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 2013  maggio 14 Martedì calendario

DIARIA, SCOPPIA L’IRA DEI 5 STELLE "GRILLO NON PUO’ DIRCI COSA FARE"

«Noi pezzi merda? Se usassi lo stesso criterio di comunicazione direi che il pezzo di merda è Grillo». Boom. Quando succede che un deputato mite come il tarantino Alessandro Furnari attacca il proprio leader, il Guru a 5 Stelle il carismatico papa ligure? Quando succede che ne ribalta il linguaggio e glielo ritira addosso? «Quando lui dimostra di disprezzarci. Di non conoscerci. Quando dimentica che abbiamo passato anni della nostra vita nelle strade per difendere il Movimento. Erano i giorni in cui nessuno pensava di arrivare in Parlamento. Avevamo sposato una causa. La stessa in cui crediamo oggi. E invece lui ci chiama pezzenti. Vuole far passare l’idea che il problema siano i soldi. Invece è la dignità delle persone. Ci tratta come bambini,». Te ne andrai? «Chissà, Bastano venti per fare un altro gruppo». Ci sono ? Dipende dal coraggio.

Transatlantico di Montecitorio, alla riunione sulla diaria mancano tre ore. La deputata Vincenza Labriola ha gli occhi che le si fanno di cristallo. Le trema il labbro superiore. La scorsa settimana, quando Grillo ha accusato i suoi fedeli di volere fare la cresta, di non rispettare i patti , è scoppiata a piangere. Ha lasciato la sala per non farsi vedere. «Non è sui soldi che abbiamo vinto queste elezioni. Io ho dei figli. Li devo portare qui con me a Roma. Devo pagare una baby sitter. Mi fa male sentirmi dire che voglio fare la furba». Quando investi in maniera soffocante in una sorta di dignità presunta, quando ci metti la faccia inseguendo una complicata idea di purezza, non ce la fai a sopportare la gogna. È disorientata. Non immaginava che sarebbero stati i suoi a infilarla nel tritacarne. Furnari, un ex ultra-ortodosso, le accarezza il braccio. Abbassa la voce. «Forse qualcuno vuole che ce ne andiamo. Siamo scomodi. Ma non si cambiano le norme in corsa. Il regolamento è chiaro, visibile per chiunque lo voglia leggere. Non c’è scritto da nessuna parte che l’eccedenza della diaria va restituita. Rinunciamo a metà dell’indennità, al trattamento di fine rapporto, e, come Movimento, ai soldi del finanziamento pubblico. Eppure Crimi anticipa in tv, prima che noi votiamo, che tutti restituiranno l’eccedenza. Ma con quale legittimità? Ci espelleranno? Troveremo una soluzione. Di certo sono tanti quelli tra di noi che non si ricandideranno più». Fine di un amore. Si sente abbandonato. Forse lo è. Di sicuro Grillo e i suoi talebani sembrano vivere su un’altra galassia. Migliore o peggiore non importa. Di sicuro diversa. Pochi minuti dopo lo sfogo di Furnari, molti chilometri più in là, ad Avellino, Beppe Grillo rilancia il suo anatema. «Chi non lascia la diaria si esclude dal Movimento». Via i ribelli. Non ha bisogno di nessun voto assembleare, lui. È così e basta. Nel cuore della natura di un artista c’è sempre il capriccio. E poi si sente l’unico interprete della sensibilità del Movimento. «Dobbiamo soffrire un po’», ha detto ai suoi nell’ultimo faccia a faccia. E quelli, non tutti - circa la metà - confrontando le dichiarazioni dei redditi, ci sono rimasti male. Il deputato Adriano Zaccagnini, eretico, ha persino chiarito che non è Grillo a dettare la linea. Che conta solo la rete. L’hanno crocifisso. Accusandolo di volersi intascare l’intero malloppo da parlamentare. Ora rischia l’espulsione anche lui.

Alle 18, quando parte l’assemblea, dopo una introduzione fiume di un commercialista che fiaccherebbe un toro, comincia un confronto spigoloso fatto di curiosità, fissazioni, infantilismi, leggerezza, perplessità, avidità, rigore. Al punto vero - la black list che sarà sostituita da una white list, una pagella per buoni e non per cattivi, l’allontanamento per chi non rende i soldi - non si arriva mai. Ma è probabile che le cose inevase siano quelle che non si sanno fare. Troppo caos. Troppe diversità. Il tentativo di fiaccare la resistenza dei riottosi trascinando il dibattito. Alle dieci e mezza di sera molti cominciano a lasciare la sala. Restano in 70. Il confronto si perde in un’altra notte interlocutoria, che non rompe e che non aggiusta, lasciando metà Movimento alle prese con il terrore della dissacrazione e la paura della vergogna.