Valerio Cappelli, Corriere della Sera 15/5/2013, 15 maggio 2013
DAL NOSTRO INVIATO
CANNES — I tavolini dei caffé sono vuoti, via Veneto di notte è deserta, giusto qualche turista giapponese ubriaco e prostitute in disarmo. È la nuova Dolce vita romana così come appare dai trailer di La grande bellezza di Paolo Sorrentino, il film italiano in gara a Cannes. Fellini? C’entra perché Sorrentino lo ha bevuto come il latte e il suo sguardo su Roma, dove vi si può leggere il declino di un’intera nazione, è filtrato dall’«altrove» della provincia, anche se la sua Napoli non è Rimini. E poi il protagonista Toni Servillo è un giornalista finito nel vortice di una mondanità che frulla cardinali vanitosi e nobili decaduti, politici e intellettuali veri o presunti. È la scomposizione picassiana della società, come disse Fellini a Flaiano. Occhi pieni di gin tonic che hanno visto tutto, come Roma. Un’umanità vacua, disfatta, potente, deprimente.
La Dolce vita oggi è più feroce. «Più volgare, è peggiorata com’è peggiorato tutto», dice Sandra Carraro, nel cui salotto transita il bel mondo romano. Oggi è Marisela Federici a essere indicata come la regina dei salotti, anche se lei risponde ironica che suo marito «non si occupa di mobili». Sorrentino si è rivolto a lei, che gli ha presentato gli amici della notte un po’ sopra le righe. Voleva girare una scena nella sua villa sull’Appia antica ma la sovrintendenza ha detto no. «E allora sono andati dove abitava Claudio Martelli», dice la venezuelana Marisela che ha fatto un cameo ma è stata tagliata: una festa di matrimonio con una mongolfiera da cui scende la sposa (in un primo tempo era un elicottero). Ma lei è felice lo stesso e placa la curiosità di quelli che chiama «i miei devoti», ansiosi di notizie sulla sforbiciata. «Sorrentino è così timido, non sapeva se darmi del tu o del lei. Ma dammi un beso, gli ho detto».
C’era una volta Maria Angiolillo. «Donna furba — dice Marisela —. Le volevo bene, ma non ci si divertiva alle sue cene, si facevano affari enormi. Io invito per simpatia. Ho chiamato la festa per il mio compleanno Veneralia, in omaggio alla festività romana dove le donne si recavano al tempio di Venere. Ma lei pensa che qualche dama della buona società conosca il latino? Si sono presentate tutte col marito». Alle feste sulle case con vista sul Colosseo, il sottobosco equivoco di Sorrentino fa trenini che non vanno da nessuna parte e finiscono sul binario morto della terrazza. Un suo film Ettore Scola l’ha chiamato così, ma non ha più voglia di parlare delle chiacchiere stanche e del tintinnare di bicchieri del suo cast straordinario, Gassman e Mastroianni, Tognazzi e la Sandrelli, Trintignant e Satta Flores... «Con la terrazza ho solo un rapporto fisico e architettonico».
Ecco Marta Marzotto: «Il mio motto è: vado vengo e non mi trattengo. A 82 anni preferisco occuparmi di restauro o di San Patrignano. Le feste più esclusive? La Fondazione Memmo a Palazzo Ruspoli, quelle nella villa a Morlupo di Marisa Stirpe, artista nel ricevere, dove trovi donna Assunta Almirante e Fausto Bertinotti. Oppure si va da Stefanina Aldobrandini nel giardino botanico in campagna dove gli ospiti sono riuniti in stanze, ognuna con una sua botanica».
«Oggi comunque le case sono chiuse, il salotto è obsoleto, non funziona più — spiega Tiziana Rocca, manager di eventi —. Si va sul sociale, le serate di beneficenza o le prime all’opera. I politici, con l’eccezione di Gianni Letta che è bipartisan per il suo modo di essere, sono in disgrazia e nessuno li invita». Però Fausto e Lella Bertinotti sono gettonatissimi. Come Mario D’Urso, «specializzato» in ricevimenti alle ambasciate, o il principe Giovannelli, tanto che si dice «no principe no party».
Bertinotti è stato testimone alle nozze di Valeria Marini, criticate anche per essere state trasmesse dalla Rai, altro che servizio pubblico. Così donna Lella arrotola la sua coda di paglia: «Siamo dipinti in un’immagine che non ci appartiene. Abbiamo passato più tempo a distribuire volantini davanti alle fabbriche, sono stata per 30 anni moglie di un sindacalista con lo stipendio da metalmeccanico. Certo, la sera andiamo a teatro e alle mostre, vediamo qualche amico. Se questa è Dolce vita non lo so».
Marina Cicogna è il simbolo di un’eleganza che, nella contraffazione estetica della chirurgia presa di mira da Sorrentino, non sai più dove cercare: «Sere fa si festeggiava una neoministra e l’unica voglia che avevo era di girare i tacchi e scappare, fai fatica a trovare persone con cui hai voglia di sederti a conversare. La volgarità mediatica, quel fritto misto di fotografi e attricette, è cominciata allo spogliarello di Aiché Nanà, dove per mia fortuna non andai per caso. Gianni Agnelli diceva: "Noi facevamo di tutto per non farci vedere, oggi si esce per farsi vedere". È venuta meno l’eleganza morale e fisica. I posti sono ancora belli: la gente non lo è più. La grande bellezza non esiste».
Valerio Cappelli