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 2013  maggio 17 Venerdì calendario

PALLONE, MATTONE EVASIONE

PALLONE, MATTONE EVASIONE –
Per loro "la Dolce Vita" doveva essere un sogno dorato: una torre da sceicchi tra i grattacieli di Dubai City, nella mecca dei nuovi ricchi. Peccato che quel condominio a sette stelle e ventiquattro piani sia rimasto un miraggio: al momento ha inghiottito 50 milioni di euro, pagati da 148 investitori in cerca di appartamenti prestigiosi e profitti garantiti. Li avevano illusi con visite al cantiere, volando negli Emirati Arabi in compagnia di star dello spettacolo e calciatori da serie A. Ma a convincerli a entrare nell’affare era stata anche la presenza di un nome vincente tra gli azionisti dell’iniziativa: Antonio Conte, l’allenatore della Juve appena riconfermata campione d’Italia. E dietro le quinte c’è un altro personaggio influente, l’ex senatrice del Pdl Maria Claudia Ioannucci, una protetta del faccendiere Valter Lavitola. Ora invece su tutta questa storia di mattoni e palloni molto gonfiati indaga la Guardia di Finanza, che la ritiene quantomeno frutto di una evasione fiscale milionaria.
Il progetto è partito nel 2006, nel pieno della bolla immobiliare mondiale: 280 alloggi vip con tanto di piscina. Puntava tutto sullo stile di vita esclusivo di Dubai marina: "Sofisticato ambiente e impareggiabile lusso", si può ancora leggere nel sito costruito per attrarre i benestanti clienti italiani. Ma oltre al prestigio di abitare di fronte al mare c’era l’allettante promessa di un’operazione sicura e di un guadagno garantito dalla società di Luca Mulino, la Ellebiemme di Treviglio, specializzata proprio nel mercato scintillante degli Emirati. A Mulino le relazioni non mancano: è sponsor del Monte-Carlo Film Festival e partner dell’ambasciata italiana negli Emirati Arabi per la festa del 2 giugno. Nonostante il prezzo che va dai 4-5000 euro al metro quadrato per appartamenti che costano fino a 600 mila euro, i clienti sono stati numerosi: ben 148. Per sedurli, sono stati organizzati viaggi dimostrativi in compagnia di testimonial come Marco Columbro e l’ex calciatore della Roma Marco Del Vecchio. Tre giorni di soggiorno in hotel a cinque stelle con tanto di visita del cantiere, shopping e gita nel deserto tutto compreso. «La proposta era interessante e così ho deciso di buttarmi: ho versato 197 mila euro per 50 metri quadrati», racconta Stefano Viaro, imprenditore di Padova in attesa della consegna. In più nel contratto d’acquisto era previsto che i proprietari avrebbero goduto di una rendita mensile per cinque anni. «Ma quella rendita era una specie di truffa: si gonfiava il prezzo dell’immobile (anche quintuplicato rispetto al valore di mercato) e poi si restituiva una piccola parte del denaro incassato sotto forma di rendimento. Era come mandare un biglietto di scuse a un negozio appena svaligiato», spiega uno degli acquirenti. «Uno specchietto per le allodole», dichiara un professionista romano anche lui andato a vedere con i propri occhi le fondamenta, perché «finora nessuno ha intascato un centesimo di quanto previsto dalla clausola di recesso e soprattutto neanche un appartamento è stato mai consegnato». Oggi la "Dolce Vita" venduta come «una città maestosa dentro la città» è bloccata all’undicesimo piano per problemi di staticità, litigi tra i soci e grane economiche, nonostante quasi 50 milioni di euro sborsati dai compratori.
La Guardia di Finanza di Bergamo ha cominciato a indagare sul grattacielo dei sogni per motivi fiscali. I contratti erano firmati dalla Dubai Business, mentre i versamenti dagli ignari compratori italiani non andavano direttamente nel Golfo del petrolio ma finivano a Londra. Gli investigatori hanno ricostruito l’intreccio degli azionisti che controllavano la Dubai Business. Come "l’Espresso" è in grado di rivelare, un quarto appartiene alla Victory iniziative immobiliari srl, nata nel 2007 con sede nella centralissima via Vittorio Emanuele a Milano. E di questa società Antonio Conte all’epoca era amministratore unico e titolare, assieme al fratello minore Daniele, del 17,5 per cento delle quote. Nel 2008, in piena campagna vendite, è l’allenatore bianconero a risultare al timone della sigla: solo nello scorso luglio ha ceduto interamente le azioni al fratello.
