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 2013  maggio 17 Venerdì calendario

JFK SEDOTTO DA HITLER "È DELLA STOFFA DI CUI SONO FATTE LE LEGGENDE"

Il 3 agosto 1937 John Fitzgerald Kennedy, allora ventenne, si ferma a Milano durante un viaggio in Europa. Con sé ha un libro del giornalista John Gunther. «Ho finito di leggere Gunther e giungo alla conclusione che il fascismo è la cosa giusta per la Germania e l’Italia, il comunismo per la Russia e la democrazia per l’America e l’Inghilterra annota -. Ho trovato il libro di Gunther molto interessante, ma sembra che lui propenda per il socialismo e il comunismo e rifiuti con decisione il fascismo. Quali sono i mali del fascismo al confronto del comunismo?». Neanche tre settimane dopo, il 21 agosto, sulla strada tra Francoforte e Colonia, Kennedy scrive: «Le città sono tutte incantevoli, il che mostra che le razze nordiche sembrano essere di sicuro superiori a quelle latine. I tedeschi sono davvero troppo bravi – per questo ci si mette insieme contro di loro, per proteggersi».

Queste due frasi compaiono in «John F. Kennedy. Tra i tedeschi», un libro curato da Oliver Lubrich, professore di Letteratura tedesca moderna all’Università di Berna, che uscirà la prossima settimana in Germania e di cui la Faz pubblicava ieri delle anticipazioni. Si tratta di una raccolta di lettere e diari scritti dal futuro presidente Usa durante tre viaggi in Europa (nell’estate 1937, nell’agosto 1939 e tra luglio e agosto 1945). Materiale in parte già noto agli storici anglosassoni e ai biografi di Kennedy, spiega Lubrich, che ora viene pubblicato per la prima volta con riferimento specifico al rapporto di JFK con la Germania.

Accanto ad annotazioni banali, riferimenti alle donne incontrate e commenti sui posti visitati, il libro contiene frasi spiazzanti, come quella che Kennedy appuntò il primo agosto 1945, dopo aver visitato il paesino bavarese di Berchtesgaden («dopo cena vennero offerti sigari ritrovati nell’auto blindata di Göring») e il «nido dell’aquila», la residenza di montagna di Hitler. «Chi ha visitato questi luoghi - scrive - può immaginare come Hitler emergerà dall’odio che ora lo circonda come una delle personalità più importanti mai vissute. La sua sconfinata ambizione per il suo Paese lo ha reso una minaccia per la pace nel mondo, ma aveva qualcosa di misterioso, nel suo modo di vivere e di morire, che sopravviverà a lui e crescerà ancora. Era della stoffa di cui son fatte le leggende».

Una frase, quest’ultima, «sconcertante», dice alla Faz Lubrich, che precisa: «Non credo che Kennedy ammirasse Hitler e soprattutto la sua politica, semmai qui è in gioco quella che Susan Sontag ha descritto come l’inquietante fascino del fascismo: Kennedy prova a capire questo fascino che evidentemente Hitler emanava ancora». Al tempo stesso, aggiunge Lubrich, appare discutibile che nei suoi diari Kennedy non si sia occupato quasi per niente dell’Olocausto, mentre si è soffermato sulle tecnologie militari tedesche.