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 2013  maggio 12 Domenica calendario

LA CORSA DELLE BORSE MONDIALI. COME GUADAGNARE TAGLIANDO I RISCHI —

Nuovo record, nuovo gadget. A Wall Street, il giorno dopo lo sfondamento dell’indice Dow Jones sopra quota 15 mila punti, alcuni «trader» sono entrati in Borsa indossando un cappellino da baseball con la scritta «Dow 15.000». Ma all’euforia e alla gioia, sul versante degli operatori, ha fatto da contraltare una certa preoccupazione — o prudenza — sul fronte delle Authority. «Cercheremo di individuare quando la valutazione dei titoli è fuori della norma», ha detto il presidente della Fed, Ben Bernanke, per cui «la stabilità economica è un’arma a doppio taglio, perché mercati tendono a prendere più rischi». Con il pericolo di nuove bolle. È la stessa banca centrale americana che ha spinto la ripresa dei mercati a mettere l’accento sul pericolo di una corsa eccessiva. Anche perché, dai mesi in cui le presse della Fed acceleravano per stampare nuova moneta e rilanciare la crescita, le cose sono cambiate. Allora era appena fallita Lehman Brothers (settembre 2008) e il Dow Jones sprofondava fino a quota 6.500 punti (marzo 2009), oggi la grande recessione americana è un ricordo e le quotazioni — in cinque anni — hanno guadagnato il 130%.
Eccezione americana in un mondo ancora alle prese con una crisi lunga più di un lustro? Non proprio. E non solo perché la finanza ha corso anche alla Borsa di Francoforte, protagonista di nuovi record nella stessa settimana — quella che si è chiusa questo venerdì — di New York. Ma anche perché il Toro borsistico in salsa europea non si è fermato alla Germania, forte di un’economia in crescita e di conti pubblici sostanzialmente in pareggio, bensì ha attraversato la Manica per arrivare a Londra. Nella capitale britannica la Borsa (indice Ftse 100) è ormai a un passo dal picco precrisi del 2007: manca solo poco più di un punto percentuale. E questo succede nonostante l’economia inglese non brilli di salute: la sterlina darà sì autonomia monetaria a Londra, ma resta il fatto che il deficit vale circa l’8% del Pil, ben oltre il 3% dell’Italia. Dove i Bot conquistano tassi minimi, ma la Borsa è lontana un buon 60% dai massimi precrisi (nonostante il rally dell’ultimo anno) e l’economia continua, almeno per ora, a perdere colpi.
Che cosa può fare, quindi, un risparmiatore che si affaccia su un mercato così variegato? Prima di tutto, cercare di capire che cosa sta succedendo. Il mercato è inondato da un mare di liquidità pompato dalle banche centrali — soprattutto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Giappone — per rilanciare e sostenere economia, lavoro e consumi. E, cosa forse ancora più importante, tutta questa liquidità fa fatica a trovare parcheggi remunerativi. Titoli di Stato? I decennali negli Stati Uniti offrono ormai solo l’1,7% e la situazione è simile in Germania. Perfino i Btp italiani e i Bonos spagnoli, fino a qualche mese fa con tassi allettanti, ora offrono il 4% se non meno. Neanche le obbligazioni societarie danno generalmente grandi soddisfazioni: negli Stati Uniti i «junk bond» (i bond «spazzatura», emessi dalle aziende considerate più a rischio) hanno addirittura visto i rendimenti scendere per la prima volta sotto il 5%. Certo, non mancano i casi di obbligazioni con tassi più alti, anche tra società più affidabili e soprattutto in mercati come quello italiano, ma non bastano a soddisfare l’onda lunga della nuova liquidità. Così molti investitori si sono buttati sull’azionario. Da qui, il boom. O, quantomeno, una buona parte di esso.
La situazione quindi è in parte «sintetica», con liquidità «artificiale» e azioni avvantaggiate da una concorrenza (i bond) spesso con rendimenti rasoterra, anche per la politica espansiva di tante banche centrali. Per questo il primo consiglio degli operatori è di essere consapevoli della situazione e cavalcare pure la tendenza, ma stando pronti ad aggiustare la strategia appena arriva un segnale di inversione di rotta. Insomma: guardare alle azioni, ma con la massima attenzione all’evoluzione del mercato.
Che cosa può fare chi invece non ama il rischio o non ha tempo di seguire con continuità gli sviluppi del mercato? Gli operatori consigliano le obbligazioni più sicure o, con rendimenti probabilmente più alti, le azioni di grandi aziende molto esposte sull’export: vale a dire dai ricavi più diversificati e, quindi, più a prova di terremoto (finanziario o economico che sia).
Ed ecco il terzo consiglio, o meglio monito, che arriva dagli esperti: non esporsi troppo sui tradizionali «beni rifugio», che rischiano di non essere più inossidabili come una volta. Prendiamo il caso dell’oro e del franco svizzero: protagonisti di una vera e propria corsa negli anni più duri della crisi finanziaria internazionale, ora si trovano ad affrontare un tetto all’apprezzamento (per il franco) o scivoloni al ribasso (l’oro qualche settimana fa ha perso il 9% in un giorno).
Giovanni Stringa