Stella Pende, Panorama 9/5/2013, 9 maggio 2013
LETIZIA MORATTI - [MA CHI L’HA DETTO CHE I RICCHI SONO EGOISTI? IL MEGLIO DI ME LO STO DANDO ADESSO SALVANDO I RAGAZZI DALLA DROGA.]
L’avevamo lasciata ex sindaco. Sorriso un filo stanco, immagine non proprio alle stelle. Poi circa 2 anni di buio. «Ma dov’è finita la Moratti?» mi ha chiesto l’altro giorno un amico giornalista. Curiosità contagiosa, presto esaudita. Oggi la signora Moratti, dopo avere seduto su colorate e potenti poltrone di variegati palazzi, sta finalmente accomodata sulla poltrona nel salotto della sua casa milanese incorniciato da quadri preziosi e antichità eroiche. Non solo, dall’aria energica che emana pare davvero decisa a rappresentare finalmente il nome che porta: sì, Letizia. Gonna di panno, bionda forse per la prima volta, sorridente. Quella che è stata la first lady non proprio adorata di Milano non nasconde affatto la ragione di questa sua evidente fioritura: «Semplice, mi dedico davvero molto a San Patrignano».
Dunque la nuova vita di donna Letizia?
Diciamo che si tratta di una speciale primavera, una delle tante da quando nel 1979 con mio marito Gian Marco abbiamo incontrato Vincenzo Muccioli. Ecco, da quel giorno Vincenzo è diventato il nostro destino. Lui sì che mi ha cambiato la vita.
Con varie intermittenze: lei prima è diventata presidente della Rai, poi ministro dell’Istruzione e poi ancora sindaco di Milano. Destini incrociati?
Destini paralleli. Guardi, la mia famiglia e quella di San Patrignano sono sempre state al primo posto nel cuore e nei desideri. Certo, un consiglio di amministrazione Rai, una crisi a Palazzo Marino sono duri da disertare. Ma non c’è stato un weekend libero, una vacanza, un Natale, che non mi abbia visto a «Sanpa». Soprattutto nei momenti di vera difficoltà, per esempio quando Vincenzo era in carcere e poi quando è mancato. Diciamo che la mia diventa dedizione totale nei momenti di transizione.
Transizione o crisi? I conti andavano a rotoli, Antonietta, la moglie di Muccioli, ha portato via il corpo di suo marito che era sepolto a San Patrignano e il figlio Andrea vi ha tirato addosso accuse pesantissime. È stato difficile riportare l’armonia?
Al di là di quello che raccontano i giornali e i loro informatori, per tutti noi è stato solo un dolore terribile. Nessuno però è mai riuscito a spezzare nulla. Intanto il fatto che l’altro figlio Giacomo Muccioli e sua moglie Lucia si siano dissociati, rimanendo a San Patrignano, spiega già molto. E poi la verità risponde a ogni attacco: i ragazzi sono rimasti sempre vicini ai volontari e ai loro responsabili. E poi Vincenzo non se n’è mai andato: è dentro e fuori di noi. Respiriamo la sua passione, quando lanciamo nuovi progetti. Ma soprattutto il suo sogno si è avverato: oggi Sanpa è gestito dalla Comunità dei ragazzi, che hanno ritrovato un vero credo nell’aiuto degli altri e anche nel ritorno al lavoro artigianale. Le arti e i mestieri, insomma. Un esempio per tutti? Maurizio e Davide Riva, falegnami celebri, hanno recuperato le barrique, e con le doghe delle botti di San Patrignano hanno chiesto a 30 designer di creare oggetti così meravigliosi da meritarsi un tour di mostre in nove città degli Stati Uniti. A New York il sindaco Michael Bloomberg ci festeggerà con una grande serata.
Se è per questo, avete trasformato in scultore pure il fotografo Bob Krieger.
Al Salone del mobile ha presentato un’opera d’arte che arriva dalle nostre botteghe ispirata alla Nike di Samotracia. Bob ha voluto chiamarla Vittoria perché l’opera costruita con i ragazzi dicesse quanto l’arte vince il dolore e lo sublima. Ma non dimentichiamo la compagnia di teatro. Il nostro gruppo di attori arriverà a Milano in autunno con Amleto al Piccolo Teatro. Essere di nuovo capaci di passare sentimenti restituisce ai ragazzi la consapevolezza di avere ritrovato le proprie emozioni perdute.
