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 2013  maggio 13 Lunedì calendario

NON C’È BOLLA NELLO SPRINT DI PIAZZA AFFARI

Lo spread tra Btp e Bund a 250 pare aver iniziato la marcia di avvicinamento verso quota 200; negli ultimi dodici mesi l’indice azionario di Piazza Affari ha guadagnato il 22%. Sono i primi segni premonitori della tanto auspicata inversione del trend anche in Italia?
Dice George Soros: «Inutile illudersi, l’apparente tregua con lo spread che si riduce e la borsa che sale non durerà. Perché l’Italia è ben lontana dall’equilibrio. E paradossalmente il calo dello spread potrebbe ritardare la soluzione, con il differenziale dei tassi che, pur rientrando in un range accettabile, potrebbe perpetrarsi all’infinito».
Niente inversione del trend, dunque? Soros è uno che conosce come pochi la dinamica dei mercati, perciò va ascoltato. Ma è anche l’essenza estrema della speculazione, perciò non sempre va creduto: se dicesse in pubblico quel che pensa davvero, non sarebbe il formidabile speculatore che tutti conosciamo..
PRUDENZA DELLA FED
Ciò non vuol dire che alcune sue osservazioni non debbano essere prese sul serio, ma andrebbero declinate con la composizione del suo portafoglio-titoli (che però solo lui conosce). Spiega un banker milanese che da anni ne segue le gesta: «Il grande spazio che spesso i giornali italiani dedicano alle opinioni di Soros sull’Italia, più che illuminarci sul reale stato delle cose spesso ci aiutano a capire la direzione del fondo d’investimento. Se è pessimista vuol dire che si prepara a comprare, se è ottimista che pensa di vendere. Questo è Soros, visto da noi operatori».
Insomma, al netto delle spietate valutazioni dei colleghi e senza nulla togliere alla grandezza del finanziere americano, gli allarmi che dovrebbero preoccupare le borse sono altri. Quelli, per esempio, che provengono da Oltreoceano, da una fonte che si presume al di sopra delle parti.
Davanti a una platea qualificata riunita a Chicago, un paio di giorni fa il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha messo in guardia i banchieri federali dal pericolo che un periodo prolungato di tassi molto bassi scateni nelle banche commerciali la tentazione di assumere rischi eccessivi, innescando in tal modo la nascita di bolle speculative. Nel monito di Bernanke si intravede una certa preoccupazione - espressa anche dal Nobel per l’economia, Paul Krugman - per i prestiti troppo facili e le «brusche variazioni nella valutazione di alcuni asset». Variazioni effettuate anche sulla base dei recenti record messi a segno da Wall Street, con l’indice Dow Jones che per la prima volta ha sfondato quota 15.000. «Vigileremo su molte situazioni e cercheremo di individuare quando la valutazione degli asset srà fuori norma», assicura Bernanke. Il quale ha ben chiaro che la stabilità economica, quando è garantita da una politica di tassi molto bassi, è sempre un’arma a doppio taglio, e quindi non bisogna mai abbassare la guardia.
Rassicura tuttavia che per ora l’orientamento della Fed, a proposito dell’abbondante liquidità immessa sui mercati, tra le ragioni principali del forte recupero delle borse, non cambierà. «Modificheremo la nostra impostazione solo se verrà riscontrata nel sistema finanziario una sopravvalutazione degli asset insieme a una concentrazione dei rischi. Vale a dire uno scenario simile a quello della crisi dei mutui subprime del 2007».
Ma è giustificato l’allarme che da più parti viene lanciato per i forti progressi messi a segno dalle borse negli ultimi dodici mesi? Se si guarda al dato di breve periodo, certamente si è in una fase euforica. Ma ciò che vale per Wall Street o Francoforte, piuttosto che per Tokyo, di sicuro non vale per Milano. Che resta il fanalino di coda delle borse principali, battuta persino da Madrid. Basti dire che se il confronto è con le quotazioni del marzo 2009 - quando i listini azionari toccarono il punto più basso - Milano ha recuperato il 28% contro il 34% di Madrid, il 106% di Francoforte, il 69% di Parigi, il 99% di Londra e il 135% di Wall Street. Se poi si allarga il confronto al giugno 2007 - quando cioè inizia l’esplosione della bolla - allora il divario in termini di recupero si amplia enormemente. Così, se Milano per poter vedere i livelli del 2007 deve raddoppiare i valori, Madrid ha già compiuto tre quarti del cammino e Parigi è sotto di appena il 20%. In Europa solo Londra e Francoforte hanno chiuso quel gap. Persino Wall Street, che in questi anni ha corso a perdifiato forte di un’economia Usa che ha sofferto meno di quella europea, in rapporto ai massimi del 2007 registra una performance media inferiore al 30%: nemmeno il 5% l’anno. Basta per parlare di rischio-bolla?
Viva dunque la prudenza, soprattutto dopo che ci si è scottati più volte. Ma prima di parlare di bolla nelle borse, forse bisogna attendere qualche tempo. Ciò vale soprattutto per Milano.