Mauro Chiabrando, il Sole 24 Ore 12/5/2013, 12 maggio 2013
BISOGNANO ALMANACCHI?
«Tàciti anni fuggono, catalogati dagli Almanacchi», scrivevaCarlo Emilio Gadda sul l’Almanacco Letterario Bompiani 1935, ma ancor prima del tramonto del secolo breve l’estinzione della società letteraria, con i suoi riti e i suoi circoli, comportò la fine anche di quel genere di intrattenimento culturale. Satirici, scherzosi, antologici, bibliografici, regionali, gli almanacchi contengono una miniera d’immagini, scritti, notizie, facezie ed è questo il motivo per cui oggi sono oggetto di raffinato collezionismo.
Il «dinamitardo» Almanacco Purgativo 1914, Firenze, Lacerba, di Soffici e Papini (quotazione: 800 euro), suggello satirico dell’effimera alleanza tra futuristi milanesi e larcebiani fiorentini, contenendo «novelle, poesie, aneddoti veri e falsi, pensieri autentici e apocrifi, sfottiture, consigli per gli uomini irregolari, necrologie di uomini viventi ed altre buffonate intelligenti» fu il capostipite di un genere proseguito da Mino Maccari e Leo Longanesi, autori del gustoso Almanacco di Strapaese per l’anno MCMXXIX (Bologna, L’Italiano Editore, 1928 - 150 euro). Trent’anni più tardi Maccari e Italo Cremona bisseranno con L’Antipatico, edito da Vallecchi per il 1959 e il 1960 (i due volumi 140 euro). «Più antipatico dell’antipatico» si autodefiniva sulla fascetta rosa l’Almanacco del Pesce d’oro Milano, Vanni Scheiwiller, 1959, strenna per il 1960 curata da Antonio Delfini, Ennio Flaiano e Gaio Fratini con il montaggio dell’«editore vannitoso» Vanni Scheiwiller. Cornucopia di epigrammi e parodie (tra i precetti grammaticali di Flaiano: «non si risponde degli aggettivi incustoditi», «per gli anacoluti servirsi del cestino», «non calpestare le metafore»), l’almanacco alternava le carte colorate scelte da Bruno Munari impreziosendole con i disegni di Barolini, Campigli, Clerici, Cocteau, De Chirico, Gentilini, Maccari, Marini, Morandi, Morlotti, Sironi, Vespignani, Viviani (120 euro).
Il genere antologico, più serio e squisitamente letterario fu inaugurato dall’Almanacco della Voce (1915), nato con l’intento di testimoniare lo sforzo di Papini, Prezzolini & C. «per dare all’Italia una rivista libera, una cultura sana e un’arte veramente moderna» (300 euro). Un classico esempio di questa tipologia fu Il Tesoretto, almanacco delle lettere e delle arti, Milano, Primi Piani, a cura di Beniamino Dal Fabbro, Giansiro Ferrata, Arturo Tofanelli (l’editore) e Leonardo Sinisgalli: uscito nel 1939 e nel 1940, proseguì con Mondadori nel biennio successivo come Almanacco dello «Specchio» (curatori: Alfonso Gatto, Alberto Mondadori, Salvatore Quasimodo, Arturo Tofanelli e Leonardo Sinisgalli), di cui particolarmente ricercata è l’edizione del 1941 (60 €) per la prima stesura de L’Adalgisa di Gadda. Isolato restò invece Il Presagio. Almanacco Mondadori per il 1945, curato da Mario Vinciguerra con il contributo di Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli, Benedetto Croce, Natalia Ginzburg, Guido Piovene, Alberto Savino.
L’elegante Beltempo (Roma, Edizioni della Cometa), a cura di Enrico Falqui e Libero De Libero (i tre volumi 220 euro) sfoggiava belle copertine di Maccari (1940-1941) e Longanesi (1942) proponendo racconti, poesie note, ricordi, rubriche di Brancati, Buzzati, Contini, Comisso, Delfini, Gadda, Landolfi, Savinio, Sinisgalli, Vittorini, Gatto, Luzi, Montale con i disegni di Atro, Capogrossi, Casorati, De Pisis, Guttuso, Maccari, Mafai, Longanesi. Tra i non pochi almanacchi regionali, oltre al toscano l’Almanacco dei Visacci (Firenze, Vallecchi), uscito dal 1937 al 1940 (la serie 150 €), merita una citazione speciale lo splendido La luna nel Corso - Pagine milanesi raccolte da Luciano Anceschi, Giansiro Ferrata Giorgio Labò, Ernesto Treccani, Milano, Corrente, 1941, copertina di Leo Longanesi, illustrato con dipinti e disegni di numerosi artisti da Birolli a Boccioni, da Carrà, a Sassu, Sironi, De Pisis e altri (150 €).