Invece la fetta più consistente (l’80 per cento) di questa società milanese appartiene alla Victory Investments Ltd che ha lo stesso indirizzo londinese della Dubai Business: Holywell Row 27. Il resto della compagine è diviso tra l’Antonio Scarpetta spa di Anacapri, Italia Tre della famiglia bergamasca Longhi e due società estere: la Gary Commercial Limited di Belize City e la Dreams Buildings di Londra. Un sistema di coperture e intrecci societari per nascondere i reali proprietari che la Guardia di Finanza riesce però a decifrare. Con una scoperta sorprendente: Mulino, insieme a Bernardo Sannino e Renato Santoro della Ellebiemme sono gli amministratori di fatto della scatola vuota londinese, nata all’estero per evadere il fisco per oltre 4 milioni di euro. «È un classico caso di esterovestizione: formalmente la società era in Gran Bretagna ma di fatto gestita dall’Italia perché lì non avevano dipendenti. I contratti, i bilanci e le fatture li facevano a Treviglio grazie a timbri e carta intestata creati ad arte», spiegano le Fiamme Gialle. Così si scopre anche che le società del marchio Ellebiemme di Treviglio e Roma sono state cancellate, ma rimane in piedi la capogruppo (Ellebiemme service) con una quota del 19 per cento ancora in mano alla ex parlamentare Maria Claudia Ioannucci.
Docente di diritto e senatrice dal 2001, la sua fortuna cambia quando viene presentata dall’allora direttore dell’"Avanti" Valter Lavitola a Silvio Berlusconi: nel 2011 la Ioannucci viene catapultata nel consiglio di amministrazione delle Poste italiane. Un’amicizia importante quella di Lavitola, in grado di chiedere al premier poltrone e incarichi. Lo stesso faccendiere ne parla nella lettera scritta al Cavaliere e sequestrata dai pm di Napoli. Nella missiva riassume le operazioni svolte per Berlusconi: dalla campagna mediatica per la casa di Montecarlo in uso al cognato di Gianfranco Fini, fino alla compravendita dei parlamentari durante il governo Prodi. E aggiunge: «Lei mi ha promesso di collocare la Ioannucci nel cda dell’Eni ma mi ha concesso il cda delle Poste, non mantenendo la promessa di darle la presidenza di Banco Posta». Un destino comune quello dei due amici Lavitola e Ioannucci, che nell’estate del 2011 si prodigano per le vacanze in Sardegna del presidente di Panama, Ricardo Martinelli, mettendo a segno un accordo tra le Poste italiane e quelle panamensi. Oggi la carica della Ioannucci nelle Poste è in scadenza mentre le avventure immobiliari dei suoi soci Mulino, Sannino e Santoro hanno subito un duro colpo: la Procura di Bergamo ha chiesto il rinvio a giudizio per le imposte evase dal 2008. Ma Mulino non si dà per vinto e continua a rassicurare gli ignari proprietari sul futuro della "Dolce Vita" rimasta incompiuta: «I loro soldi non sono andati persi ed entro la fine del 2013 i lavori riprenderanno». Per loro "la Dolce Vita" doveva essere un sogno dorato: una torre da sceicchi tra i grattacieli di Dubai City, nella mecca dei nuovi ricchi. Peccato che quel condominio a sette stelle e ventiquattro piani sia rimasto un miraggio: al momento ha inghiottito 50 milioni di euro, pagati da 148 investitori in cerca di appartamenti prestigiosi e profitti garantiti. Li avevano illusi con visite al cantiere, volando negli Emirati Arabi in compagnia di star dello spettacolo e calciatori da serie A. Ma a convincerli a entrare nell’affare era stata anche la presenza di un nome vincente tra gli azionisti dell’iniziativa: Antonio Conte, l’allenatore della Juve appena riconfermata campione d’Italia. E dietro le quinte c’è un altro personaggio influente, l’ex senatrice del Pdl Maria Claudia Ioannucci, una protetta del faccendiere Valter Lavitola. Ora invece su tutta questa storia di mattoni e palloni molto gonfiati indaga la Guardia di Finanza, che la ritiene quantomeno frutto di una evasione fiscale milionaria.
Il progetto è partito nel 2006, nel pieno della bolla immobiliare mondiale: 280 alloggi vip con tanto di piscina. Puntava tutto sullo stile di vita esclusivo di Dubai marina: "Sofisticato ambiente e impareggiabile lusso", si può ancora leggere nel sito costruito per attrarre i benestanti clienti italiani. Ma oltre al prestigio di abitare di fronte al mare c’era l’allettante promessa di un’operazione sicura e di un guadagno garantito dalla società di Luca Mulino, la Ellebiemme di Treviglio, specializzata proprio nel mercato scintillante degli Emirati. A Mulino le relazioni non mancano: è sponsor del Monte-Carlo Film Festival e partner dell’ambasciata italiana negli Emirati Arabi per la festa del 2 giugno. Nonostante il prezzo che va dai 4-5000 euro al metro quadrato per appartamenti che costano fino a 600 mila euro, i clienti sono stati numerosi: ben 148. Per sedurli, sono stati organizzati viaggi dimostrativi in compagnia di testimonial come Marco Columbro e l’ex calciatore della Roma Marco Del Vecchio. Tre giorni di soggiorno in hotel a cinque stelle con tanto di visita del cantiere, shopping e gita nel deserto tutto compreso. «La proposta era interessante e così ho deciso di buttarmi: ho versato 197 mila euro per 50 metri quadrati», racconta Stefano Viaro, imprenditore di Padova in attesa della consegna. In più nel contratto d’acquisto era previsto che i proprietari avrebbero goduto di una rendita mensile per cinque anni. «Ma quella rendita era una specie di truffa: si gonfiava il prezzo dell’immobile (anche quintuplicato rispetto al valore di mercato) e poi si restituiva una piccola parte del denaro incassato sotto forma di rendimento. Era come mandare un biglietto di scuse a un negozio appena svaligiato», spiega uno degli acquirenti. «Uno specchietto per le allodole», dichiara un professionista romano anche lui andato a vedere con i propri occhi le fondamenta, perché «finora nessuno ha intascato un centesimo di quanto previsto dalla clausola di recesso e soprattutto neanche un appartamento è stato mai consegnato». Oggi la "Dolce Vita" venduta come «una città maestosa dentro la città» è bloccata all’undicesimo piano per problemi di staticità, litigi tra i soci e grane economiche, nonostante quasi 50 milioni di euro sborsati dai compratori.
