Walid Jumblatt, Corriere della Sera 11/5/2013, 11 maggio 2013
Caro Direttore, le cose stanno cambiando drasticamente in Medio Oriente. Dall’Iraq alla Siria sono in atto movimenti indipendentisti di vario genere
Caro Direttore, le cose stanno cambiando drasticamente in Medio Oriente. Dall’Iraq alla Siria sono in atto movimenti indipendentisti di vario genere. I curdi in Iraq hanno ormai raggiunto la semi-indipendenza. I sunniti in Iraq sono sull’orlo di nuovi scontri sanguinosi con gli sciiti, e Maliki si sta rivelando un nuovo Saddam Hussein, in versione sciita. In quanto alla Siria, la pulizia etnica e settaria tocca in questo momento il suo culmine. I recenti massacri di sunniti sulla costa alawita chiamata Sahel non sono altro che il preludio a stragi ancor più devastanti nelle città di Banias e Latakia. Da aggiungere a tutto ciò la riluttanza dei cosiddetti amici della Siria a fornire armi all’opposizione, consentendo così al regime di Bashar di deportare interi segmenti della popolazione siriana, soprattutto la maggioranza sunnita, sia all’interno del Paese, sia verso Libano, Giordania e Turchia. In quando alle minoranze di cristiani e armeni, queste stanno già cercando scampo in Occidente. Da questo scenario da incubo emerge il conflitto di interessi o le future linee di demarcazione tra Israele e l’impero persiano, in piena avanzata e già presente sulle sponde del Mediterraneo tramite i suoi rappresentanti, gli Hezbollah. In una situazione di transizione come questa, tre sono le potenze principali che si contenderanno i nuovi confini della Fertile Mezzaluna: Persia, Turchia e Israele. I persiani sono pronti a tutto per mantenere la loro influenza sull’Iraq, su una Siria frammentata e sull’accesso al Sahel siriano fino al Libano, oggi roccaforte degli Hezbollah. I turchi sono impegnati a normalizzare i rapporti con i curdi: nella nuova costituzione ai curdi turchi verranno garantiti i diritti di cittadinanza, ed Erdogan dovrà offrire concessioni in cambio del ritiro dei combattenti curdi del Pkk verso il nord dell’Iraq. In quanto alla Siria, prevedo una lunghissima guerra civile, con il riemergere dell’antico scacchiere dei tempi del protettorato francese, quattro cosiddetti Stati — Aleppo, Damasco, il cantone druso e l’enclave alawita o nussairita appoggiata dai persiani e dai russi con la loro base a Tartus. Fino a oggi l’asse russo-iraniano ha fatto di tutto per sostenere il regime di Bashar e continuerà a farlo anche se la Siria dovesse finire spaccata in due. Non voglio infierire col pessimismo, ma è ormai tramontata l’era dell’Andalusia, dove ebrei e musulmani conobbero una storia straordinaria di coesistenza, che offrì al mondo tesori di architettura e di cultura in ogni campo del sapere. Un nuovo genere di inquisizione sta per abbattersi sul mondo arabo. L’inquisizione dell’intolleranza, dell’analfabetismo, del fondamentalismo religioso e del tribalismo. L’inquisizione delle dispute interminabili tra sciiti e sunniti, che si rifanno a una divergenza politica sulla successione del profeta Maometto, ma sfruttate fino in fondo dall’incapacità della mente araba o musulmana di risolvere queste divergenze per guardare al futuro, allo sviluppo, all’istruzione, alla creazione di un mercato comune arabo, al rispetto della legalità, staccandosi finalmente dalla tirannia della teocrazia islamica, retriva e medievale, che si fonda su dubbie interpretazioni del Corano. La grande sfida che si pone oggi è come modernizzare l’Islam. Personalmente, non ho una risposta, ma credo che ciò sarà possibile attraverso il pensiero critico, l’unico capace di rimettere in dubbio e finalmente distruggere antichi dogmi obsoleti. Walid Jumblatt Politico libanese e leader della comunità drusa (Traduzione di Rita Baldassarre)