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 2013  maggio 12 Domenica calendario

«DAGLI INSULTI VIRTUALI RISCHI DI CIOLENZA. PRONTA LA SQUADRA DEGLI AGENTI IN RETE»

Antonio Apruzzese è il direttore della Polizia postale e delle telecomunicazioni. Risponde via Skype, da Roma.
Buongiorno, direttore. Monitorate Facebook, Twitter e i commenti sui blog più frequentati, oppure aspettate la segnalazione di abusi?
«Non andiamo a interferire tra gli utenti, né potremmo farlo. Monitoriamo i social network per verificare che non ci siano ipotesi gravi che riguardino autorità e istituzioni. Reati di vilipendio, vicende di questo tipo».
Un reato in aumento e un reato in calo.
«Diffamazioni in fortissimo aumento. E furti di identità digitale. Falsi profili, per esempio. In calo alcuni tipi di truffe telefoniche, mirate a maggiorare i costi attraverso numerazioni a tariffazione aggiunta».
Esiste una Pubblica Sicurezza del web?
«Oggi c’è un portale Commissariato di PS online (http://www.commissariatodips.it/)».
Un nome migliore?
«Certo! Le dicevo qual è la vecchia struttura, quella che c’è adesso. Sta per arrivare un nuovo portale web della Polizia. Un portale che prevede finestre di dialogo e porterà la Polizia a essere più presente sulla rete, compresi i social network».
Quando?
«Entro l’estate».
Le Volanti si potranno chiamare? Ci sarà un 113 digitale?
«Non solo si potrà chiamare la Polizia online, ma avviare contatti diretti e ottenere chiarimenti e aiuto».
Sulle autostrade virtuali il traffico si intensifica. Verranno potenziati i controlli con più uomini e più mezzi? Oggi avete quanto vi serve?
«Indubbiamente il problema più grande sarà selezionare i molteplici tipi di richieste. Si sta allestendo una struttura specializzata, che comunque si "appoggerà" sull’intera rete delle forze dell’ordine sparse sul territorio».
L’utente medio della rete, secondo lei, si rende conto quando sta minacciando o diffamando qualcuno?
«Dall’esperienza quotidiana emerge che, molto frequentemente, l’utente medio perde la percezione della rilevanza esterna di sfoghi ed esternazioni, dettate spesso da particolari situazioni emozionali».
Quanto succede su internet può prefigurare azioni violente nel mondo reale? Il presidente Napolitano sembra preoccupato, e non è l’unico. Il collega Cesare Martinetti della «Stampa», in un editoriale venerdì, è sulla stessa linea.
«Certamente utilizzare forme di spiccata violenza verbale o espressiva può ritenersi l’avvio di un percorso che prelude alla vera e propria violenza fisica. Lo verifichiamo sia nell’ambito di diverbi interpersonali che spesso sfociano in aggressioni fisiche, così come pure in forme di proselitismo via web di ideologie discriminatorie e violente di carattere etnico, religioso, sessuale e altro. L’operazione che ha portato alla chiusura del noto portale "Stormfront" ha evidenziato che era ormai imminente il passaggio ad atti di violenza fisica».
Quando un normale cittadino deve rivolgersi alla Polizia Postale? Alla prima minaccia?
«Fatte le ovvie valutazioni del caso, che portino ad escludere ipotesi di burle o scherzi, è sempre opportuno segnalare questi episodi alla Polizia».
Mi sono ritrovato scritto su www.beppegrillo.com: «Non vale nemmeno il prezzo del colpo che meriterebbe ampiamente di ricevere in mezzo agli occhi»? Avrei dovuto rivolgermi a voi?
«Avrebbe potuto certamente farlo».
Quanto tempo ci mettete, dopo la segnalazione di un abuso su un social network, a risalire all’identità di una persona?
«Il tempo richiesto per interessare persone e organizzazioni che operano in altri Paesi e con leggi diverse dalle nostre. Parlando dei social network, gli Stati Uniti d’America».
Chi collabora di più tra Twitter e Facebook?
«Facebook opera da più tempo e ha già creato una rete di collegamenti stabili con le autorità istituzionali. Le relazioni sono al momento sicuramente più semplici e spedite. Twitter è ancora in fase di avvio in tal senso».
Quali passaggi sono necessari? Magistratura italiana, magistratura americana?
«È indispensabile interessare in prima battuta la magistratura italiana, che deve poi chiedere la cooperazione di quella americana. In alcuni casi, per esempio con Facebook, sono già previste forme più semplici e spedite di contatti».
Quali sono le Procure più preparate in materia?
«Con le nuove leggi è stata individuata la competenza di organi giudiziari specializzati, le Procure Distrettuali, competenti a trattare gran parte dei crimini informatici, e composte da magistrati di sperimentata esperienza in materia».
Molti ragazzi — è comprensibile — faticano a capire la potenza dello strumento che hanno in mano. Cosa state facendo per l’educazione digitale nelle scuole?
«Abbiamo avviato un’articolata serie di diretti contatti con studenti, insegnanti e genitori: sia per suggerire forme di navigazione sicura, sia per aiutare i giovani a capire la gravità, per se stessi e per gli altri, che un utilizzo sconsiderato del web può determinare».
Che percorso formativo seguono gli operatori della Polizia Postale? Dove li reclutate?
«Gli operatori della Postale vengono selezionati tra tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato sulla base di specifiche capacità e competenze. Entrati nella specialità affrontano programmati e continuativi momenti di formazione e aggiornamenti professionale».
Le fattispecie del diritto penale italiano — diffamazione, minaccia, ingiuria, molestie — sono adeguate al mondo nuovo?
«La legislazione penale italiana è molto avanzata per quanto attiene ai crimini informatici. La normativa in tema di pedopornografia, di gravi attacchi informatici e di strumenti investigativi di contrasto — pensiamo alle innovazioni del 2008 — è all’avanguardia».
Cosa manca?
«Assieme alla magistratura, noi operatori di Polizia auspichiamo la sollecita introduzione della fattispecie del furto d’identità digitale».
Esiste collaborazione con omologhi organi di Polizia Postale all’estero, quando il reato parte da altri Stati? Penso a server posti fuori dai nostro confini, come spesso accade.
«Realizzare un’efficace cooperazione internazionale è l’impresa più ardua di Polizia Giudiziaria. I crimini informatici presentano quasi sempre il carattere di transnazionalità».
Una cosa che la preoccupa?
«La tutela dai dati in generale. Quelli custoditi nei nostri computer o quelli immagazzinati in banche-dati sono diventati l’obbiettivo prioritario di una nuova, pericolosa criminalità».
Una cosa che la rende orgoglioso?
«La soddisfazione di aver mosso i primi passi per la creazione di reti di cooperazione tra organismi che contrastano il cyber crime in tutto il mondo».
Beppe Severgnini