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 2013  maggio 11 Sabato calendario

LE MANCATE COPERTURE. I CONTI DEL DEFICIT: OLTRE IL TETTO DEL 3% —

Il messaggio del Fondo Monetario Internazionale è arrivato mercoledì pomeriggio quando il consiglio dei ministri, convocato per sciogliere il nodo dell’Imu, era ancora riunito. Ci vuole grande prudenza nella riduzione della tassa sugli immobili. Non è un problema prioritario, e in ogni caso, hanno fatto sapere da Washington, la riforma dell’Imu non dovrà determinare uno sforamento del deficit appena tornato sotto la fatidica soglia del 3%. Segnale evidente dell’apprensione con la quale le istituzioni economiche europee ed internazionali stanno seguendo la trattativa in corso sull’abbattimento della tassa.
Del resto, i conti non tornano. Solo l’Imu sulla prima casa vale quattro miliardi di euro l’anno. Sufficienti, senza un’adeguata copertura, per riportare l’Italia nel Purgatorio dei paesi in disavanzo eccessivo, dal quale dovrebbe uscire proprio tra pochi giorni, grazie al deficit che nel 2012 s’è fermato al 2,9%. E non c’è solo l’Imu. Servono un miliardo per la cassa integrazione in deroga ed almeno altri due per gli esodati (5-600 milioni sul 2013) e le spese indifferibili, come le missioni di pace. Senza contare l’aumento dell’Iva, che il governo vorrebbe evitare: 2 miliardi per il 2013 e 4 dal 2014.
Per gli ammortizzatori sociali, e forse le altre spese immediate, i fondi potrebbero essere recuperati da altre poste di bilancio. Per l’eliminazione dell’Imu le risorse però mancano, mentre per il partito di Silvio Berlusconi l’abolizione della tassa è la condizione per mantenere l’appoggio al governo. L’accordo in Consiglio dei ministri, l’altro giorno, è saltato perché il premier proponeva la "sospensione" della prima rata, mentre Angelino Alfano pretendeva la sua "soppressione".
Stesso problema, ma rovesciato, per l’Iva. Il Pd vuole assolutamente evitare l’aumento del primo luglio, con l’aliquota base che passerebbe dal 21 al 22%. Mentre il PdL non attribuisce un’importanza fondamentale all’operazione. In una fase di recessione dell’economia, si dice, è difficile che l’aumento dell’imposta si trasferisca in un pari incremento dei prezzi.
Tagli di spesa che producano da qui a fine anno 10 miliardi di euro, quanti ne servirebbero per fare tutto, sono utopistici. E anche a metter mano sulle agevolazioni fiscali, ipotesi cui ha accennato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, bisogna stare attenti: un taglio delle detrazioni equivale ad un aumento delle tasse. Nel bilancio, in ogni caso, oggi non c’è spazio per Imu, Iva, esodati, cassintegrati, missioni, Anas, Ferrovie. A meno che, ed è questa la strada che il governo vuole battere, la Ue non apra spiragli.
A fine maggio la Commissione Ue dovrebbe decretare la chiusura della procedura per il deficit eccessivo che, come ha ripetuto anche ieri Saccomanni, già di per sé, offre «maggiori margini di manovra sulla finanza pubblica». Soprattutto considerata la situazione che i Capi di Stato e di governo della Ue si troveranno di fronte a metà giugno, esaminando le proposte della Commissione.
Su 17 paesi della zona euro ben 10 nel 2014 sarebbero in disavanzo eccessivo, e 12 fuori linea rispetto al "fiscal compact" che scatterà nel 2015. Francia e Spagna hanno appena ottenuto due anni in più per il pareggio, mentre all’Italia, che rispetta Maastricht ed è vicinissima all’obiettivo del "fiscal compact", è stato imposto un anno prima del previsto. Oggi quella italiana appare come un’economia soffocata dal rigore, ma anche dal poco efficiente funzionamento della politica monetaria europea: riducendo i tassi la Bce pompa denaro nell’economia, ma la liquidità poi finisce in Francia e Germania, dove è più sicura, ma dove c’è sicuramente meno bisogno.
Letta e Saccomanni sono comunque convinti di avere buoni argomenti da giocare a Bruxelles per ottenere un po’ di flessibilità in più. Almeno per quest’anno, perché superato il 2013 qualche margine di manovra, almeno sulla carta, già esiste. Il commissario Ue agli affari monetari, Ollie Rehn, ha detto che all’Italia, uscita dal disavanzo eccessivo, potrebbe bastare mantenere il deficit sotto al 3%. L’anno prossimo, secondo il governo, il disavanzo pubblico dovrebbe scendere al 2,5% del pil. Creando un margine di manovra di una decina di miliardi di euro che potrebbero essere spesi per il rilancio dell’economia. Magari sperando anche nella riduzione dello spread, e dunque della spesa sugli interessi del debito pubblico, e sulla ripresa della crescita, che il governo intravede nella seconda metà di quest’anno.
Mario Sensini