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 2013  maggio 12 Domenica calendario

ASSALTO DI ILDA AL CAVALIERE: E’ LA GUERRA DEI VENT’ANNI

Perché lei? Perché sarà proprio Ilda Boccassini, domat­tina, a prendere la parola davan­ti al tribunale di Milano per la requisitoria contro Silvio Berlu­sconi nel processo Ruby? La ri­sposta è meno ovvia di quanto appaia. Il Cavaliere è accusato di concussione e prostituzione minorile. Il primo è un reato contro la pubblica amministra­zione, il secondo ai danni dei cosiddetti «soggetti deboli». Nes­suno dei due reati è di compe­tenza della Procura distrettuale anti­mafia. E allo­ra cosa c’en­tra la Boccassi­ni, capo del pool antima­fia? Perché è stata lei a diri­gere le indagi­ni, e perché sa­rà lei domani a tirarne le fi­la? Il capo del­la Procura, Ed­mondo Bruti Liberati, a suo tempo, si ar­rampicò sugli specchi per spiegare la co­sa, afferman­do che insom­ma, il fascico­lo era del pm Antonio Sangermano, passato nel frattempo alla procura anti­mafia, e che per questo anche l’indagine finì nelle mani della dottoressa. Meccanismo che sarebbe bizzarro, e infatti in molte altre indagini non risulta applicato.
E allora? La verità è semplice, e a Palazzo di giustizia la sanno tutti. Ilda Boccassini ha voluto che il fascicolo le venisse asse­gnato perché riteneva di essere l’unica in grado di portarlo fino in fondo. Solo lei riteneva di ave­re la determinazione sufficien­te a inchiodare Berlusconi alle sue colpe, solo lei i contatti e l’autorevolezza necessari per chiedere alla polizia gli uomini e i mezzi indispensabili alle in­dagini. Esattamente la stessa cosa accadde nel 1995, quando la dottoressa tornò da Palermo a Milano appena in tempo per scoprire che la Procura aveva iniziato a raccogliere le deposi­zioni di Stefania Ariosto, la «te­ste Omega» del caso Mondadori. Andò su tutte le fu­rie, ottenne che il fascico­lo le venisse assegnato. E del fatto che al­la fine il Cava­liere se la cavò diede la colpa ai colleghi, che non ave­vano iniziato per tempo i pe­dinamenti.
Stavolta ha giurato a se stessa che non sarebbe finita allo stes­so modo. Non siamo di fronte ad un caso di competenza ad personam, che sarebbe illecita. Ma di sicuro ad uno scontro frontale che dura ormai da più di tre lustri tra Silvio Berlusconi e la Procura di Milano, e di cui Ilda Boccassini si perse solo la pri­ma puntata, il famoso avviso di garanzia del 1994 a Napoli, per­ché era in Sicilia a dare la caccia agli assassini di Falcone. Ma dall’anno dopo, quando torna a Milano, è lei a impersonare ­per sua scelta, e nell’immagina­rio collettivo della nazione ol­tre che negli atti giudiziari- l’as­sedio giudiziario al Cavaliere. Da questo punto di vista, è inevitabile e forse anche giusto che sia lei tra poche ore a impugna­re il microfono della requisito­ria, atto finale di questa guerra dai tempi ormai omerici.
Questa sera Canale 5 manda in prima serata uno special sui vent’anni dei processi a Berlusconi. È una scelta di informa­zione ma anche di combatti­mento, alla vigilia della requisitoria di Ilda e all’indomani del­la manifestazione di Brescia. Berlusconi ha voluto che le tele­camere entrassero nella sua ca­sa, filmassero il tavolo delle ce­ne eleganti, quello dove secon­do la Procura passava di mano la statuetta fallica di cui si sono perse le tracce; che i cameramen ent­rasse­ro nella disco­teca, quella del palo della lap dance di cui hanno par­la­to le testimo­ni più agguer­rite, e nel tea­tro dove nei dopocena si esibivano la Minetti vestita da infermie­ra e la Berardi con la masche­ra di Ronaldinho. Detta­gli che il Cava­liere non ne­ga, e che riconduce p­erò nel­l’ambito dello svago lecito ed innocente tra adulti: «Al­le cene non poteva succedere nulla che potesse essere defini­to scorretto e imbarazzante ­racconta Berlusconi nell’inter­vista a Canale 5- a nessuno mai fu chiesto di lasciare il telefoni­no, tutti potevano fotografare e raccontare perché non c’era al­cunché di non raccontabile».
Quanto quei dopocena fosse­ro invece per la Procura penalmente rilevanti, perché tesi comunque a esaudire la «concupi­scenza sessuale» del padrone di casa, lo ha già spiegato nella prima puntata della requisito­ria il pm Antonio Sangermano. Domani la Boccassini tirerà le fi­la, parlando della telefonata in questura per liberare Ruby: e d’altronde per la Procura un re­ato tira l’altro, perché la telefo­nata dimostra quanti e quali danni il premier temesse dall’esplosione del caso. Che Ruby - come sempre, e come anche nell’intervista a Canale 5-conti­nui a dire «non mi sono mai pro­stituita e non ho mai avuto rap­porti sessuali con Silvio Berlu­sconi» è per Ilda Boccassini so­lo la riprova del potere di condi­zionamento dell’imputato: e che è per lei l’ennesima faccia di un potere che si muove da sempre fuori dalle regole, nei rapporti con i giudici, con il fi­sco, con la finanza, con la politi­ca, financo con gli esseri uma­ni. Di questo,in fondo a vent’an­ni che possono essere letti come un unico grande processo, Ilda Boccassini accusa in so­stanza Silvio Berlusconi. E di questo, in fondo, si prepara do­mani a chiedergli conto.