Daria Gorodisky, Corriere della Sera 11/5/2013, 11 maggio 2013
La carriera Luciano Violante (foto), 71 anni, è stato presidente della Commissione parlamentare antimafia (1992-1994) e della Camera (1996-2001) L’incarico Il 30 marzo 2013, su invito di Napolitano, ha accettato di far parte del gruppo dei «saggi» ROMA — «L’idea della Convenzione per le riforme, associata al voto del Parlamento in seduta comune e al referendum finale, nasce dal fallimento di tutti precedenti tentativi
La carriera Luciano Violante (foto), 71 anni, è stato presidente della Commissione parlamentare antimafia (1992-1994) e della Camera (1996-2001) L’incarico Il 30 marzo 2013, su invito di Napolitano, ha accettato di far parte del gruppo dei «saggi» ROMA — «L’idea della Convenzione per le riforme, associata al voto del Parlamento in seduta comune e al referendum finale, nasce dal fallimento di tutti precedenti tentativi. Ed era nel programma sul quale il governo ha ottenuto la fiducia. Comunque, se c’è un’intesa per superarla, si deve prenderne atto. In ogni caso è assolutamente necessario modernizzare il sistema costituzionale rendendolo capace di decidere». Luciano Violante, lunga esperienza parlamentare e giuridica e uomo del Pd nel gruppo dei dieci saggi nominati da Napolitano a fine marzo per occuparsi di modifiche istituzionali, economiche ed europee, deve avere qualche rimpianto per quella che era la sua creatura. Ma ormai preferisce guardare avanti: «La priorità è il cambiamento, non le modalità per attuarlo». La via per le modifiche costituzionali è indicata dalla stessa Costituzione, all’articolo 138, e prevede un percorso tutto parlamentare. «Possiamo provare, spero che serva a ottenere un risultato… Ma è un percorso incerto, come abbiamo già verificato in passato. Comincerei dall’interrogativo di fondo: abbiamo bisogno del cambiamento, o si tratta di una specie di gioco intellettuale? A mio parere, le attuali condizioni del sistema politico istituzionale sono esse stesse un handicap per il Paese. Perciò bisogna cambiare quanto prima». Su questo tutti i partiti si dichiarano da lungo tempo d’accordo. Si dibatte, si fanno sedute, si rilancia, però alla fine non accade nulla. «Potrebbero partire da un pronunciamento serio sul documento dei saggi. In Parlamento l’innovazione generazionale si accompagna a una grave mancanza di esperienza. Un dibattito di questo tipo aiuterebbe a maturare la consapevolezza dei problemi e a costruire una saldatura generazionale che eviti dilettantismi». Dunque, passo numero uno? «Il governo deve indicare chiaramente e rapidamente qual è l’indirizzo. Elabori una proposta e la presenti in Parlamento. L’esecutivo e la sua maggioranza devono sciogliere i nodi di fondo: parlamentarismo razionalizzato o semipresidenzialismo? Come riformare a fondo il bicameralismo paritario?» Non crede che il Paese sia un po’ stanco di sentire che il Parlamento si occupa — e finora invano — di queste materie e che piuttosto abbia voglia, e soprattutto necessità, di interventi rapidissimi in materia di lavoro, sviluppo, ripresa? «Senza un cambiamento profondo e rapido il sistema crolla sotto il peso della sua inefficienza». E la legge elettorale? E’ una priorità anche questa? «Va riformata subito. Non sappiamo quando torneremo a votare e non possiamo rischiare di trovarci di nuovo con la palude». Quale modello propone? «Richiamerei la legge Mattarella, eliminando lo scorporo e introducendo una novità: se alla Camera e al Senato ci sono maggioranze diverse, le due coalizioni vincenti in ciascuna delle Camere vanno al ballottaggio; chi ottiene più voti prende un premio di maggioranza che gli assegna il 55 per cento dei seggi in entrambi i rami del Parlamento. Poi, una volta portate a compimento le riforme, si adatterà al nuovo sistema anche la legge elettorale». Tutto questo prevede comunque che l’attuale maggioranza regga, nonostante le enormi diversità su molti temi sensibili. Lei cosa pensa, per esempio, delle manifestazioni del Pdl contro i giudici? Tempo fa davanti al Tribunale di Milano, oggi a Brescia... «Una importante forza di governo manifesta contro un potere dello Stato. Non si può non essere preoccupati. Non accade né è mai accaduto in nessun Paese democratico. In Israele hanno condannato il capo dello Stato, ma nessuno è sceso nelle strade. Anche questo ci fa capire che va superato il disordine di questo sistema». Che cosa dice dello ius soli? «Non può essere applicato indiscriminatamente. Ma va garantito a chi è nato e cresciuto in Italia, anche se è figlio di cittadini stranieri». L’Imu? Come si esce da questo scontro fra alleati di governo tanto diversi tra loro e senza ricorrere all’ingannevole metodo di togliere da una parte e far pagare dall’altra? «Stupisce che non si dica con chiarezza che abolirlo significa ridurre fortemente i servizi offerti ai cittadini, dai trasporti agli asili. Si potrebbe eliminare sugli immobili invenduti e sulla casa unica — cosa diversa dalla prima casa — per i ceti meno abbienti. Insomma, serve ragionevolezza, non ideologia». Daria Gorodisky