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 2013  maggio 16 Giovedì calendario

ADDIO A SPALLONE, MEDICO E CONFIDENTE DI TOGLIATTI

A 95 anni se n’è andato Mario Spallone e insieme con lui, come si dice in questi casi, viene meno l’epigono, o forse meglio il più rinomato e controverso rappresentante di un comunismo patriarcale, per non dire tribale, comunque ricco di relazioni illustri e di cliniche private, molto passionale, a suo tempo strenuamente filosovietico e per dirla tutta anche un po’ selvatico.
C’è da dire che gli ultimi vent’anni e la modernità dei tempi, se così si può dire, avevano fatto di Spallone un pittoresco sopravvissuto. Come sindaco di Avezzano si era segnalato per alcune singolari iniziative, tipo mettere
la musica nei cimiteri (qualcuno notò che la «Cucaracha» non era troppo consona) oppure suggerire una visita psichica per amministratori e magistrati; come pure fece discutere che il vecchio Spallone girasse armato, anche in consiglio comunale, suscitando vivi timori nelle opposizioni.
Ma il guaio vero per lui e l’intero clan fu la terribile vicenda giudiziaria — aborti clandestini, con particolari da Grand-Guignol — che nel 2006 portò alla condanna di alcuni suoi stretti famigliari. Dopo di che, ultranovantenne indomito, volle presentarsi di nuovo alle elezioni nel capoluogo della Marsica, ma beccò pochissimi voti (1,41 per cento).
Così la storia del personaggio resta legata — come pure si può leggere in ben tre interessanti, ma abbastanza arronzate autobiografie — al ruolo non solo di medico personale, ma anche di protettore (lo aiutò ai tempi del rapporto clandestino con la Iotti), confidente (anche negli incontri privati con Stalin) e inviato in partibus infidelium, cioè presso gli avversari, che Spallone svolse al fianco di Palmiro Togliatti.
Lo conobbe che era un giovane dottore comunista, ma già recava in dote un certo passato: i «cafoni» poverissimi del Fucino vessati dai Torlonia, come si legge in Fontamara di Silone, la cospirazione antifascista, la galera, le botte, la Resistenza a Roma.
Spallone seppe farsi volere bene dal Migliore, pure suscitando qualche diffidenza nel Pci.
E tuttavia ciò che oggi più affascina e sorprende, oltre all’antica fedeltà all’ideale o all’impegno di mantenere efficiente il corpo di un uomo che nel Pci di allora incarnava nientemeno che la Razionalità della Storia, è quel suo naturale disporsi al centro di rapporti a 360 gradi: Nenni, Leone e il capo del Sid Allavena, sul piano dell’archeologia; in tempi più recenti Gianni Letta, Napolitano, il capo del Sismi Pollari e Flavio Carboni; per non dire Padre Pio, che gli morì tra le braccia, e di cui il Patriarca rosso si sentì fino all’ultimo «figlio spirituale».