Ignazio Ingrao, Panorama 9/5/2013, 9 maggio 2013
LA FABBRICA DEI SANTI
Con Papa Francesco la fabbrica dei santi si è rimessa in moto. In appena 50 giorni di pontificato il pontefice argentino ha già proclamato 11 beati e 9 venerabili. Ha sbloccato la causa di beatificazione di Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso dai paramilitari. Ma soprattutto avrebbe in programma di santificare Giovanni Paolo II il prossimo 20 ottobre.
Nelle scorse settimane si sarebbero riuniti i sette esperti della consulta medica della Congregazione delle cause dei santi, presieduti dal dottore del Papa, Patrizio Polisca, che avrebbero riconosciuto «inspiegabile dal punto di vista scientifico» la guarigione di una donna che aveva pregato il beato Karol Wojtyla. La dichiarazione dei medici apre la strada alla canonizzazione di Giovanni Paolo II. Ora si dovrà riunire il congresso di nove teologi incaricati dalla congregazione per attribuire la guarigione all’intercessione del beato Wojtyla. A quel punto si potrà parlare di miracolo e il Papa polacco diventerà santo. Il tutto in appena 8 anni: mai nella storia della Chiesa è stato proclamato un santo a così poca distanza dalla morte.
Forse proprio per questo sono molte le ombre che gravano sul processo di canonizzazione di Wojtyla. Anzitutto è singolare che si parli già della data della cerimonia mentre non si riesce ancora a sapere quando si sia effettivamente riunita la consulta medica per esaminare il miracolo. Da mesi, infatti, il postulatore (una specie di avvocato difensore della candidatura a santo), il sacerdote polacco Slawomir Oder, aveva pronta la documentazione relativa a diverse guarigioni inspiegabili attribuite a Wojtyla. Eppure i medici si sarebbero riuniti solo lo scorso gennaio, secondo alcune fonti, cioè quando ormai il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il decano dei cardinali, Angelo Sodano, erano al corrente della decisione di Benedetto XVI di dimettersi. È noto che proprio Joseph Ratzinger, pur autorizzando l’avvio immediato della causa di beatificazione di Wojtyla, fosse contrario a bruciare le tappe e a non rispettare le norme. E c’è chi afferma che la consulta medica si sia riunita dopo l’elezione di Bergoglio proprio in virtù del sostegno garantito all’elezione di Francesco da parte dei cardinali wojtyliani guidati dall’ex segretario di Giovanni Paolo II, Stanislaw Dziwisz.
È singolare inoltre che proprio i più stretti collaboratori di Wojtyla, i cardinali Sodano e Leonardo Sandri, si siano rifiutati di testimoniare nella causa. Nelle carte del processo una laconica dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede liquida anche lo scandalo di Marcial Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo riconosciuto responsabile di abusi sessuali e violenze, che Giovanni Paolo II non volle processare né sollevare dall’incarico. Ombre che tuttavia, grazie al via libera di Papa Francesco, ora non fermano più la corsa verso gli altari di Wojtyla, «santo subito».
Ma proprio questa canonizzazione rischia di diventare un macigno sulla strada delle riforme auspicate da Bergoglio. Con Giovanni Paolo II sugli altari, infatti, il sigillo della santità coprirà in qualche misura anche gli atti compiuti dai suoi più stretti collaboratori: dalle operazioni sullo Ior alle nomine dei vescovi, dall’insabbiamento di alcune denunce di pedofilia all’avventurosa nomina di «gentiluomini di Sua santità» poco onorabili.
Benedetto XVI aveva tentato di mettere una stretta sulla «fabbrica dei santi»: in sette anni e mezzo di pontificato ha proclamato solo 14 santi e 70 beati e si è rifiutato di presiedere le cerimonie di beatificazione. Il suo predecessore, Giovanni Paolo II, aveva proclamato un numero di santi e beati ben maggiore: 482 santi e 1.341 beati in 27 anni e mezzo di pontificato, un record. Anche nei tempi: processi sprint per Madre Teresa di Calcutta e per il fondatore dell’Opus Dei, Josemaria Escrivà de Balaguer. Altre cause segnano il passo, come quelle per la beatificazione di Giorgio La Pira e di Paolo VI (benché sia già stato individuato il miracolo).
