Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 14 Martedì calendario

INSETTI

Due cavallette saltate in olio e aglio come entrée.
Poi una grigliata di termiti-regina, magari accompagnate da uno scarafaggio (fritto è l’ideale). Dessert: un piatto di dolci e gustosissimi supervermi del Mopane. «Vuoi che moro?» direbbe Joe Bastianich a Master Chef. No, il contrario. Se l’uomo vuol dare davvero un futuro alla Terra, la ricetta — garantisce la Fao — è una sola: deve imparare a mangiare più insetti.
Hamburger, pollo fritto e costine alla griglia, spiega l’organizzazione mondiale dell’alimentazione, sono come le auto “Euro 0”: consumano e inquinano troppo. Grilli, cavallette e farfalle Bogong (il piatto preferito degli aborigeni australiani) sono molto più nutrienti, sani ed ecocompatibili.
Ergo, non c’è scelta: Italia e Occidente devono vincere le loro ritrosie cultural-gastronomiche e convertirsi all’entomofagia. In fondo al mondo «ci sono 1.900 insetti commestibili», calcola la Fao, e 2 miliardi di persone dal SudAmerica all’Africa e fino al sud-est asiatico tengono in dispensa — in alto perché i bambini non le rubino — una bella scorta di formiche o di cicale.
Se al mercato di Kampala, in Uganda, la Ruspolia Nitidula
(il nostro Saltamartino) costa il 40% in più del vitello, un motivo c’è: il valore alimentare degli insetti non ha nulla da invidiare rispetto a quello della carne rossa. I vermi da pasto come il Tenebrion, una prelibatezza in mezzo mondo, hanno un contenuto di Omega 3 e di grassi essenziali pari a quello del pesce e molto superiore a quello del maiale; le termiti-regina — non a caso la miglior cura la malnutrizione in Zambia e Centrafrica — hanno una componente proteica che arriva al 64%; nelle locuste c’è il triplo del ferro di una bistecca.
Le virtù nutritive sono solo una faccia della medaglia. Il vero atout della dieta entomologica, quello che piace molto anche alla Fao, è la sua “efficienza ambientale”:
per mettere nel piatto un chilo di proteine derivate da insetti servono 11 metri quadri di terra e poco più di un migliaio di litri d’acqua. Venti volte in meno di quelli ne-
cessari per ottenere lo stesso risultato con un bovino. Un grillo arriva a regalarci un etto di cibo mangiando solo 170 grammi di materia prima. Per una scaloppina da 100 grammi, invece, si consumano quasi due chili di foraggio. Non solo: gli allevamenti di bestie da pascolo sono responsabili della creazione del 18% dell’anidride solforosa emessa in atmosfera. Problema che in un mondo convertito all’insettofagia verrebbe quasi eliminato, visto che solo scarafaggi e termiti producono metano.
Il futuro, insomma, è di Coleotteri, Lepidotteri & C. Unico neo, i costi di produzione. In Indonesia si allevano a livello artigianale i grilli, nel Laos le cavallette. Nell’Africa australe il mercato di una prelibatezza come la larva del Mopane vale 85 milioni di euro. In Thailandia si mettono in scatola le uova di formica, in Giappone ci si strappa a suon di yen le piccole “pupe” di vespa. Ma si tratta di eccezioni. L’allevamento industriale di insetti, ammette la Fao, fatica a decollare. Bisogna creare le economie di scala e una filiera adeguata. Il costo dei super-bruchi cresciuti in Olanda per l’uso negli allevamenti di polli è superiore di 4,8 volte a quello degli altri mangimi per galline. Ma i soldi nella vita non sono tutto. Specie se un verme nel piatto (in Messico ci sono appositi libri di ricette) può dare una mano a salvare il mondo.