Marcello Veneziani, il Giornale 11/5/2013, 11 maggio 2013
D’ANNUNZIO HA IL COPYRIGHT DEL VAFFA
«La casta politica che insudicia l’Italia da cinquant’anni non è capace se non di amministrare la sua propria immondizia... Basta! Questa parola noi la grideremo su la piazza di Montecitorio e su la piazza del Quirinale... Da troppo tempo il popolo attende una parola di vita... Ci siamo levati soli contro l’immenso potere dei ladri, degli usurai e dei falsari... Loro sono morti. Guardateli in viso, quando seggono al banco del Potere con le braccia conserte e contemplano il soffitto che non crolla. Le vecchie seggiole sono più vive di loro. Affrettiamo l’ora del seppellimento». Ma chi scrive questa roba da Grillo, chi rottama i politici, chi è quel 5Stelle & Rizzo che attacca la Casta? È un poeta nato 150 anni fa che passerebbe inosservato se conservasse il cognome paterno, Rapagnetta, e che invece passò alla storia e alla letteratura col nome di D’Annunzio. Il Vate precursore del Vaffa, il poeta antesignano del comico. Ogni epoca e ogni potere ha i nemici che si merita. Fiume è il suo blob, i legionari erano i suoi grillini; i Berlusconi, Bersani, Napolitano da odiare si chiamavano Giolitti, Nitti, Orlando. Ho sottomano una curiosa antologia dannunziana curata da Emiliano Cannone, Manuale del Rivoluzionario (Tre Editori), col poeta ritratto in copertina come Lenin. È un Vate Compagno, antiborghese, anticapitalista, sindacalista e populista, internazionalista, contro il dominio delle banche, per l’ordine nuovo. Con un Superego mitomane ma proletario. Insulta come un Grillo, però vuoi mettere, farsi insultare da D’Annunzio...