La Guardia di Finanza di Bergamo ha cominciato a indagare sul grattacielo dei sogni per motivi fiscali. I contratti erano firmati dalla Dubai Business, mentre i versamenti dagli ignari compratori italiani non andavano direttamente nel Golfo del petrolio ma finivano a Londra. Gli investigatori hanno ricostruito l’intreccio degli azionisti che controllavano la Dubai Business. Come "l’Espresso" è in grado di rivelare, un quarto appartiene alla Victory iniziative immobiliari srl, nata nel 2007 con sede nella centralissima via Vittorio Emanuele a Milano. E di questa società Antonio Conte all’epoca era amministratore unico e titolare, assieme al fratello minore Daniele, del 17,5 per cento delle quote. Nel 2008, in piena campagna vendite, è l’allenatore bianconero a risultare al timone della sigla: solo nello scorso luglio ha ceduto interamente le azioni al fratello.
Invece la fetta più consistente (l’80 per cento) di questa società milanese appartiene alla Victory Investments Ltd che ha lo stesso indirizzo londinese della Dubai Business: Holywell Row 27. Il resto della compagine è diviso tra l’Antonio Scarpetta spa di Anacapri, Italia Tre della famiglia bergamasca Longhi e due società estere: la Gary Commercial Limited di Belize City e la Dreams Buildings di Londra. Un sistema di coperture e intrecci societari per nascondere i reali proprietari che la Guardia di Finanza riesce però a decifrare. Con una scoperta sorprendente: Mulino, insieme a Bernardo Sannino e Renato Santoro della Ellebiemme sono gli amministratori di fatto della scatola vuota londinese, nata all’estero per evadere il fisco per oltre 4 milioni di euro. «È un classico caso di esterovestizione: formalmente la società era in Gran Bretagna ma di fatto gestita dall’Italia perché lì non avevano dipendenti. I contratti, i bilanci e le fatture li facevano a Treviglio grazie a timbri e carta intestata creati ad arte», spiegano le Fiamme Gialle. Così si scopre anche che le società del marchio Ellebiemme di Treviglio e Roma sono state cancellate, ma rimane in piedi la capogruppo (Ellebiemme service) con una quota del 19 per cento ancora in mano alla ex parlamentare Maria Claudia Ioannucci.
Docente di diritto e senatrice dal 2001, la sua fortuna cambia quando viene presentata dall’allora direttore dell’"Avanti" Valter Lavitola a Silvio Berlusconi: nel 2011 la Ioannucci viene catapultata nel consiglio di amministrazione delle Poste italiane. Un’amicizia importante quella di Lavitola, in grado di chiedere al premier poltrone e incarichi. Lo stesso faccendiere ne parla nella lettera scritta al Cavaliere e sequestrata dai pm di Napoli. Nella missiva riassume le operazioni svolte per Berlusconi: dalla campagna mediatica per la casa di Montecarlo in uso al cognato di Gianfranco Fini, fino alla compravendita dei parlamentari durante il governo Prodi. E aggiunge: «Lei mi ha promesso di collocare la Ioannucci nel cda dell’Eni ma mi ha concesso il cda delle Poste, non mantenendo la promessa di darle la presidenza di Banco Posta». Un destino comune quello dei due amici Lavitola e Ioannucci, che nell’estate del 2011 si prodigano per le vacanze in Sardegna del presidente di Panama, Ricardo Martinelli, mettendo a segno un accordo tra le Poste italiane e quelle panamensi. Oggi la carica della Ioannucci nelle Poste è in scadenza mentre le avventure immobiliari dei suoi soci Mulino, Sannino e Santoro hanno subito un duro colpo: la Procura di Bergamo ha chiesto il rinvio a giudizio per le imposte evase dal 2008. Ma Mulino non si dà per vinto e continua a rassicurare gli ignari proprietari sul futuro della "Dolce Vita" rimasta incompiuta: «I loro soldi non sono andati persi ed entro la fine del 2013 i lavori riprenderanno».