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 2013  maggio 16 Giovedì calendario

BANDIERA CINESE SUL POLO NORD. PECHINO NEL CONSIGLIO DELL’ARTICO —

Per gli esperti di geopolitica è il Nuovo Grande Gioco tra le potenze. Si tratta della corsa verso l’Artico e lo sfruttamento delle sue enormi risorse energetiche, ora che lo scioglimento progressivo dei ghiacci potrebbe rendere l’operazione fattibile da un punto di vista tecnico e sostenibile da quello economico. Si calcola che nella regione più settentrionale del globo ci sia petrolio per 90 miliardi di barili e gas per 600 mila miliardi di metri cubici, vale a dire il 22 per cento delle risorse di combustibile fossile non ancora sfruttate.
Questo patrimonio (e il delicato ecosistema che lo racchiude) è presidiato dal Consiglio Artico, un’organizzazione fondata da otto Paesi: Stati Uniti, Russia, Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia. Ma altre nazioni vogliono partecipare. La riunione biennale del club, che si teneva in Svezia, quest’anno è stata dominata dalla richiesta di ingresso di altri 14 Paesi: i giganti Cina, India e Giappone, ma anche Italia e Corea del Sud. Il risultato non era per niente scontato, viste le molte resistenze di membri di peso come la Russia e il Canada. Un negoziato delicato, come prova il fatto che in Svezia è arrivato il segretario di Stato americano John Kerry. Pechino aveva preparato la sua richiesta con frasi poco diplomatiche: «La Cina ha il diritto di impegnarsi nelle ricerche scientifiche nell’Artico e di navigare in quell’area...».
Dopo un dibattito «vivace», il Consiglio Artico ha aperto le porte a sei nuovi membri con lo status di osservatore: Cina, India, Giappone, Italia, Corea del Sud e Singapore. Il successo italiano, di fronte all’avanzata dei candidati asiatici, è tanto più significativo se si considera che è stata congelata la richiesta dell’Unione Europea, fermata dal Canada che ha un contenzioso con Bruxelles per le restrizioni nel commercio di pelli e grasso di foca. Francia e Gran Bretagna avevano già il rango di osservatori.
Lo status di osservatori permette di assistere ma non di prendere la parola nelle riunioni ministeriali che si svolgono ogni due anni, ma consente di essere attivi nei gruppi di lavoro che sono convocati con maggiore frequenza. Costituito con la Dichiarazione di Ottawa del 1996, il Consiglio Artico promette di sovrintendere allo sviluppo sostenibile delle regioni polari settentrionali, e dei popoli che le abitano, dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Non mancano i dubbi e le polemiche: attivisti di Greenpeace ieri hanno manifestato di fronte alla sede della riunione con striscioni che ingiungevano «Niente petrolio dall’Artico».
Ma non sono solo le ricchezze energetiche che spingono le potenze a partecipare al Grande Gioco in quest’area di 13 milioni di miglia quadrate di oceano. La rotta artica tra l’Atlantico e il Pacifico permette al traffico commerciale di accorciare i tempi di navigazione dall’Europa all’Asia, evitando il percorso tradizionale attraverso l’Oceano Indiano, il Canale di Suez e il Mediterraneo. La distanza tra i porti di Shanghai e Amburgo si riduce di 2.800 miglia nautiche (5.185 km) tagliando attraverso l’Artico. Le nuove condizioni dovute allo scioglimento dei ghiacci permettono ora questo passaggio a Nord: nel 2010 solo quattro mercantili con un carico complessivo di 110 mila tonnellate riuscirono a sfruttare la «finestra estiva» di un paio di mesi, ma l’anno scorso l’impresa è riuscita a 46 navi, che hanno trasportato 1,26 milioni di tonnellate di prodotti. Tra quei cargo c’era il rompighiaccio cinese «Xuelong», il «Dragone di neve».
Guido Santevecchi