Alberto Toscano, ItaliaOggi 4/5/2013, 4 maggio 2013
HOLLANDE, NELLA BUFERA, FA DA SÉ
Durante la conferenza stampa congiunta Hollande-Letta all’Eliseo, una giornalista ha domandato al presidente francese se intenda «studiare l’esperienza italiana delle larghe intese» visto che un sondaggio d’opinione, eseguito dall’istituto demoscopico Ipsos e pubblicato dal settimanale Le Journal du Dimanche, afferma che il 78% dei francesi auspica la costituzione di una maggioranza di unità nazionale allo scopo di combattere la crisi e di restituire credibilità alle istituzioni.
La risposta di Hollande tradisce tutto l’imbarazzo del capo dello Stato a un anno esatto dalla sua vittoria elettorale contro Nicolas Sarkozy. «Noi», ha detto il presidente francese, «non abbiamo bisogno di costituire una maggioranza di larghe intese visto che, a differenza di quanto accade in Italia, disponiamo della maggioranza sia all’Assemblea nazionale che al senato». Hollande ha dunque fornito una risposta terra terra a una domanda che avrebbe dovuto suggerire ben altre considerazioni. Certo che il partito socialista ha da solo la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, certo che le sinistre nel loro complesso hanno la maggioranza assoluta anche al senato e, infine, certo che i socialisti potrebbero (se volessero) infischiarsene dei loro stessi alleati di sinistra perché in Francia il senato, che non è eletto a suffragio universale diretto, conta come il due di picche. Ma il vero problema è quello dello scollamento governo-opinione pubblica. Un fenomeno molto serio, che si è aggravato nell’anno del potere socialista e a cui Hollande non riesce per il momento a rispondere con iniziative efficaci. Per questo ne parla il meno possibile.
Le ragioni di questo scollamento sono essenzialmente due: crisi economica e corruzione. La crisi è arcinota ed è sotto gli occhi di tutti. La disoccupazione viaggia sull’11% della popolazione attiva, il deficit pubblico sfiora il 4% del pil (proprio ieri la Commissione europea ha autorizzato Parigi a sforare anche quest’anno l’obiettivo del 3%) e il debito pubblico, oggi di 1.900 miliardi di euro, pari al 91% del pil, è aumentato negli ultimi dieci anni a un ritmo superiore di quello italiano. Hollande promette la ripresa, ma si scontra con la rigidità tedesca. Per questo cerca una sponda nell’Italia di Enrico Letta dopo aver fatto la stessa cosa con quella di Mario Monti.
La parola corruzione sembra impropria al dibattito politico francese. Ma da qualche settimane la cronaca è impressionante su questo terreno. Come se il Pater Noster dell’Eliseo fosse: «Dacci oggi il nostro scandalo quotidiano». La madre di tutte le polemiche è stata il caso Cahuzac, dal nome del ministro socialista del bilancio che ha negato di avere un conto all’estero e che è stato incastrato da un’intercettazione telefonica. Hollande e tutto il governo si erano esposti nel difenderlo. Adesso pagano il prezzo di quella leggerezza. Poi è esplosa la polemica sull’ex presidente Nicolas Sarkozy, grande nemico di Hollande, che avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti (c’è chi dice dalla signora Bettencourt, grande azionista dell’Oréal, e c’è chi dice dal colonnello Gheddafi) per finanziare la sua campagna elettorale del 2007 (quando vinse le presidenziali contro Ségolène Royal, allora moglie di Hollande) e in generale le attività del suo partito di centrodestra (l’Ump, Unione per un movimento popolare).
La vicenda delle finanze occulte dell’Ump ha coinvolto anche l’ex ministro degli interni Claude Guéant, braccio destro di Sarkozy, che ha fatto circolare centinaia di migliaia di euro liquidi. Perché liquidi? Forse per non pagare le tasse, forse perché la loro provenienza era inconfessabile e forse (probabilmente) per ambedue le cose insieme. Guéant si difende rozzamente. Dice d’aver venduto due quadri antichi a un uomo d’affari asiatico, ma nessun permesso è stato chiesto per l’esportazione dei dipinti. Forse ha messo le mani in quel barile di marmellata che sono i fondi segreti del ministero degli interni. Per se stesso o per il partito? Per ambedue, secondo molti francesi.
E torniamo a sinistra. Il figlio del ministro degli esteri, il socialista Laurent Fabius, ha comprato casa. Meglio per lui. Solo che quel giovane di belle speranze ha speso la bellezza di sette (dicasi sette) milioni di euro per la sua modesta dimora parigina. Dice d’aver ottenuto un prestito bancario. A che condizioni? Rimborsato come? Strana storia, tanto più che per il fisco il giovane Fabius è poco più che un nullatenente. Viene in mente la storia di quell’appartamento romano, pagato all’insaputa del suo proprietario. L’Italia non ha il monopolio dei miracoli.
Per cercare un po’ di popolarità Hollande sbandiera una pace, una guerra e un matrimonio. La pace (per la Francia) ottenuta col ritiro delle sue truppe dall’Afghanistan, in anticipo rispetto agli impegni internazionali della coalizione; la guerra combattuta e (per ora) vinta in Mali contro gli estremisti islamici; e infine la legge per consentire il matrimonio e l’adozione alle coppie omosessuali. A conti fatti, il bilancio del primo anno di Hollande delude i 3/4 dei francesi. A dirlo sono i sondaggi, che vedono la popolarità dell’Eliseo, tra il 26 e il 28%, al minimo storico dall’inizio della Quinta Repubblica. Ma forse Hollande pensa già alla sesta.