Francesca Pini, Sette 17/5/2013, 17 maggio 2013
LA CRISI È NERA MA PER NOI ARTISTI È D’ORO
C’è un momento di riscatto, e Stefanos Tsivopoulos, l’artista che rappresenta la Grecia alla Biennale di Venezia (dall’1/06 al 28/11), l’ha afferrato. «Il mio progetto non sottolinea quanto la crisi economica renda le persone disperate… io sto cercando di spostare la questione su un piano diverso. Ci hanno abituato a pensare in termini di denaro, per possedere delle cose, mentre ciò che è essenziale è lo scambio di idee, del nostro tempo. Occorre rifondare tutto, partendo dalle relazioni da individuo a individuo», precisa l’artista, che vive tra Amsterdam e New York. Per realizzare questo progetto per la Biennale si è trasferito per qualche tempo ad Atene, dove ha affittato una casa in centro, vicino all’Acropoli. «Tutti i giorni avevo davanti agli occhi la grandezza di questi monumenti. Solo quindici anni fa eravamo orgogliosi del nostro Partenone! Mentre oggi questa fierezza è scomparsa, e anche l’affermarsi di questo partito di estrema destra corrisponde certamente all’estinzione di questi riferimenti culturali che, prima, erano molto sentiti dal cittadino greco. Occorre ritrovare queste radici prima che sia troppo tardi», dice l’artista che a Venezia presenta un video, declinato in tre episodi distinti. «Il film è girato appunto ad Atene con tre protagonisti diversi. Un’anziana signora, collezionista di arte contemporanea, un rifugiato africano che raccoglie rifiuti metallici per le strade della città, e poi un artista tedesco arrivato ad Atene per allestire la sua mostra, e che intanto se ne va in giro a scattare foto. Sono tre episodi, narrati separatamente. Ma a un certo punto queste persone s’incontrano, e cominciano a relazionarsi. Il mio intento è dimostrare quanto noi siamo interdipendenti, e come i ruoli che ciascuno di noi ricopre facciano progredire il mondo. Sono storie semplici, non improntate al dominio di un uomo sull’altro, ma sull’interscambio fra persone. La crisi finanziaria a sua volta ha generato una serie di “sottocrisi”, quella culturale, sociale e poi quella dei valori. I media, poi, fanno propaganda alla crisi, amplificandone il potere di azione. I Greci, che sono molto orgogliosi, in questo momento si sentono sconfitti. Prima della crisi, io vedevo in modo critico il sistema iperprotettivo tipico delle famiglie greche, ma se non ci fossero stati proprio questi forti legami famigliari il nostro Paese sarebbe già disintegrato».
Bandiera rossa. Stefanos Tsivopoulos viene da una famiglia politicamente molto coinvolta. «Mio nonno fu esiliato nel 1949, dopo la guerra civile. Era comunista. Il partito della sinistra cominciò a crescere e a diventare potente durante la seconda Guerra Mondiale, quando la Grecia fu invasa dai nazisti. Ci fu la Resistenza, poi seguì la guerra civile, il partito della sinistra fu soccombente e mio nonno costretto a lasciare il Paese. A quel tempo molti comunisti scappavano in Russia, in Ucraina, a Praga. Mio nonno trasferì lì tutta la famiglia. E anche la famiglia di mia madre, che è persiana, ha vissuto un destino simile. Anche suo zio era comunista e fu perseguitato sotto lo Scià, e così anche lui si trasferì in Cecoslovacchia dove si conobbero». Anche Stefanos, nato a Praga, per metà greco, ha intrecciato diversi luoghi alla sua vita. «Ho vissuto anche a Berlino. La Germania sta ricoprendo un ruolo leader, in campo economico e culturale. Che la Germania contribuisca al bilancio della Grecia è innegabile, ma io sono molto più critico riguardo a come i politici del mio Paese gestiscano questo problema. Un tempo c’erano dei princìpi alla base dell’Unione Europea, soprattutto la solidarietà, i Paesi ricchi in soccorso a quelli più deboli. Oggi non è più il caso. E questo mi preoccupa davvero molto. Sembra oggi che la Germania detti le regole del gioco, e questo va contro i principi dell’Unione europea, che non è solo l’espressione di un potere monetario. Un proverbio greco dice “riconoscerai il tuo amico quando gli verrà dato il potere”. Noi siamo passati dalle dracme all’euro, con un certo choc. Ma ciò è avvenuto in condivisione, per un progetto comune. Come si può pensare che, in un decennio, una ventina di diversi Paesi si allineino perfettamente? Occorrono almeno trent’anni per normalizzare questo processo unitario. Ma ciò che è palese è che in questo momento, e in queste circostanze, sono i Paesi ricchi a trarre grandi benefici: Germania, Olanda, Austria e Finlandia. Questa è la realtà. Ma i Greci non potranno sopportare a lungo questa pressione. Forse la Germania dovrebbe decidere di essere più europea e meno opportunista».