Teodoro Chiarelli, La Stampa 11/5/2013, 11 maggio 2013
I MESSINA, L’ULTIMA DINASTIA DELLE NAVI TRA POTERE, RICCHEZZA E VELENI
Rispettati ma temuti, riveriti ma non amati. Ultima grande famiglia di armatori nella Genova marinara che ha visto via via tramontare le grandi dinastie all’ombra della Lanterna: i Bibolini, i Fassio, i Ravano, i Lolli Ghetti, fino ai più grandi e più famosi, i Costa. I Messina, proprietari della Jolly Nero che si è abbattuta sulla torre di controllo del porto, sono giunti alla loro quarta generazione mantenendo sempre ben salde le redini della loro compagnia.
Fondata da Ignazio Messina nel 1921, la società è cresciuta prepotentemente nel secondo dopoguerra a opera di tre fratelli, Giorgio, Gianfranco e Paolo Messina, e del cognato Luigi Gais. Nella sede di via D’Annunzio sistemarono un unico grande ufficio con quattro scrivanie e, nell’anticamera, un servizio di segreteria comune. Non si sa se per senso di grande intimità familiare o per grande diffidenza reciproca.
Riservati, poco inclini ad apparire sui giornali, i Messina sono diventati trasportatori di fiducia dell’esercito Usa. Le loro navi sono state fra le poche che hanno regolarmente operato durante la guerra Iraq-Iran e durante la prima e la seconda guerra del Golfo. Tanti i misteri sul loro conto e gli incidenti sulle loro navi. Clamoroso il caso della Jolly Rosso, arenatasi in Calabria. Si parlò di fusti tossici e di traffici illegali di materiali radioattivi: tutto archiviato dalla magistratura. Ma ci sono navi mitragliate in zona di guerra (Jolly Rubino nel 1987), navi incendiate, navi che hanno speronato pescherecci. E poi gli incidenti nei terminal: nel 1998 a Genova un cavo d’ormeggio si staccò di colpo uccidendo due marittimi; qualche mese dopo un portuale rimase schiacciato sotto un mezzo meccanico. Durissime, allora, le proteste dei camalli di Paride Batini contro i «padroni del vapore».
Morto Giorgio nel 2008, Gianfranco, Paolo e Luigi Gais hanno fatto un passo indietro a favore dei figli. Oggi al vertice operativo ci sono Stefano Messina (figlio di Paolo), Massimo (figlio di Giorgio), Ignazio (figlio di Gianfranco) e Andrea Gais (figlio di Luigi). Un gruppo da oltre 300 miliardi di euro di fatturato l’anno, fortissimo nei collegamenti con l’Africa e il Medio Oriente. Quattordici navi di proprietà, sino allo scorso anno tutte piuttosto vecchiotte e per di più di seconda mano, la Messina ha avviato un ambizioso piano di ammodernamento: 600 milioni di euro per otto portacontainer e «ro-ro» ordinate ai coreani Daewoo e Stx. Le prime quattro in esercizio dal 2012, le altre in arrivo.
In porto i Messina la fanno da padroni: possiedono un terminal di 250 mila metri quadri e, con il gruppo Gavio, si sono aggiudicati un altro pezzo di scalo, il Multipurpose. Ci sono poi le officine Gardella e La Meccanica e l’industria (la Ferrania, all’inizio in partnership con la famiglia Malacalza, salvo poi arrivare a una clamorosa rottura). Per finire con il comparto immobiliare, passione di famiglia. I Messina, sempre molto «liquidi» anche in tempi di ristrettezze bancarie, sono stati protagonisti negli ultimi anni di alcune fra le più importanti operazioni in città, come l’acquisto (14 milioni cash) degli ex uffici comunali di via Ilva, trasformati in appartamenti di lusso. Da favola, naturalmente, le loro abitazioni, nelle location migliori della Superba. E bellissima la villa di famiglia a pelo d’acqua all’ingresso di Portofino, davanti alla quale getta l’ancora «Xargos», stupendo panfilo d’epoca da 40 metri.
Una potenza economica che si riflette, puntualmente, sui simboli del potere cittadino. La frequentazione dell’esclusivo circolo Tunnel, la presidenza del Tennis Club, da sempre appannaggio della famiglia, l’esclusivo Yacht Club Italiano. Ma proprio allo Yacht Club, il circo nautico più blasonato d’Italia, si consumò tre anni fa una vicenda che fa capire quanto i Messina siano invidiati e odiati.
Piccolo passo indietro. Siamo nel 2008 e un esposto del gruppo Messina denuncia che il presidente dell’Autorità portuale, Giovanni Novi, broker di fama ed ex presidente dello Yacht Club, li avrebbe ricattati per ottenere il loro consenso a spartire i moli del porto. Scandalo, Novi viene arrestato, nello scalo è la paralisi. Nel settembre del 2010 Novi è prosciolto dalle accuse più pesanti (solo una lieve condanna per un reato minore) e un paio di mesi dopo lo Yacht Club respinge la domanda di iscrizione (un voto negativo ne «brucia» otto a favore) delle figlie di Giorgio Messina, appena scomparso: Fernanda e Rossella. «Ritorsione», si commentò al circolo, parquet di legno, passiere rosse e camerieri in livrea bianca, contro lo strapotere e l’arroganza dell’ultima dinasty genovese.