Giovanna Casadio, la Repubblica 10/5/2013, 10 maggio 2013
MARINI: NON È SOLO COLPA DI RENZI
«COSA ha massacrato il Pd? La debolezza e l’opportunismo». Franco Marini – il “quasi presidente della Repubblica”, quello che c’è andato più vicino tra gli sconfitti – giura di non avere amarezze. «Depresso no... cammino di più, camminare ritempra».
E INFATTI se domani non fosse a dare battaglia all’Assemblea democratica che deve eleggere il successore di Bersani, nonostante gli ottanta anni sarebbe sul Terminillo.
Presidente Marini, si sente “rottamato”?
«Mi chiedono: “hai amarezza?” Ma quando mai! Se do uno schiaffo a uno, prima o poi quello me lo ridà. Però - questo è il punto, è la teoria della politica le cose vanno fatte, quando è giusto farle. La “rottamazione” non è colpa di Renzi, che pure di colpe e di superficialità ne ha un quintale. Ma è del partito. Doveva tappare la bocca a chi diceva a personalità che avevano ancora da dare, di accomodarsi alla porta. Alle primarie io sostenni Bersani. Che Renzi si vendicasse nei miei confronti, è nelle cose».
Per il Quirinale i Democratici si sono spaccati sul suo nome; poi 101 “franchi tiratori” hanno impallinato Prodi. Cosa è stato più grave?
«Mi vuole fare diventare prodiano? È più grave quanto è accaduto a Prodi, ci siamo sentiti dopo quell’episodio. Il partito ha bisogno di riconquistare credibilità dentro e fuori, nella società ».
Ma il vero problema è che siete al governo con Berlusconi: i militanti, il popolo del centrosinistra come possono accettarlo?
«Trovo che sia al di sotto delle nostre capacità d’intelligenza lasciare che Berlusconi diventi il difensore di questo governo. L’esecutivo lo guida Enrico Letta, il vice segretario del Pd, forse la migliore
scelta per il paese, perché ha esperienza e la grande scuola di Andreatta alle spalle. Il Pd è per l’alternanza, non per le larghe intese, e quello resta l’obiettivo. Ma dopo 50 giorni dalle elezioni, e un paese in ginocchio su occupazione, sviluppo e tenuta sociale quindi democratica, formare un governo era indispensabile. Il presidente Napolitano ha giustamente richiamato al principio di realtà».
Tuttavia le larghe intese rischiano di portarvi ai minimi termini di consenso.
«Bisogna dire la verità chiara e dura. Bersani in Assemblea deve fare il discorso introduttivo, non affidarlo a chissà chi. È un dovere per il segretario dimissionario, non può arretrare. Parli del presente e del futuro, non del nostro ombelico. Noi non amiamo Berlusconi, posso capire la sofferenza. Ma davanti al dramma dell’Italia, chi avrebbe potuto dire che il paese poteva aspettare?».
Il Pd è allo sbando?
«Il prodiano Sandro Gozi ha detto che è un partito politicamente morto. C’è sempre chi
spara alto, forse con l’idea di ricompense. Io ho lavorato dalle regionali del ’95 per costruire un partito progressista e di centrosinistra. Non è morto. È un partito malato».
Qual è il male oscuro?
«Il vizio è di mediare l’immediabile. Qualche volta ho suggerito a Bersani: “fai votare”. Si guida un partito quando le discussioni necessarie si concludono con un voto e ci sono una maggioranza e una minoranza. Invece è stato lasciato tutto nella melassa di discorsi fatti e decisioni non prese, e allora il partito ha smesso di essere governato. Lo lasci dire a uno che ha governato una grande organizzazione popolare, la Cisl, poi il Ppi e la Margherita. Se lasci nella melassa, nell’incertezza, finisci allo sbando ».
In vista dell’Assemblea siete nel caos?
«L’Assemblea è il momento importante in cui dire innanzitutto che sosteniamo il governo, senza mal di denti. L’Italia vede ancora il tunnel: nel 2013 il Pil cala, la disoccupazione non è mai stata così alta, sta correndo la cassa integrazione. Il rischio di tenuta sociale è serio, lo dicono da tempo i sindacati e ora anche i responsabili dell’ordine pubblico. Per il Pd questo governo non è un peso ma un’opportunità. I Democratici hanno deciso di sostenerlo tra gli applausi».
Non c’è da fidarsi degli applausi dei Democratici: ci furono anche per Prodi.
«Non c’è da fidarsi di molte cose nel mio partito... però qui si tratta di un impegno preso con Napolitano, davanti a tutto il paese».
Un nome per il successore di Bersani?
«Ci vuole un segretario che abbia un peso per andare a un congresso rifondativo del Pd. I “curatori aziendali” si facciano da parte. Dobbiamo evitare il fermo biologico.
Lei si candida?
«Io? Non mi votano, sarei molto bravo... Epifani lo vedrei bene, ma ce ne sono altri».
Forse voi Democratici dovreste chiedervi quale è il collante: perché state insieme?
«Questo è ciò a cui il congresso dovrà dare risposta».
Anche lei pensa sia colpa di Twitter, se non c’è più la disciplina di partito e la classe politica è mediocre?
«Twitter forse non aiuta a crescere politicamente e culturalmente, ma i giovani non hanno torto. Siamo stati noi carenti: se hai una massa d’acqua devi offrire canali, se no fuoriesce e si dà appuntamento solo sulla Rete. Poi noi democratici, mentre Grillo parlava dei problemi del paese, magari urlando, discutevamo di primarie dei parlamentari...».