L’Arcilibro, ovverossia, Lunario delle Muse, almanacco dell’Alleanza Nazionale del Libro, era invece un repertorio bibliografico e insieme una guida al mondo del libro illustrata da noti artisti (Elio Bartolini, Erberto Carboni, Francesco Gamba, Luigi Servolini, Mario Vellani Marchi e tanti altri). Diretto da Ismaele Mario Carrera e pubblicato a Milano dall’editore Ravagliati dal 1928 al 1930, dal 1931 fino al 1934 sarà edito dalla stessa associazione solo con il titolo di Lunario delle Muse (l’intera serie di 7 volumi, più il supplemento bio-bibliografico 1932, 450 €). Il formato e le caricature ricalcavano il modello dell’Almanacco letterario per antonomasia, quello legato a Valentino Bompiani. Armato di forbici e colla, il giovane Bompiani aveva infatti già compilato i primi due volumi (1925 e 1926) per Mondadori sotto la direzione di Umberto Fracchia e i secondi due (1927 e 1928) con l’aiuto di Enrico Piceni. Lasciata la Mondadori per la Unitas, vi traslocò (1929) anche l’almanacco facendone già l’anno seguente il cavallo di battaglia promozionale della sua nuova casa editrice. Piceni continuò ad assisterlo fino al 1930, sostituito nel 1931 da Prampolini e quindi da Zavattini. Il formato (cm 15x20) restò pressoché inalterato fino al 1933 così come la formula: notizie, indiscrezioni, anticipazioni, interviste agli autori con foto, disegni e caricature opera dei più noti e talentuosi illustratori: Dudovich, Sinopico, Sto, Novello, Angoletta, Carboni, Barnardini, Bisi, Vellani Marchi, Sacchetti e tanti altri. Non si trattava di divismo, bensì – dirà Bompiani nel 1976 – «del tentativo di presentare una letteratura, una vita letteraria all’interno di una società nella quale, in effetti, non esisteva né letteratura né cultura». Era dunque un gioco, una finzione per «rendere popolare» (in senso moderno) ciò che popolare non era.
La prima serie (1925-1942, proposta dalla libreria-rivisteria Ferraguti di Parma a 1.850 €) dell’Almanacco Letterario targato «Bompiani» fece da spartiacque tra le pubblicazioni di questo genere per ricchezza e varietà (pubblicità editoriale, notizie, curiosità, presentazione di generi, citazioni, aforismi, pareri, brevi inediti di critici e autori, retroscena sui premi e i caffè letterari eccetera), continuità e maggiore diffusione. Tra l’ossequio alla tradizione accademica e la forzata adesione alla «autarchia» culturale c’era spazio per una moderata apertura al diverso e al nuovo senza tuttavia giungere ad accogliere le esperienze di punta di «Solaria» o del «Selvaggio». Quando poi si irrigidì il clima di censura una velata satira sembrò trapelare sul piano dell’immagine: «satira permessa perché non capìta», commenterà quarant’anni dopo Bruno Munari, autore con Erberto Carboni e Bruno Angoletta di varie copertine. Nell’Almanacco anti-letterario 1937, in assoluto il più raro e ricercato (valutazione 350 €) della serie, passata dal 1934 a un formato grande (cm 21x28), Munari infatti si divertiva a comporre collage fotografici secondo la tecnica dadaista dei contrasti oppure bucando beffardamente le pagine sempre in corrispondenza della faccia del duce. L’unica misura censoria diretta nei confronti dell’almanacco – ricorderà Bompiani nel 1976 – venne presa a proposito di una banale inchiesta sull’uso del «voi» o del «lei». Tutt’altra cosa, ovviamente, fu la nuova serie dell’Almanacco Letterario (1959-1980), realizzata sempre con la collaborazione di Zavattini e il graphic design di Munari, adottando però un’impostazione monografica, di cui si era avuta avvisaglia nell’Almanacco Letterario 1938, interamente dedicato a Pirandello (fotomontaggio di Munari in copertina, valutazione 100 €) e riproposto in anastatica nel 1987, a cura di Leonardo Sciascia con l’aggiunta di nuovi contributi sul tema. L’ultimo almanacco, su Sciascia e a cura di Matteo Collura, apparve nel 1999, 42esimo dell’intera serie che la libreria Malavasi di Milano oggi mette in vendita a 3.200 €.