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 2013  maggio 09 Giovedì calendario

SANTACROCE ALLA SUPREMA CORTE LA SPUNTA IL CANDIDATO DI DESTRA


Alla fine, al Csm, la spunta la destra. Della politica e della magistratura. La sinistra finisce in minoranza. Il nuovo primo presidente della Cassazione — poltrona che conta quanto quella di un ministro — è Giorgio Santacroce, oggi al vertice della Corte d’appello di Roma. Vent’anni da pm, una cena con Previti a quei tempi, un decennio in Cassazione. Tredici voti per lui, nove per Luigi Rovelli, noto civilista. Astenuti il vice presidente del Csm Vietti, il presidente della Suprema corte uscente Lupo, il procuratore generale Ciani, coloro che con Santacroce si troveranno a lavorare gomito a gomito. Si astiene Annibale Marini, ex presidente della Consulta, posizione in dissenso rispetto a quella degli altri quattro del centrodestra. Il leghista Albertoni sta con loro. Votano in blocco per Santacroce le correnti di centrodestra della magistratura, Unicost e Magistratura indipendente. Ne vantano le doti di «grande organizzatore della Corte d’appello, che con i suoi quasi 400 giudici, è la più grande d’Europa». Non ha chance la sinistra, i sei di Area, il cartello che raccoglie Magistratura democratica e Movimento Giustizia. Con loro l’indipendente Corder e i due laici della sinistra.
Due ore scarse. C’è Napolitano. Che decide di non votare. Parla solo alla fine. Per dare un giudizio positivo sulla pluralità dei candidati — erano otto, sette della Cassazione e l’esterno Santacroce — e per dirsi certo che il vincitore «saprà svolgere al necessario livello le funzioni attribuitegli ». Considera un «segno confortante la pluralità delle candidature» e il clima con cui ha lavorato il Csm. Le sue preoccupazioni sono per «il travagliato avvio della legislatura» e per il governo che ora «dovrà dare risposte alle emergenze economiche e sociali e realizzare un programma di riforme istituzionali attese e mai conseguite».
Com’è nel suo stile il presidente vola alto, si augura che il Csm concorrerà sul terreno delle riforme, visto che quelle della giustizia sono fondamentali. Nessuna notazione, se non al di sopra delle parti, sullo strappo che si è appena consumato, su quel presidente della Cassazione eletto a maggioranza, come avvenne per Vincenzo Carbone e come non è avvenuto per Lupo. Una toga che, al contrario di Santacroce, prende gli applausi di saluto da parte di tutti.
Il destino di Santacroce si gioca di mattina in poche ore. L’ipotesi di un 13 pari che avrebbe fatto prevalere Rovelli, presidente della seconda sezione civile della Corte, in quanto più anziano di Santacroce, sfuma all’ora di pranzo. Marini ufficializza che spacca il fronte del centrodestra, ma non per votare Rovelli, solo per astenersi. A quel punto il pallottoliere dimostra che per lui non c’è speranza: sei di Area, due del centrosinistra, uno di Corder. Nove in tutto. L’altro conta i sei di Unicost, i tre di Mi, i quattro del centrodestra. Fa 13. La partita è persa. A quel punto, i tre voti di Vietti, Lupo e Ciani non sono più determinanti. I tre decidono di astenersi visto che Vietti e Ciani dovranno lavorare con Santacroce. Vietti solo al Csm, ma Ciani sia al Csm, nel comitato di presidenza, che in Cassazione. Dell’ormai famosa cena nello studio di Previti — di cui parla lo stesso Santacroce nella sua deposizione al processo Sme — non parla nessuno. Anzi la sinistra critica che se ne sia parlato perché questo avrebbe compattato il centrodestra. La verità è che i giochi erano fatti da tempo.