Rossella Bocciarelli, Il Sole 24 Ore 16/5/2013, 16 maggio 2013
PIL AL SETTIMO SEGNO MENO, È RECORD
ROMA
Per il settimo trimestre consecutivo il Pil italiano decresce e nel primo tratto del 2013 fa registrare un meno 0,5% rispetto all’ultimo trimestre del 2012 e un meno 2,3 per cento tendenziale, in rapporto al primo periodo dello scorso anno.
A delineare questo quadro fosco di recessione senza fine,arrivata quasi al giro di boa dei due anni, è la stima flash diffusa ieri dall’Istat, che non ha mancato di sottolineare il record di durata nella flessione dell’attività produttiva, che non trova precedenti dall’inizio delle serie storiche, ovvero dal 1990.
Il calo congiunturale di ieri, annotano gli esperti dell’Istituto di statistica, si ottiene come risultato di una diminuzione del valore aggiunto verificatasi nel comparto dell’industria e in quello dei servizi e di un aumento nel settore dell’agricoltura. L’Istat precisa anche che a questo punto la variazione acquisita del prodotto interno lordo per il 2013, ovvero la flessione destinata a verificarsi comunque, anche se nel resto dell’anno il profilo di crescita fosse piatto, è pari all’1,5 per cento (come si ricorderà nelle stime del governo il prodotto appare destinato a ridursi dell’1, 3 per cento).Il solo elemento positivo, pur in un contesto così cupo, sta nel fatto che la velocità di caduta del prodotto è in diminuzione in rapporto alla flessione dell’ultimo scorcio del 2012, quando in un solo trimestre il Pil era sceso dello 0,9 per cento e la variazione tendenziale in rapporto all’ultimo periodo del 2011 era stata pari al -2,8 per cento.
C’è dunque qualche chanche che verso la fine del 2013 il barometro dell’economia possa rasserenarsi (e del resto questo segnala per l’Italia, un indicatore anticipatore come il superindice dell’Ocse). «Il declino dell’Italia non è affatto inarrestabile, sono ottimista, da italiano e imprenditore» ha commentato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi dopo i nuovi dati negativi del Pil.
Resta il fatto che per il momento nel quadro prevale il nero e, secondo gli esperti di Unicredit, il dato di ieri, peggiore del previsto, dipende da una dinamica più negativa delle attese per quel che riguarda i servizi e dalla brusca caduta degli investimenti in costruzioni. Non si nasconde il significato dei numeri diffusi ieri il neo-ministro del Lavoro ed ex presidente dell’Istat Enrico Giovannini: i dati, ha dichiarato «sono particolarmente gravi» e confermano che «il nostro sistema economico non è fuori recessione e che la riduzione dei tassi di produzione è ancora consistente».
Intanto, una nota della Confesercenti sottolinea che si fa sempre più drammatica la situazione dell’economia italiana «e la previsione Istat sul Pil 2013 è perfino peggiore di quelle ufficiali. Di questo passo, con l’inflazione ai minimi livelli, il pericolo della deflazione diventa incombente e potrebbe avere effetti devastanti sul mercato interno già stremato dalla crisi. In questa situazione è perfino ottimistico immaginare che il 2013 si concluda con un Pil a meno 1,7%. La priorità diventa una sola: fare presto ad intervenire su fisco e lavoro».
Molti economisti, d’altra parte, temono che la flessione del prodotto anche quest’anno possa superare e non di poco le stime del governo. Così «la previsione del -1,3% può rivelarsi ottimistica – dice ad esempio il capo economista di Nomisma, Sergio De Nardis – si va verso un -1,6-1,7% in media d’anno, ma questo implica che la caduta si fermi a metà del 2013 e che ci sia una leggera ripresa nel secondo semestre, altrimenti si va verso -2%».Fine anno peggiore delle stime governative anche per Fiorella Kostoris: «Con una crescita acquisita di -1,5% e se usciremo dalla recessione a fine anno vuol dire che il dato migliore sarà comunque peggiore dell’acquisito». Di diverso avviso Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Università di Trento: «La stima del Governo é coerente se si considera una forchetta tra -1 e -1,5%. Penso che questo trimestre sia l’ultimo negativo, il secondo probabilmente sarà piatto e il terzo a zero. Il quarto –aggiunge– poterà qualcosa di positivo, ci sono segnali che lo indicano, come l’export e la forte caduta delle scorte, quindi penso che una previsione tra -1 e -1,5% ci possa ancora stare».