Non basta tuttavia la fama di santità per istruire un processo presso la Congregazione delle cause dei santi. Servono anche soldi. Bisogna anzitutto scegliere un postulatore che si fa promotore della causa. Per diventare postulatore è necessario avere titoli accademia in teologia, diritto canonico e storia e avere frequentato speciali corsi organizzati dalla stessa congregazione. Non tutti i postulatori sono uguali: alcuni, per la loro fama e bravura, garantiscono percorsi più rapidi e sicuri alla causa. Uno di questi è l’avvocato Andrea Ambrosi di Roma che, con la figlia Angelica e numerosi altri collaboratori di diverse nazionalità, da 35 anni segue decine di processi di beatificazione e canonizzazione in tutto il mondo, da Papa Roncalli all’imperatore d’Asburgo.
Solo a titolo di anticipo, a seconda della complessità della causa, i postulatori possono chiedere dai 20 ai 30 mila euro, tenuto conto che tutti gli atti sono in latino. Alcuni postulatori, soprattutto se sono vescovi o ecclesiastici, fanno questo lavoro gratis; ma ci sono ugualmente da pagare i loro collaboratori. Ci sono poi le perizie sui miracoli e la raccolta delle testimonianze. E gli eventuali costi di viaggio. Tutto a spese dei parenti o degli amici del santo: per questo, a intraprendere queste cause spesso sono solo congregazioni e ordini religiosi che possono permettersi esborsi ingenti e per un lungo periodo di tempo.
La prima parte della causa si svolge a livello diocesano. Quindi procede a livello centrale, presso la congregazione. Le spese sono indicate da un tariffario ufficiale che viene consegnato ai postulatori. Sono previste tasse e diritti da versare alla Santa sede, come la tassa sulla relazione sulle virtù (350 euro) e quella sui miracoli (200 euro). Per il decreto sul martirio o sul miracolo occorre versare 1.600 euro. La spesa per il congresso dei nove teologi, chiamato a esaminare la documentazione, si aggira sui 3.500 euro. Analoga quella per la consulta medica. Quindi ci sono le spese per la cerimonia di beatificazione e di canonizzazione, ovviamente anch’esse tutte a carico di chi ha promosso la causa. Non è finita: la «positio», cioè la raccolta degli atti che vengono consegnati alla congregazione a sostegno della causa, spesso è composta da molte migliaia di pagine (testimonianze, scritti del santo, perizie). Non di rado si tratta di numerosi volumi. Questi vanno stampati in diverse decine di copie e consegnati alla congregazione che li metterà a disposizione di consultori, medici, teologi, vescovi e cardinali incaricati della causa. Le spese di stampa sono a carico del proponente. Ma non ci si può rivolgere a una tipografia qualsiasi: poiché gli atti sono segreti, solo una tipografia è autorizzata a riprodurli in un regime di monopolio, la Nova Res, con sede a Roma. La proprietà di questa tipografia è della famiglia dell’avvocato Ambrosi, il postulatore: Angela e Anastasia Ambrosi detengono infatti oltre il 65 per cento dell’azienda.
A conti fatti, una causa di beatificazione non particolarmente impegnativa (come quella di una fondatrice o fondatore di un piccolo ordine religioso), spiega un postulatore, fra spese per il processo e cerimonia arriva a costare non meno di mezzo milione di euro. Senza considerare la poco lodevole prassi dei «ringraziamenti». Non di rado ordini religiosi o gruppi di fedeli promotori di cause di beatificazione o canonizzazione invitano alcuni membri della Congregazione per le cause dei santi a presiedere incontri e celebrazioni. Al termine di questi appuntamenti viene puntualmente consegnata all’esponente della congregazione una busta con un’offerta per le sue iniziative di carità. Un gesto di gratitudine e di simpatia che qualche volta coincide con il superamento di una fase di stallo della causa.
Come nel processo per la beatificazione di una fondatrice di un ordine di suore, ricorda il postulatore, che si era bloccato sulla valutazione del miracolo. Un esponente di peso della Congregazione è stato invitato a celebrare la messa nel santuario delle religiose. Di ritorno, i problemi sul miracolo si sono immediatamente risolti. Non tutti però accettano questa prassi: un cardinale racconta di essersi sempre rifiutato di andare a celebrare messe o presiedere incontri organizzati dai promotori delle cause che stava seguendo. Un modo per evitare conflitti di interesse. Chissà se dopo la canonizzazione record di Giovanni Paolo II, Papa Francesco riuscirà a promuovere un po’ più di trasparenza e sobrietà anche nella «fabbrica dei santi». (Twitter: @IgnazioIngrao)