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 2013  aprile 23 Martedì calendario

LA STORIA DI MEDUSA FRA AMORI E TRADIMENTI

Nell’alba afosa di un giorno di fine estate del 1638 mezza Roma si riversò per le vie attratta da uno strano spettacolo: il magnifico scultore Gian Lorenzo Bernini inseguiva il fratello più giovane, Luigi, agitando una sbarra di ferro e gridando che voleva ammazzarlo. Luigi correva come un pazzo. Da vicolo Scanderbeg, dove entrambi abitavano in casa dei genitori, attraversarono la città come due saette, correndo per strade e vicoli. Gian Lorenzo vestito di tutto punto in abito da viaggio, Luigi mezzo spogliato. Quasi volando passarono il Tevere diretti a San Pietro. Qui, Gian Lorenzo raggiunse il fratello e «con un pal di ferro malamente gli dette, arrivando a romper due coste, e forse l’avrebbe ammazzato se non gli era levato di sotto». Che cosa era successo? In poche ore tutta la città fu informata degli avvenimenti. E lo scandalo fu grande.La storia viene riportata ora alla luce da una mostra alla Pinacoteca civica di Ancona, dove viene presentata fino al 28 aprile la Medusa dei Musei Capitolini (dal 29 potrà essere ammirata di nuovo a Roma). Giovanni Villa, che insieme a Costanza Costanzi ha curato l’esposizione, avanza l’ipotesi che nella testa di Medusa sia ritratta Costanza Bonarelli, la stessa donna del famoso busto conservato al museo del Bargello di Firenze. Una scultura venerata dai cultori del barocco. La Bonarelli fu anche la causa della lite tra i due fratelli. E l’artista l’avrebbe rappresentata come Medusa per vendicarsi del suo tradimento. Per sostenere la sua versione, Villa si appoggia alle ricerche svolte recentemente da una studiosa americana, Sarah McPhee, negli archivi di Roma e Firenze e pubblicate in inglese nel volume «Bernini’s Beloved».Tra le novità indicate da McPhee c’è anche quella del sito in cui si trovava il palazzetto della famiglia Bernini: in vicolo Scanderbeg, sotto il Quirinale, e non in Borgo, accanto alla chiesa di Santa Marta, come finora avevano supposto i biografi più accreditati dell’artista, a cominciare da Maurizio Fagiolo dell’Arco.La storia dell’inseguimento era nota. Nasceva dalla relazione amorosa di Gian Lorenzo, che all’epoca stava per compiere quarant’anni, con Costanza Piccolomini, moglie dello scultore lucchese Matteo Bonucelli, detto anche Bonarelli, collaboratore di Bernini in San Pietro e spesso inviato in un cantiere berniniano a Bologna. Costanza abitava con il marito proprio di fronte alla casa dello scultore e gestiva con successo una bottega d’arte. Gian Lorenzo ne era innamoratissimo e l’aveva scolpita come se fosse appena uscita dal letto, con la camicia da notte sgualcita che lascia intravedere il seno, i riccioli raccolti in fretta sulla nuca, le labbra carnose, il bell’ovale del volto. A un certo punto però si accorse che la signora concedeva i suoi favori anche al fratello Luigi. Organizzò quindi una trappola per sorprendere i due amanti. Disse che sarebbe andato in villa, si fece venire a prendere da servo e carrozza, e poi tornò quatto quatto in vicolo Scanderbeg a spiare dalla finestra il portoncino di fronte. Che all’alba fu aperto da una Costanza scarmigliata. E ne uscì Luigi.La furia di Gian Lorenzo fu travolgente. Dopo aver tentato di ammazzare il fratello, ordinò a un servo di portare alla fedifraga due fiaschi di vino e quando lei li avesse presi, e avesse avuto le mani occupate, avrebbe dovuto sfregiarla con una rasoiata. Ma neppure questo servì a placarlo. Qualche mese più tardi la madre Angelica mandava al cardinale Francesco Barberini una supplica in cui informava che «il Cavaliero suo figlio, non avendo nessun rispetto né alla Giustizia, né all’Authorità di V. E., hieri venne armato mano, con altri uomini seco, per uccidere il suo fratello Luigi, e doppo di essere entrato in casa sforzando le porte, e poco curando le sue lagrime, che con poco decoro di madre li versava a i piedi, e doppo haver cercato per tutto, entrò senza nessun rispetto in S. Maria Maggiore con la spada in mano», come riferisce un documento conservato presso l’archivio Barberini. Fu il papa in persona a mandare un suo cameriere con l’assoluzione del delitto scritta in pergamena: perché era «Huomo raro, Ingegno sublime, e nato per Disposizione Divina, e per gloria di Roma a portar luce a quel Secolo». Luigi fu mandato in esilio. A Gian Lorenzo fu imposto il matrimonio. Il 15 maggio 1639 sposò Caterina Tezio, in fama d’essere la più bella di Roma. Caterina sfrattò di casa il busto di Costanza, che fu venduto a un Medici, e tagliò in due il doppio ritratto dipinto da Gian Lorenzo con il proprio volto accanto a quello di Costanza. Il primo è conservato al Museo Borghese, il secondo è andato perduto.
Lauretta Colonnelli