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 2013  maggio 15 Mercoledì calendario

AI COSTI ATTUALI DI EMISSIONE RISPARMI DA 4-6 MILIARDI


Nel giorno in cui la Banca d’Italia comunica il nuovo record sul debito pubblico, che in marzo ha raggiunto la dimensione senza precedenti dei 2.034 miliardi, il calo sempre più marcato della spesa degli interessi sul debito giunge come una consolazione, per quanto magra. Il costo medio all’emissione (la media dei tassi di aggiudicazione in asta) da inizio anno ad oggi è sceso al 2,10%, uno dei valori più bassi dell’ultimo decennio: marcatamente più contenuto del 3,11% del 2012 e del 3,61% del 2011 (per la precisione, l’1% e l’1,5% in meno) e dei rendimenti ben oltre il 4% del 2007 e del 2008.
La Banca d’Italia, nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria, rileva come il rendimento medio all’emissione attorno al 2% sia «un valore prossimo ai minimi storici dell’ultimo decennio», anche se il rendimento medio calcolato sull’intera consistenza dei titoli domestici resta attorno al 4 per cento.
Se per tutto il 2013 il costo medio all’emissione dovesse confermarsi al 2,1% - e quindi tassi di assegnazione invariati fino alla fine dell’anno - quale sarebbe il risparmio? Un calcolo approssimativo si può fare rispetto allo stesso valore, il tasso medio in asta dei due anni precedenti. Quest’anno sono attese emissioni lorde attorno ai 450 miliardi: nel 2012 e nel 2011 le aste totali (senza tener conto dei rimborsi e del roll over dei BoT) sono state rispettivamente pari a 470 e 420 miliardi. Il risparmio per le casse dello Stato, nell’arco di un anno e tenuto conto di questi valori, si aggirerebbe quest’anno attorno ai 4,5 miliardi rispetto al 2012 e a 6 miliardi circa rispetto al 2011.
Questo calcolo tuttavia non tiene conto di altri fattori fondamentali e decisivi, di natura non puramente tecnica. Innanzitutto, la flessione sul costo del debito registrata nel primo trimestre dell’anno è stata - in buona parte - già contabilizzata nelle nuove previsioni dell’ultimo Def (Documento di economia e finanza) dello scorso aprile rispetto alle stime del Def risalente al settembre 2012. La spesa per interessi sul debito pubblico nel 2013 in effetti risulta in calo di oltre 6 miliardi (da 89,243 miliardi a 83,892 miliardi) e così anche quella del 2014 (da 96,971 a 90,377 miliardi). Il risparmio proveniente dal basso costo medio all’emissione non è un "tesoretto".
Altri elementi di valutazione concorrono a ridimensionare le aspettative su un eventuale risparmio "extra" generato dalla spesa per interessi sul debito quest’anno: l’andamento del fabbisogno, delle entrate, della decrescita economia e non da ultimo l’aumento stesso dello stock del debito. Il provvedimento sul pagamento dei debiti pregressi della Pa alle imprese, che sosterrà il Pil e salverà molte Pmi a rischio di fallimento, comunque avrà una ricaduta sui titoli di Stato perchè aumenterà le emissioni lorde previste per quest’anno (e fors’anche il prossimo) e lo stock del debito pubblico, con un conseguente aumento della spesa per interessi.
È d’obbligo infine tener conto della vita media del debito pubblico, che orbita attorno ai 6,5 anni e che potrebbe aumentare quest’anno solo in presenza di aste più leggere di BoT e più collocamenti di BTp a 15 e 30 anni (si veda articolo a pag.14). La durata media dei nuovi prestiti nel 2012 è scesa e di conseguenza la vita media residua del debito pubblico alla fine dello scorso anno è diminuita a 6,6 anni.
Se per ipotesi il costo medio all’emissione dovesse essere confermato al 2,1% nel 2013 e dovesse protrarsi nel tempo, per i prossimi 6 anni, la spesa per gli interessi sul debito non si dimezzerebbe dall’attuale 4% al 2% ma potrebbe orbitare attorno al 3 per cento. I calcoli sono molto complessi. Per semplificare, si può dire che la spesa degli interessi sul debito si ridurrebbe al 3%, dovendo fare una media tra i nuovi titoli emessi nei prossimi sei anni – che per ipotesi costeranno al Tesoro un tasso medio del 2% - e quelli già in essere oggi e che saranno rinnovati dopo il sesto anno – e che costano ora in media circa il 4 per cento. Poiché le due componenti pesano in parti uguali, bene che vada si arriva al 3 per cento.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
@isa_bufacchi