Vittorio Zucconi, D la Repubblica 4/5/2013, 4 maggio 2013
DALLA CINA A BOSTON APPUNTAMENTO CON IL DESTINO
Lu Lingzi era una ragazza molto fortunata. Quando i suoi nonni avevano lasciato le campagne crudeli della Manciuria per cercare fortuna nella città di Shenyang negli anni 30, erano riusciti a trovare lavoro in una delle mostruose acciaierie create dagli occupanti giapponesi per il proprio esercito e sopravvivere alle periodiche carestie. Lavoro da schiavi, ma abbastanza per creare una famiglia e per riempire le ciotole dei figli. Quando Lu nacque, nel 1990, tutte le industrie pesanti di quella enorme città fabbrica di quattro milioni di abitanti stavano chiudendo, gli altoforni non più alimentati dalle palate di soldi pubblici, ma i suoi erano riusciti a scampare al massacro sociale, trovando un angoletto nelle prime aziende straniere.
Era una bambina intelligente e puntigliosa. Il maestro della scuola naturalmente di Stato e poi i professori nelle superiori la segnalarono – in Cina tutto si segnala – alle autorità. Era soprattutto bravissima in matematica, la disciplina più apprezzata oggi, per formare quelle legioni di ingegneri, ricercatori, scienziati necessari per alimentare la crescita. Prima della classe, al momento del diploma, ricevette l’invito a iscriversi nel Politecnico di Bejing, la capitale. Naturalmente accettò. Nel 2008 lasciò per la prima volta nella sua vita Shenyang per salire sul treno che l’avrebbe portata nella nuova città, 640 chilometri.
Si laureò in Statistica ottava nella sua classe di nove mila studenti e il rettorato la mandò a chiamare con una proposta che la sconvolse. Nell’ultimo anno di università Lu aveva lavorato come stagista non pagata negli uffici pechinesi della Deloitte Touche, una delle massime multinazionali americane della contabilità e imparato l’inglese. Ora lo Stato le offriva una borsa di studio completa, dal biglietto aereo, al soggiorno, a un piccolo stipendio più naturalmente la retta per continuare gli studi in America, alla Boston University. Centomila dollari e due anni per un Master in scienze attuariali, quella specialità della statistica che studia le probabilità. È usata da compagnie di assicurazione, grandi finanziarie e governi per stabilire i premi, i rischi, l’equilibrio dei bilanci previdenziali e pensionistici.
Lu ripassò da Shenyang per salutare i genitori, stravolti dall’orgoglio e dal pensiero che per due anni non avrebbe più rivisto la loro bambina e poi decollò per coprire gli 11 mila chilometri di distanza per Boston.
La mattina di lunedì 15 aprile 2013, Lu era felice. Ancora un mese, per gli ultimi adempimenti e sarebbe tornata a casa. Due giorni prima, venerdì, la sua dissertazione era stata approvata e accettata dalla facoltà. Con il massimo della valutazione.
Con la sua faccetta sorridente aveva infestato i social network ostentando la ciotolina blu che si era portata da casa, colma di un porridge di riso e di frutta fresca che aveva consumato come breakfast. «La mia colazione preferita!» aveva cinguettato e poi era corsa per andare a prendere posto negli ultimi metri della Maratona di Boston. Due amiche – ci sono 200 mila studenti cinesi negli Usa e 15 mila soltanto nel Massachusetts – partecipavano. Si concesse un’altra delle sue passioni, un gelato di cioccolata da Ben & Jerry, una catena, e ancora con il suo gelato in mano si infilò, piccola com’era, tra i più grossi fino alla prima fila.
Alle 15 e 45 la prima bomba esplose alle sue spalle. Raggiunta da uno sciame di chiodoni e di sferette di acciaio sparate a velocità superiore a quella del suono, Lu morì istantaneamente e, almeno così hanno detto i patologi all’Ospedale Brigham Young di Boston, senza neppure rendersi conto.
Lu Lingzi, la ragazza fortunata venuta al mondo in un quartiere operaio in Manciuria e arrivata a un Master in scienze attuariali aveva vissuto 23 anni e percorso dodici mila chilometri per trovarsi esattamente, non un secondo prima, non uno dopo, all’appuntamento con una bomba.
Non sarebbe riuscita neppure lei a calcolare, pur bravissima come era, quali astronomiche probabilità ci fossero che una bambina circumnavigasse il mondo per morire dilaniata da una bomba alla Maratona di Boston, con un gelato di cioccolata e stracciatella in mano.