Fausto Corvino, Libero 9/5/2013, 9 maggio 2013
IN GRECIA LA SANITÀ È AL COLLASSO BISOGNA PURE PAGARSI IL BISTURI
La situazione sociale in Grecia è grave davvero. Tanto che le Nazioni Unite hanno inviato ad Atene il loro esperto di debito estero e diritti umani, Cephas Lumina. Dopo averci trascorso una settimana e aver dialogato con i più alti funzionari dello Stato, del governo e del Parlamento, le sue conclusioni sono state molto chiare: «Le condizioni imposte stanno mettendo a repentaglio il rispetto dei diritti umani fondamentali”. E dunque, le misure di austerity volute a partire dal 2010 dai tre grandi creditori greci la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale in cambio dei prestiti salva-Stato hanno distrutto l’economia greca e messo in ginocchio il sistema di servizi pubblici, in modo particolare la sanità e la scuola. Più del 10% della popolazione greca vive ormai in povertà estrema. Il tasso generale di disoccupazione è superiore al 27%, quello giovanile ha superato quota 59%. L’economia reale è sprofondata in un baratro che pare senza via di uscita. Nel corso degli ultimi tre anni il Pil è crollato del 25%, e il rapporto tra debito pubblico e Pil è passato dal 109% al 170%.
Ciò che preoccupa maggiormente Lumina è l’effetto concreto che questi dati macroeconomici stanno avendo sulla vita dei cittadini greci. «La Grecia rimane l’unico Paese dell’eurozona dove manca uno schema di assistenza sociale che serva da rete di sicurezza di ultima risorsa». I programmi di austerità sono stati implementati, dice l’esperto Onu, in un contesto in cui il sistema di protezione sociale era male equipaggiato per assorbire lo shock derivante dalla crescita della disoccupazione, dal taglio dei salari e dall’aumento delle tasse. La sua preoccupazione principale riguarda il sistema sanitario pubblico, ormai inaccessibile per le classi più povere. Secondo quanto rilevato da Lumina, «circa un terzo della popolazione greca è praticamente fuori dal meccanismo di assicurazione sanitaria pubblica, a causa di una prolungata disoccupazione».
Poche settimane fa, il 20 aprile, 118 tra medici, fisici e professori più importanti di Grecia hanno inviato una lettera aperta al governo di Atene, ai leader dei due principali partiti di maggioranza Pasok e Nuova Democrazia e poi Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Denunciando il crollo repentino e inesorabile del sistema sanitario, ormai senza più soldi e senza personale. «Il governo greco si legge in totale obbedienza alle richieste irrazionali della troika, presta unicamente attenzione alle obbligazioni dei cittadini verso lo Stato, e sembra dimenticarsi delle sue obbligazioni nei confronti dei suoi cittadini». Dal ricevimento del primo prestito salva-Stato, la spesa pubblica greca per il sistema sanitario è passata dal 9,8% al 6% del Pil (e ovviamente oggi il Pil è molto più basso, il 25% in meno, di tre anni fa).
E comunque, secondo i firmatari dell’appello, la salute pubblica è fortemente a rischio. L’ospedale Georgios Papanikolau della città di Kymi, l’ospedale di Tebe e molte altre strutture si trovano ad affrontare un’insostenibile mancanza di personale e di strumenti di base. I pazienti devono pagare per qualsiasi cosa, non solo per test medici e operazioni, ma perfino per siringhe, bende e reagenti. È stata istituita una sorta di tariffa standard per gli interventi chirurgici: i pazienti devono pagare in anticipo il 20% dei materiali e dei servizi di sala operatoria. Ciò ha reso gli interventi, anche quelli urgenti, un bene di mercato fuori dalla portata di una fascia piuttosto ampia della popolazione. Ad esempio, si stima che il costo di un’operazione di sostituzione dell’anca in un ospedale pubblico costi circa 1.000 euro. Per un pensionato che percepisce 600 euro al mese e ci deve pagare affitto, tasse e bollette, questo intervento è irrealizzabile. Lo stesso vale per i disoccupati della fasce più basse.
Discorso a parte meritano i pazienti ospitati nelle unità di salute mentale, come quelle dell’ospedale psichiatrico Dromokaitio, situato in un sobborgo della parte ovest di Atene. Queste strutture non sono più economicamente in grado di fornire i trattamenti di base richiesti dalle gravi malattie mentali. Il personale e i fondi diminuiscono sempre di più, mentre i pazienti aumentano.
A tutto ciò va aggiunto il problema del tasso molto esteso di bambini a rischio di insicurezza alimentare, fenomeno finora sconosciuto nella zona euro. Secondo quanto dichiarato in un’intervista al New York Times dalla dottoressa Athena Linos, della facoltà di Medicina dell’Università di Atene, lo scorso anno il 10% dei bambini delle scuole elementari e medie di Grecia hanno sofferto la fame: è come se in un istituto di 1.000 bambini ben 100 non avessero abbastanza cibo. Secondo l’ultimo rapporto Unicef, il 26% delle famiglie greche più povere svolge una dieta «economicamente debole». Ben 439.000 bambini versano in povertà estrema, appartengono al 20,1% delle famiglie greche. Numeri impressionanti, che si avvicinano pericolosamente a quelli dei Paesi del Terzo Mondo.
Ci sono bambini che si picchiano per riscuotere soldi, altri che rovistano nei bidoni dell’immondizia delle scuole alla ricerca di cibo, altri ancora che svengono per fame. Lo scorso anno Prolepsis, ong che si occupa di problemi di salute, ha iniziato un programma pilota che consiste nel portare panini, frutta e latte in 34 scuole. Sono le stesse operazioni umanitarie che le ong internazionali svolgono nell’Africa Sub-Sahariana o nei contesti urbani più poveri dell’America Latina.
Ad Atene non è più Europa.