Pa. Col., La Stampa 14/5/2013, 14 maggio 2013
LA PIGNOLERIA DELLA BOCCASSINI PER INCASTRARE IL CAVALIERE
È un vestito a maglie molto strette quello che Ilda Boccassini cuce addosso alla difesa di Silvio Berlusconi prima di chiederne la condanna a 6 anni di reclusione, dettagliando fino alla pignoleria ogni passaggio, ogni intercettazione, ogni incongruenza e falsità di una vicenda che tocca le corde della politica e quelle del (mal)costume, della mancanza di valori e della bramosia di denaro. Archivia definitivamente quella «Milano da bere» sopravvissuta nelle «cene eleganti» di Arcore e negli strusci «scoopati» dai paparazzi di Fabrizio Corona in corso Como, tra modelle tristi ed escort di lusso: «Le ragazze che dicono di essere state rovinate in questo processo, tutte a libro paga dell’imputato». Cita pochissimo il nome di Silvio Berlusconi, preferisce chiamarlo, appunto «l’imputato». Ricorda, dicendosi di essersi sentita «smarrita», l’invasione di Palazzo di giustizia «da parte di persone che appartengono alle istituzioni e che volevano entrare in quest’aula chiusa». Affonda il coltello nelle intercettazioni, nei rilievi topografici forniti dalle ubicazioni delle celle telefoniche, nella «costrizione psicologica delle testimoni convocate ad Arcore per le indagini difensive», nella «stangata» organizzata tra Emilio Fede e Lele Mora per scucire al Cavaliere più soldi possibile.
Ricorda i pagamenti del contabile Spinelli e l’enorme somma uscita dai conti dell’imputato per «il suo piacere»: 7 milioni e 900 mila euro nel 2009, 12 milioni nel 2010, di cui «5 milioni a Ruby, come risulta dagli appunti trovati dopo una perquisizione in casa sua e dalle telefonate». Soldi che corrispondono quasi alla virgola a quelli usciti dai conti di Berlusconi tra l’ottobre e il dicembre del 2010, nel periodo cioè in cui esplose l’inchiesta. Documenti, testimonianze, prove, per raccontare la storia di Karima El Mahroug, la Ruby Rubacuori che su Facebook mostrava le foto della sua principale attività: «Quella di prostituta». E commette anche una mezza «gaffe» quando la descrive come «persona intelligente, furba, di quella furbizia orientale delle sue origini. Karima - dice - riesce a sfruttare il suo essere extracomunitaria musulmana, scappata da un padre padrone». Apriti cielo: razzista, ignorante, sessista. Monta la polemica fuori dall’aula, tanto che persino il procuratore Bruti Liberati è costretto a intervenire con un comunicato che parla di «polemiche pretestuose e attacchi delegittimanti», sottolineando come «il luogo del processo, come vuole il codice e la democrazia, è l’aula di giustizia». Dove le carte dell’accusa raccontano la storia di una prostituta minorenne, che si vergogna delle sue origini e, scappata dalle comunità in Sicilia e Calabria, tenta la scalata del successo a Milano, arrivando alla reggia del Cavaliere e inserendosi perfettamente «in quel sistema prostitutivo» che gira intorno ad Arcore. Il doppio scacco che il procuratore antimafia (una competenza al processo regalatale proprio dalle leggi di Berlusconi) cerca di giocare al Cavaliere, si muove su quel binario impostato fin dall’inizio dell’inchiesta che corre parallelo tra il reato presupposto della prostituzione minorile di Ruby e quello indotto della «concussione per induzione», compiuto da Berlusconi quando la sera del 27 maggio 2010 si affanna a telefonare da Parigi alla Questura di Milano per chiedere che la sua protetta venga rilasciata subito e affidata non a una comunità, come disposto chiaramente dal pm minorile di turno in quel momento, Annamaria Fiorillo, ma a Nicole Minetti che a sua volta, grazie agli ordini disattesi dalla funzionaria Giorgia Iafrate («ha raccontato falsità») la consegnerà alla prostituta brasiliana Michelle de Coinceicao. «Affidata», sottolinea Boccassini, perché tutti sapevano che era una minore. E che la storia della «nipote di Mubarak» era una «balla colossale», come efficacemente spiegherà il questore di allora, Vincenzo Indolfi. Questo è il vero pericolo per Berlusconi che, secondo l’accusa, agisce proprio per evitare che la sua storia con Ruby, dopo i mezzi scandali di Noemi a Napoli e la D’Addario a Bari, emerga ed esploda come poi, puntualmente, avverrà. Ora la parola passerà alle difese per il 3 e il 24 giugno. Poi, la sentenza.