Rodolfo Sala, la Repubblica 13/5/2013, 13 maggio 2013
MILANO
— «Io non faccio alcun collegamento tra le proposte della ministra Kyenge e l’incredibile episodio di Milano: quell’immigrato è un pazzo».
Detto questo, presidente Maroni?
«L’immigrazione è un tema che chi ha responsabilità di governo dovrebbe maneggiare con cura. Lo dico da ex ministro dell’Interno
».
La responsabile dell’Integrazione non lo sta facendo?
«Al netto di tutte le buone intenzioni, quando si mandano messaggi così forti è inevitabile che qualcosa succeda ».
Quali messaggi e che cosa sta succedendo?
«Appena insediata, la ministra Kyenge ha parlato di abolizione del reato di clandestinità e di ius soli. E le sue parole sono rimbalzate immediatamente là dove si origina l’immigrazione clandestina. Insomma, le organizzazioni che prosperano sul traffico degli immigrati hanno capito che potevano riprendere le loro attività criminali».
Tutti in Italia, che adesso si può. Questo è il messaggio?
«Sì. È un messaggio subito recepito da queste organizzazioni, non da chi vive nel Maghreb e vuole scappare. Non sono questi poveracci a dire “andiamo”, ma i trafficanti a concludere che adesso in Italia per i clandestini ci sarà un clima più facile. Così dicono “portiamoceli”. Tutto questo forse non è nelle intenzioni del ministro, però succede ».
Come fa a dirlo?
«Sarà un caso, ma sono ripresi gli sbarchi a Lampedusa. Arrivano dalla Tunisia con i gommoni: se vengono da lì sono clandestini, non profughi come
potrebbero essere i libici».
Dunque Cécile Kyenge non avrebbe dovuto dire quel che ha detto in tema di immigrazione?
«Intanto osservo che se un ministro vuole fare qualcosa, la fa e non la annuncia. Questo è stato il mio metodo, quantomeno».
Ma nel merito?
«Lo ius soli non passerà mai. Anche perché in Parlamento non c’è una maggioranza su questa proposta: il governo potrebbe saltare. E poi è contro le nostre tradizioni, e anche il nostro sistema di welfare. Perfino in Francia, dove c’è, non è così automatico: chi nasce in quel Paese
da genitori stranieri deve aspettate la maggiore età per avere la cittadinanza. Del resto anche da noi avviene qualcosa di simile: fino ai 18 anni i figli degli immigrati hanno tutti i diritti, dalla scuola all’assistenza, poi possono chiedere la cittadinanza. Si possono addirittura accorciare
i tempi, a legge invariata».
E cioè?
«Quando sono diventato ministro, ci volevano tre anni per dare la cittadinanza a un figlio di immigrati maggiorenne. Con me al Viminale siamo passati a un anno e mezzo».
Ma la cittadinanza non è automatica, come vorrebbe la Kyenge.
«Parlare di ius soli non porta alcun vantaggio, neppure per gli immigrati. La ministra ha solo dato voce ai propri ai pensieri. Non tenendo conto che noi siamo un Paese di confine: per le ragioni che ho spiegato, il suo è un messaggio devastante, che deve immediatamente rientrare».
Ma lei, che è anche il segretario della Lega, come giudica le voci che pure nel suo partito si sono levate contro la Kyenge con accenti decisamente razzisti?
«Guardi, la Lega non è mai stata razzista e non lo diventerà certo con me segretario. È vero, sono state dette cose sgradevoli o peggio, come ha fatto Borghezio. Commenti assolutamente fuori luogo dai quali ho preso le distanze. Noi ci confrontiamo sulle idee, rispettando sempre chi le espone. Quelle del ministro non le condividiamo, ma avremmo avuto la stessa reazione se a parlare di ius soli e di abolizione del reato di clandestinità fosse stato Enrico Letta.
Conosce Cécile Kyenge?
«No. Ma sono naturalmente disponibile a incontrarla la prima volta che avrà occasione di passare da Milano. Per darle qualche piccolo consiglio sulla base della mia esperienza di ministro
».
Che cosa vorrebbe dirle?
«Ribadire che non voglio assolutamente fare collegamenti impropri tra quel che lei pensa e la cosa terribile accaduta a Milano. Ma anche avvertirla che sull’immigrazione c’è bisogno di un’azione più incisiva. Ci si è rilassati troppo. Anche il grande tema della sicurezza urbana, che avevo posto da ministro, si è perso nei meandri del montismo. È un tema di cui parlerò a breve con il sindaco di Milano Pisapia, anche se non rientra esattamente nelle competenze di un presidente di Regione. Ma bisogna tiralo fuori, prima che sia troppo tardi».