E non dimentichiamo San Patrignano come calamità dei potenti della Terra. L’ultimo ospite è stato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon. Nelle foto pare talmente a suo agio da sembrare lui il padrone di casa...
È stato come uno di noi. Non ha mancato una bottega o un progetto e ha finito col fare grande amicizia con le nostre ragazze che parteciperanno alla maratona di New York.
Lei parla di San Patrignano come del paese dei miracoli. Ma quant’è dura ancora allontanarli dal mostro della droga?
È vero che l’eroina è tornata a divorare giovinezze? Quanti sono quelli che non ce la fanno?
È durissima. L’età della tossicodipendenza si è abbassata drammaticamente, sono i giovanissimi gli ultimi arrivati. E il percorso, davvero doloroso, può durare anche 4 o 5 anni. Ma una ricerca delle Università di Urbino, Bologna e Pavia dimostra che chi arriva fino alla fine nel 73 per cento dei casi è fuori dalla droga. In America pensano di risolvere tutto con 28 giorni, come se si trattasse di una vacanza in una spa. Pazzi! La droga è un inquilino malefico che ti abita dentro. Pensi di averlo cacciato, ma quello ha sempre le chiavi delle tua fragilità. Oggi poi i ragazzi fanno veri cocktail di fumo, eroina, cocaina e sostanze chimiche. Ed è proprio il gesto stesso del fumare, così familiare in fondo, che ingannandoli li trascina nel buio. Per questo non ci arrendiamo e con i corsi di prevenzione formiamo operatori e andiamo nelle scuole. E oggi, dal Qatar alla Guinea Bissau, il modello San Patrignano è di grande ispirazione. Sono decine le delegazioni governative che arrivano dal mondo per studiare i nostri progetti. Solo negli ultimi mesi indonesiani, cinesi, russi, croati, colombiani.
Ma lei parla in questa casa incorniciata di tulipani arcobaleno e mi chiedo: perché una donna di potere, ricca, deve dedicare la vita a questa missione claustrale? Qual è la verità profonda che ha legato Letizia Moratti e una famiglia come la vostra a un progetto sociale tanto immenso?
La sua domanda è parente della visione manichea di molti italiani, quando si parla dell’universo del sociale. Meglio ancora, quando si divide radicalmente il profit dal non-profit. Il ricco, il capitalista, deve essere di per sé estraneo al bene degli altri. Fesserie! Il mondo è ormai fitto d’esperienze che dimostrano il contrario. Anche in Italia, da Bracco a Zegna, da Diego Della Valle a Enzo Manes col suo Dynamo Camp. In realtà sono sempre di più gli imprenditori che investono nel sociale. L’Italia non è capace solo di prendere, come raccontano i telegiornali. Sa anche dare e volendo può legittimamente farlo senza rinunciare al profitto. Soprattutto oggi, affondati nella palude della crisi, io le dico: è quella la strada del futuro.
E del governo e delle sue donne che cosa si sente di dire?
Sul governo, che si chiama speranza. Sulle donne, credo che Emma Benino, Anna Maria Cancellieri e Maria Chiara Carrozza saranno il nostro orgoglio.
Di tante sue avventure nell’Italia che conta, qual è quella che le è rimasta dentro?
Forse la Rai, perché la Rai è tutto: servizio pubblico, cultura, immensa qualità umana e professionale. Ma anche il ministero e Palazzo Marino sono bei ricordi. La verità è che queste tre esperienze sono legate una all’altra. Sono i pezzi del puzzle che disegna tutta la mia avventura professionale.
E gli errori? Qual è quello che non avrebbe mai voluto fare?
Le rispondo con Marguerite Yourcenar, che diceva: agli altri è più facile ricordare i tuoi successi, ma a te stessa sono gli insuccessi che rammenti. Io purtroppo come sindaco non sono riuscita a battere l’inquinamento e poi la sostenibilità ambientale. Avrei voluto riempire Milano di alberi e di viali ma sono riuscita solo a dare a piazzale Loreto il suo bosco di canneto... E l’Expo. Quello che verrà non è certamente come l’avevo sognato io. L’Expo dei popoli che avrebbe sostenuto progetti e desideri dei mondi poveri.
Ma è vero che a San Patrignano dormite in un villone da Paperon de’ Paperoni?
È vero che per lunghi anni abbiamo dormito in una roulotte con tutta la truppa dei figli. Oggi, invece, abitiamo in piccole casette. Molto ospitali mi creda.