Silvio Piersanti, il Venerdì 10/5/2013, 10 maggio 2013
LE DONNE GIAPPONESI SCOPRONO IL PIACERE. DI UNA GEISHA
TOKIO. La famosa geisha, il viso dipinto di bianco, il frusciante kimono che avvolge il suo corpo esile, androgino («L’eleganza è frigida», concludeva Goffredo Parisi dopo il suo viaggio in Giappone), danza, canta, pizzica le corde dello shamisen, recita poesie haiku (come alberi bonsai, costrette in 17 sillabe), gioca, sussurra frasi intriganti, promette tutto e nulla, crea un mondo di desiderio inesaudibile e quindi ancora più prezioso, divide fantasie, bevande e cibi raffinati con il suo facoltoso cliente, sciorina instancabile per ore davanti e attorno a lui picchi di arte dell’intrattenimento raggiunti con anni di logorante studio. Ma chi si commuove, chi ride, chi applaude entusiasta, chi alla fine paga il conto salato oggi non è un uomo: in un cambio epocale nella storia del millenario costume maschilista del Paese del sol levante, la geisha ora si esibisce sempre più spesso per una donna. Niente di più paradigmatico per sottolineare la profondità del processo di emancipazione della donna giapponese. La nuova cliente è una dirigente di azienda, o una star del cinema, o il segretario di un partito politico (l’ultimo nato è l’All Japan Obachan Party, Partito delle casalinghe indaffarate e sta raccogliendo migliaia di aderenti): in ogni caso, una donna che ha saputo farsi strada in un mondo così maschilista che persino nei monumenti funebri, la moglie era rispettosamente scolpita un metro dietro il marito.
«Ho sempre invidiato mio marito» racconta Nahoko S. 48 anni, nota commercialista di Tokyo. «Lui una volta al mese, stanco del lavoro di avvocato penalista, si concede una serata con cena allietata da una geisha e dalla sua piccola corte di maiko» (apprendiste). «Un giorno, una mia collega e amica ha voluto festeggiare il suo divorzio con una geisha e mi ha invitata. È stata una rivelazione. Sapevo che sarebbe stato piacevole, ma ero lontana dall’immaginare quanto. Ora ho anche io ho la mia serata mensile con una geisha. E so che molte mie amiche professioniste fanno altrettanto per festeggiare date importanti, spendendo senza batter ciglio fino a 250.000 yen (circa 1.600 euro) a persona, indossando kimono che possono valere anche trenta volte il conto».
Ma c’è anche chi pensa a soddisfare la grande richiesta da parte di una clientela femminile diversa dalle danarose manager: il prestigioso Ryotei (ristorante tradizionale) Hamacho, della città di Kochi, organizza serate per sole donne con intrattenimento di autentiche geishe al democratico prezzo di 5.000 yen (35 euro) a persona. A Tokyo un ristorante chiede 9.500 yen (ma offre uno sconto di 3.000 yen se si indossa il kimono).
Anche al Miyako Odori Dance Festival, la manifestazione più spettacolare delle geishe che si svolge ogni anno in primavera da secoli a Kyoto, si registrano più spettatrici che spettatori. «Un lato positivo di questa scoperta da parte delle donne giapponesi» dice una geisha di Kyoto in pensione «è che finalmente si finirà di pensare a noi come a prostitute di lusso. Saremo considerate soltanto per i nostri meriti artistici». Ma questa visione bassamente mercenaria delle geishe scaturisce soprattutto dalle morbose fantasie occidentali sulla donna orientale. Molti scrittori, politici, artisti, industriali, generali e notabili giapponesi hanno felicemente sposato le loro geishe preferite. Con notevole beneficio del loro equilibrio psicofisico. E del loro bilancio.