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 2013  maggio 13 Lunedì calendario

UE, ALLA SCHOLA DEGLI EUROBUROCRATI 270 MILIONI

Nei quasi due anni da eurodeputato il premier Enrico Letta risulta aver dedicato ben tre delle sue cinque interrogazioni complessive alla Schola europaea di Bruxelles, la controversa scuola intergovernativa fornita gratuitamente agli euroburocrati per consentire ai loro figli di studiare nelle rispettive lingue madri e pagata dai contribuenti 270 milioni di euro nel 2012 (oltre 11.500 euro annui ad alunno).
Perfino il solitamente prudente e moderato Letta, nella terza interrogazione del 2 febbraio 2006, perse la pazienza davanti al muro di gomma con cui la Commissione europea tradizionalmente rifiuta di affrontare dettagliatamente le molteplici contestazioni sulla Schola, nonostante ne paghi (con denaro pubblico) la maggior parte dei costi. L’attuale premier accusò apertamente il vicepresidente della Commissione, l’estone Siim Kallas, di aver risposto in maniera «assolutamente evasiva, reticente e incompleta». Ma la Commissione Barroso è arrivata a rifiutare ripetutamente al Corriere di spiegare come si concilia con i principi di eguaglianza dei Trattati Ue questa scuola pubblica, finanziata dai 27 governi Ue, che discrimina gli alunni in base alla nascita ammettendo solo chi ha genitori euroburocrati (e di poche altre categorie privilegiate, che in genere pagano la retta e accettano minori diritti).
In realtà l’accesso esclusivo e gratuito alla Schola europaea è uno dei fringe benefit più ricchi e strenuamente difesi dall’euroburocrazia, che fa di tutto per mantenere il silenzio sull’argomento. Il Corriere dimostrò che questo introito aggiuntivo, valutabile quasi 15 mila euro netti annui per figlio includendo l’indennità scolastica di circa 3 mila euro (quindi 30 mila euro netti per chi ha due figli, 45 mila euro per chi ne ha tre e via a salire), è stato «dimenticato» addirittura nell’elencazione ufficiale su Internet dei salari e delle altre entrate degli euroburocrati. Nel Consiglio europeo del febbraio scorso i capi di governo dovevano decidere anche i tagli agli «stipendi d’oro» e ai più eccessivi fringe benefit dei dipendenti delle istituzioni Ue. Poteva essere valutata la proposta di imporre almeno un contributo sul costo della Schola (si ipotizzava un 50% con riduzione progressiva per chi ha più figli e redditi meno ricchi). Ma, alla pagina 39 del testo (preparato dagli stessi euroburocrati), la scuola europea sparì dalle spese amministrative (insieme alle «pensioni d’oro») e sull’argomento si sorvolò.
L’arrivo di Letta a Palazzo Chigi coincide con una ripresa delle proteste della comunità italiana di Bruxelles sulla scuola riservata agli euroburocrati nell’ambito della difesa della lingua di Dante nelle istituzioni Ue, dove avanza l’imposizione del trilinguismo (inglese, francese e tedesco). Per tutelare varie migliaia di bambini e giovani italiani in età scolare residenti nella capitale belga — costretti a studiare in francese, in fiammingo o in altre lingue — è nato un Comitato per la scuola italiana di Bruxelles (scuolaitalianabruxelles@gmail.com). Ha già inviato una lettera al governo di Roma e agli eurodeputati connazionali per ricordare l’importanza strategica per un sistema Paese di non vedere abbandonata la propria lingua in Europa. Vengono ribaditi aspetti moralmente scandalosi della Schola europaea di Bruxelles, come l’odiosa discriminazione nell’ammissione degli alunni condizionata dallo status dei genitori. In particolare vengono ricordate le violazioni dei principi di eguaglianza tra i cittadini (specificamente nel diritto allo studio) e dell’Articolo 34 della Costituzione italiana («la scuola è aperta a tutti») in una entità finanziata con denaro pubblico e con insegnanti inviati dal ministero degli Esteri.
Ivo Caizzi