Gian Luigi Paracchini, Corriere della Sera 17/05/2013, 17 maggio 2013
ASTA RECORD SUL BARNETT NEWMAN, L’IPOTESI PRADA - È
lei o non è lei? Anche le vie dell’arte sono infinite e possono diramarsi in percorsi misteriosi. La notizia certa è che a New York è stata venduta una tela di Barnett Newman per la bella somma di 34 milioni di euro.
L’interrogativo che segue l’acquisto riguarda il neo proprietario: è o non è Miuccia Prada? Voci, indizi, intuizioni, liberi collegamenti farebbero pensare di sì. Ma mancano le conferme. «No comment», è l’unica concessione uscita per ora dal gruppo e dalla fondazione Prada: non esattamente un’energica smentita. Così in attesa che le nebbie si diradino, si possono soltanto mettere insieme gli scarni ma interessanti pezzi del mosaico.
Il luogo è Sotheby’s a Manhattan. L’opera è «Onement VI», composizione astratta blu cobalto firmata da Newman nel 1953. Un’asta tosta verrebbe da dire: il banditore ha battuto a quota 43,8 milioni di dollari dopo uno spericolato e spettacolare gioco al rialzo fra cinque concorrenti. Nessuno aveva intenzione di mollare e si è dovuti arrivare a una cifra record.
Per i cultori dell’artista americano di origini russe una sorpresa relativa. Negli ultimi tempi il catalogo di Newman, scomparso nel 1970, va alla grande ed è superseguito. Proprio un anno fa, sempre a New York, una sua opera aveva raggiunto i massimi di quotazione per un’opera pagata circa la metà di «Onement VI». E questo la dice lunga sull’impennata del suo mercato.
Gli indizi che portano alla stilista? Primo, esiste una precisa testimonianza sulla nazionalità della voce che ha piazzato l’ultima decisiva offerta: italiana, senza alcun dubbio. Secondo, il nome di Barnett Newman spicca in quella corrente d’espressionismo astratto di cui fa parte per esempio Mark Rothko, particolarmente apprezzata da Miuccia Prada, da suo marito Patrizio Bertelli e dall’entourage critico-artistico che ha sempre seguito la loro passione prima da entusiasti neofiti poi sempre di più da importanti collezionisti d’arte contemporanea. Anche Frank Stella, altro nome in qualche modo sintonizzabile sulla tecnica di Newman, ha un posto al caldo nelle preferenze pradensi.
Terzo indizio: l’autorevole New York Times non si è limitato a dare una nazionalità al munifico acquirente ma ha ipotizzato, raccogliendo diversi sussurri, anche un nome: Prada appunto. E raramente il Nyt s’avventura su pendii troppo scoscesi.
C’è poi chi ha fantasticato sulla passione cromatica della signora per il blu cobalto ma questo è un indizio fin troppo leggero: mrs. Miuccia non considera né tantomeno mischia le sue scelte di passerella con quelle della collezione d’arte. E per di più il suo colore preferito parrebbe il verde.
Resta da vedere come si trasformerà quel «no comment». Forse potrebbe essere la soluzione interlocutoria verso una decisa smentita. Ma qualcosa fa pensare all’ipotesi contraria. Con certe notizie così importanti c’è molta più soddisfazione a spillare le carte che a cavalcare voci esterne e non preventivate. Dato il prezzo pagato, si può forse contestare una simile artistica aspettativa?
Gian Luigi Paracchini