Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 13 Lunedì calendario

COLOMBO: IO A 26 ANNI NELLA COSTITUENTE

«Io non ho mai cercato di far politica, anzi, la verità è che ho cercato in ogni modo di sfuggire alla politica. Ma me la sono trovata sempre davanti». È quasi un ossimoro associare questa dichiarazione al suo autore. Perché Emilio Colombo, ultimo padre costituente vivente e, dall’altezza dei suoi 93 anni, più anziano senatore a vita in carica, si è sempre occupato della cosa pubblica. Fin da quando era studente, poi più volte da ministro (praticamente tutti i dicasteri economici, oltre agli Esteri) e da presidente del Consiglio e da presidente del Parlamento europeo. E adesso, per la prima volta, Colombo racconta tutte le tappe della sua lunga carriera politica nella Democrazia cristiana intrecciandole a ricordi personali inediti. Lo fa in un libro intervista con Arrigo Levi, classe 1926 e altro pilastro ? sul versante giornalistico ? del Paese: Per l’Italia per l’Europa (ed. il Mulino), che sarà presentato venerdì al Salone del libro di Torino. In quelle pagine si sgrana non soltanto la nostra storia degli ultimi cento anni, ma anche il sapore, il come eravamo pressoché fotografico della realtà italiana. La vita dei braccianti agricoli della sua Potenza, per esempio: ragazzino, la sera i genitori lo mandavano da loro a comprare il latte, e li trovava a tavola davanti a un solo piatto di insalata «nel quale tutti attingevano con grandi fette di pane, quello fatto in casa che si conserva per 15 giorni».Famiglia cattolica, quella di Colombo, sette figli, «prima di cena eravamo chiamati da mia madre per recitare insieme il rosario, e quando mi ci trovavo lo facevo anch’io, ma non era obbligatorio». Ripercorre la sua esperienza nella Gioventù italiana di Azione cattolica, i rapporti con il fascismo («ero profondamente ostile alle manifestazioni obbligatorie»), la vicinanza di monsignor Augusto Bertazzoni: mantovano, di vedute ampie, fu vescovo di Potenza per trent’anni; molti potentini ancora lo ricordano quando, ormai vecchio, si faceva portare a Mantova dal segretario don Armando su una Fiat 850 modificata Abarth, una freccia color oro lanciata a tutta velocità sulle statali. Poi gli studi di Giurisprudenza a Roma, la chiamata alle armi, e la fortuna che lo accompagna quando, dopo il tutti a casa dell’8 settembre, a Genova salta su un treno insieme con il suo carissimo amico Peppino Manno: siedono in due scompartimenti diversi; salgono i tedeschi, riconoscono come ufficiale l’amico che poi diventerà suo cognato ? «fu deportato in Germania, rimase in campo di prigionia fino alla fine della guerra» ? e scendono dal vagone senza arrivare al suo posto.Quando Colombo viene chiamato a far parte della Commissione dei Settantacinque per redigere la Costituzione, ha 26 anni ed è il più giovane. Però la sua adesione alla Dc era già rodata, anche se «a De Gasperi ho sempre dato del lei. Anche a Togliatti». Comincia quindi la narrazione delle innovazioni socio-politiche che hanno visto Colombo attore o protagonista. Come la riforma agraria: «Attraverso i processi espropriativi vennero colpite le grandi proprietà prevalentemente latifondiste? Si aprì la strada alla nascita di una classe di lavoratori capace di un profilo sociale e produttivo autonomo». Segue l’era del miracolo italiano, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, le misure per battere l’inflazione, il confronto con l’allora governatore della Banca d’Italia Guido Carli e la Cgil di Giuseppe Di Vittorio. Ma Emilio Colombo racconta che l’idea alla quale ha lavorato con maggior passione nel corso di tutta la vita è stata la costruzione dell’Europa. Una formula comunitaria che ha sempre visto non solo di mercato e monetaria ma politica, e che nel 1978 aveva trovato persino l’approvazione della Cina di Deng Xiaoping. Sfogliando le pagine, si passa dalla Prima alla Seconda Repubblica, i vent’anni di «inefficiente esperienza di governo del centrodestra», si arriva a oggi. E oggi Colombo spera ancora che i cattolici possano nuovamente dare un contributo alla politica italiana: magari in un partito, che però non potrebbe «collocarsi alla destra degli schieramenti. Basti ricordare la natura non conservatrice e la vocazione riformatrice della Dc».
Daria Gorodisky