Amedeo La Mattina, La Stampa 17/5/2013, 17 maggio 2013
“MAI STATO UN FALCO, LE TENSIONI PORTANO SOLO GUAI AI PROCESSI"
«Io non sono cattiva, è che mi disegnano così», diceva con voce dolce la rossa esplosiva Jessica nel film «Chi ha incastrato Roger Rabbit». L’accostamento fisico è rocambolesco, ma la battuta della fidanzata del simpatico coniglio calza a pennello a Nicolò Ghedini. Il quale nega di essere l’uomo nero accanto a Berlusconi, il falco dei falchi, il piromane che ha sempre appiccato il fuoco delle ostilità tra il Cavaliere e la magistratura. Si autoassolve, si definisce l’essere più pacifico al mondo.
«Guardi, questa è una leggenda metropolitana. Mi è stato affibbiato addosso questo cliché in cui non mi riconosco affatto. Io sono una colomba, una vera colomba. Sono sempre stato descritto erroneamente come colui che consiglia il presidente Berlusconi di andare allo scontro nelle aule dei tribunali, di alzare i toni sulla giustizia. Io sono contrario alla dipendenza dei pm all’esecutivo. La divisione delle carriere è interessante ma non serve a un tubo. Sono però convinto che servano alcune norme per limitare lo strapotere dei magistrati». Poi, essere un avvocato duro e aggressivo in udienza è una cosa ben diversa. In politica ha sposato totalmente l’appeasement, le larghe intese, il volemose bene con gli avversari del Pd, la tenuta del governo Letta. «Gli italiani non sono preoccupati dei processi di Berlusconi, vogliono sapere cosa fa la politica sull’economia reale, come si esce dall’incubo della recessione, come si aiutano le imprese a non chiudere e le famiglie ad arrivare alla fine del mese».
La parola «pacificazione» tra i denti di Ghedini ha il suono di una noce che si frantuma. Potenza delle metamorfosi dell’avvocato di Berlusconi, più che avvocato, consigliere politico, parlamentare, presenza fissa ai vertici di Palazzo Grazioli, quasi un segretario politico ombra e anche un ex ministro della Giustizia ombra, capace di vestire e svestire la toga e la cravatta del legislatore alla velocità della luce.
Descritto e disegnato come Igor della famiglia Adams nel villone di Arcore, Ghedini, il geniale inventore della fattispecie giuridica dell’«utilizzatore finale» (Berlusconi e le ragazze), è il sensore più attento agli umori del Grande Capo. Che gioca in bilico tra le trombe della guerra e lo svolazzo delle colombe, più che un dubbio è l’attitudine a surfare su quei «marosi» di cui ha parlato il capo dello Stato in un’intervista al Messaggero. Intervista che si conclude così: «Capisco chi si trova impigliato in processi e vicende giudiziarie di rilievo». Uno scenario in cui però «meno reazioni scomposte arrivano, meglio dal punto di vista processuale».
Quindi Berlusconi annulla le manifestazioni elettorali, declina gli inviti in tv. «Bene, anche io non ci vado per evitare inutili fibrillazioni, sono altre le priorità degli italiani», spiega Ghedini che ora svolazza e dice che «tutto ciò che non è utile ai processi è dannoso: i magistrati non si fanno impressionare dalle dichiarazioni dei politici, figuriamoci se si fanno impressionare chi ha a che fare o ha avuto a che fare con la mafia...». Tanto per non parlare della Boccassini.
È il fantastico mondo berlusconiano fatto di specchi e maschere. L’effetto Franco Coppi nel collegio difensivo di Berlusconi presso la Cassazione, dove il Cavaliere si gioca l’interdizione dai pubblici uffici, non c’entra nulla, per carità. Figuriamoci, Ghedini nega il cambio di passo nella strategia della difesa politico-giudiziaria. Ma l’aria è cambiata, per il momento, e lo “statista” di Arcore separa processi dal governo.
Ghedini quest’aria frizzantina l’annusa da politico mentre il suo collega Pietro Longo sembra rimasto impigliato nella rete dei falchi. E parla della sua pistola Luger con la quale avrebbe sparato al picconatore Kabobo e della caduta del governo un minuto prima della sentenza della Cassazione, se Belusconi verrà condannato e interdetto dai pubblici uffici. «E invece io sono convinto che il presidente verrà assolto», dice Ghedini che non sa cosa sia un’arma e non usa nemmeno la tecnologia. «Uso carta, penna e calamaio. La penna induce alla riflessione».