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 2013  maggio 11 Sabato calendario

PAKISTAN AL VOTO IN UN BAGNO DI SANGUE

PAKISTAN AL VOTO IN UN BAGNO DI SANGUE -
L’ex-presidente Musharraf l’ha definita la «madre di tutte le elezioni»: che segna per la prima volta la transizione, nei 66 anni da cui esiste il Pakistan, da un governo democratico all’altro senza dover passare per un colpo di Stato militare. Lo storico governo che nascerà, però, sarà nato da un bagno di sangue senza precedenti e si troverà ad affrontare una situazione, per usare un eufemismo, decisamente instabile e un bilancio di circa 2.700 morti negli ultimi quattro mesi e mezzo, 2.500 feriti, quasi 1.200 episodi di violenza.
Un buon numero di candidati è stato ucciso o ferito, altri si sono ritirati per paura. Tutti gli attentati sono stati rivendicati dal Tehrik-i-Taliban (Ttp), che ha deciso di giocare nella competizione elettorale un ruolo particolarmente attivo: non ritagliandosi un ruolo all’interno del processo democratico che disprezzano dal profondo ma impegnandosi a fondo per orientare i risultati della competizione elettorale e per influire ulteriormente (perchè tutti sono concordi nel dichiarare che le elezioni, comunque vadano, saranno abbondantemente truccate) sui risultati.
Il Ttp ha colpito difatti, dichiaratamente, soltanto i partiti laici: l’Awami National Party di Peshawar, il Muttahida Qami Movement di Karachi e il Pakistan’s People Party, il partito della defunta Benazir Bhutto, attualmente al governo. Inoltre, le donne in generale, in molte delle zone tribali, sono state diffidate dall’andare a votare. A essere risparmiati dalle bombe e dai fucili del Ttp sono soltanto due partiti: la Pakistan Muslim League dell’ex-premier Nawaz Sharif e il Tehrik-i-Insaf Pakistan dell’ex stella del cricket Imran Khan. Partiti di destra, legati in modo più o meno forte a gruppi estremisti religiosi, gruppi terroristici veri e propri e, nel caso di Imran Khan, ai servizi segreti e a parte dell’esercito. Tutte le province, tranne il Punjab che è la roccaforte sia di Sharif che di Imran, sono state colpite in modo violento. E i due, Imran e Nawaz (gli unici a cui i talebani hanno consentito di tenere comizi e raduni elettorali) sono dati per vincitori più o meno certi. Nawaz è dato per vincente praticamente da tutti e dovrebbe guidare una coalizione con Imran e altri partiti islamici. A orientare la competizione elettorale hanno contribuito anche i giudici, permettendo a Sharif di candidarsi nonostante un terzo mandato come premier sia contro la legge e arrestando l’ex-presidente Pervez Musharraf per bandirlo in seguito a vita da tutti i pubblici uffici e da ogni competizione elettorale. Intanto, il Paese discute e protesta ma senza troppa convinzione né speranza, stretto tra talebani, esercito e mullah. La vera democrazia, in Pakistan, è ancora di là da venire.