Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 15 Mercoledì calendario

IL MATTONE CROLLA (-25,7%) AI LIVELLI DI TRENT’ANNI FA


Tutto ruota attorno al mercato dei mutui. Che siano le famiglie a frenare la domanda in attesa di tempi migliori o le banche a stringere i rubinetti – e con ogni probabilità lo stallo è il risultato di una combinazione delle due componenti – senza una ripresa del credito difficilmente il mercato immobiliare potrà vedere la via d’uscita dalla crisi che ha ormai imboccato cinque anni fa.
Nel 2012 le compravendite nel complesso sono calate del 25,7% rispetto al 2011, a quota 448mila. Non andava peggio dal 1985. Sul tappeto sono rimaste 150mila unità per un controvalore di circa 27 miliardi di euro (75,4 miliardi il valore di scambio complessivo nel 2012). Ma se si guarda solo agli acquisti finanziati dai mutui, il quadro è nettamente peggiore: il calo arriva a -38,6%. La conferma del crollo del mercato e dei finanziamenti arriva dai dati del Rapporto immobiliare 2013 sull’andamento del mercato residenziale nel 2012, realizzato dall’Osservatorio dell’agenzia delle Entrate in collaborazione con l’Abi e presentato ieri a Roma.
C’è un dato però che sembra aprire qualche spiraglio sul futuro: l’indice di accessibilità elaborato dall’Abi nell’ultimo semestre inverte il processo di peggioramento dell’ultimo anno e mezzo; più di una famiglia su due dispone di un reddito sufficiente ad accedere a un mutuo e acquistare quindi una casa. Una quota lontana dal 60% circa del 2004-2006, ma superiore al 46% del 2008. «L’andamento del 2012 è la risultante – si legge nel Rapporto – di una sostanziale stabilità del costo del credito a cui si contrappone per la prima volta, un deciso miglioramento del prezzo relativo delle case rispetto al reddito disponibile, anche se tale miglioramento avviene in discesa per tutti e due gli indicatori».
Un "potrei ma non voglio" delle famiglie italiane, quindi? «L’immobiliare è un investimento a lungo termine – commenta Gianfranco Torriero, direttore centrale Abi – che in questo momento soffre al pari di strumenti simili. Le famiglie in un momento di incertezza preferiscono non impegnarsi e conservare eventuali risparmi per possibili emergenze; è per questo che in banca funziona la raccolta a breve».
«L’incidenza delle compravendite sostenute da mutui – osserva tuttavia Luca Dondi, responsabile real estate di Nomisma – è scesa al 37%. È difficile attribuire la riduzione delle erogazioni in misura prevalente alla contrazione della domanda, come si può evincere dall’interesse all’acquisto espresse alla fine del 2012 da quasi un milione di famiglie. Al di là di un miglioramento teorico delle condizioni di accessibilità, a pesare sono le pretese di solidità patrimoniale e di capacità reddituale richiesti allo sportello, che gli indicatori tendono a trascurare».
Stretta al credito o no, la domanda delle famiglie dovrebbe essere risvegliata con azioni mirate, come quelle promosse dall’Abi insieme all’Ance in un documento presentato l’8 maggio: dall’emissione di obbligazioni bancarie garantite a correzioni all’Imu che favoriscano le locazioni, passando per l’agevolazione di piani di risparmio dedicati all’acquisto dell’abitazione principale.