonti di prova. Gli stessi per i quali l’ex direttore Emilio Fede - al telefono con la ragazza che era stata perquisita dalla poli­zia giudiziaria - se ne uscì con un icastico «Madonna di Dio, roba da pazzi». Era solo l’inizio. L’inizio di una discesa in pic­chiata nell’infimo del voyerismo, una corsa a grandi falcate verso l’osceno, un tuffo nello sprofondo del vizio privato of­ferto alla morbosità pubblica. Era il tempo delle intercettazio­ni, parole e parole tutt’altro che costumate che fecero il giro del mondo, a partire da quella da cui tutto ebbe inizio. Bunga bunga. Sembrò il fondo del ba­ratro. Poi venne il processo. E si continuò a scavare.
Perché il Rubygate è stato an­che questo. Un’aula di tribuna­le riempita di racconti da postribolo, una ricerca spasmodica del dettaglio scabroso. E del re­sto, non poteva che andare co­sì. C’era da dimostrare che villa San Martino era una specie di bordello, che le ospiti di Silvio Berlusconi erano prostitute, e che ad Arcore ci andavano per esercitare la «professione». E così, grottesche e inevitabili, si sono sentite le domande della pubblica accusa - i procuratori aggiunti Ilda Boccassini e Pie­tro Forno, e il pm Antonio San­germano - sui toccamenti, gli spogliarelli, la carne scoperta, i seni e i glutei, l’abbigliamento intimo, le strusciate, le scene erotiche e i rapporti sessuali. A cui, il più delle volte, le ragazze hanno risposto con un «no». Nessun festino a luci rosse. Al massimo un po’ di burlesque. Non l’avessero mai detto. «Sia gentile- è stato chiesto a una ra­gazza - descriva nel dettaglio l’abbigliamento burlesque per facilitarci la comprensione».
E insomma, sempre lì si va a parare. Domande tipo: «C’erano ragazze interamente spo­gliate?» (udienza del 24 maggio 2012). O ancora, «Si è mai intrat­tenuta in intimità con Berlusco­ni, intendendo rapporti sessua­li?» (pm Sangermano, udienza dell’8 giugno 2012). Ma alle vol­te ci si mettono anche i giudici. Come quando - sempre a giugno - a testimoniare era stata chiamata Johanna Visan. «Ac­cade qualche volta che la Minet­ti (Nicole Minetti, ex consiglie­re regionale lombardo, ndr) si sia spogliata. C’era la musica al­ta e qualcuna si sentiva di fare uno spettacolo». Il giudice Tur­ri vuole i dettagli: «Cosa vuol dire che la Minetti si spogliava? Si toglieva la maglietta, la cami­cia, le mutande, il reggiseno?». «Le mutande no».
Messe una in fila all’altra, po­trebbero riempire un romanzetto porno- soft. «Si è mai avvicinata all’onorevole Berlusco­ni toccando o facendosi tocca­re, segnatamente nelle parti in­time, ovvero seno, vagina, fon­doschiena?». «Che tipo di per­formance facevano le ragazze, si dimenavano tra loro?». «Du­rante gli spogliarelli come rimanevano le ragazze, nel senso quali e quanti indumenti toglie­vano?».«Ha visto dei palpeggia­menti? Ha assistito a interazioni connotate da contatti lasci­vi?». «Nel verbale dell’interro­gatorio invece si parla di mani in mezzo alle gambe. Lei ha vi­sto toccamenti di tale specie?». «Ricorda se le gemelle erano nude o vestite? Ah, erano seminu­de, descriva meglio». «Esclude che sia girata una statuetta (quella di Priapo, ndr) raffigu­rante un omino nudo con l’organo genitale sproporzionato rispetto alle dimensioni della statua?». Di fronte a un simile campionario, fa quasi tenerez­za la domanda (processo Ruby­bis) sul bacio che la cubana Lisa Barizonte diede a Berlusconi. «Come fu?», chiede il giudice Anna Gatto. «Alla francese».