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 2013  maggio 07 Martedì calendario

IL MODELLO TEDESCO? 50 ANNI DI COMICHE

Per festeggiare i 50 anni, la Bundesliga si è regalata una finale di Champions in esclusiva. Ormai anche i meno informati hanno capito che il successo è dovuto a: conti a posto+stadi nuovi e pieni+fiducia ai giovani+ miglioramento tattico-fisico; però in 50 edizioni il campionato unico, che ha debuttato nel 1963, ha offerto anche spettacoli meno tecnici. Accanto ai gol, alle coppe, agli scandali (due per scommesse li hanno avuti pure loro), alle sfuriate epiche (Trap e Struunz, marzo 1998), ci sono anche risate, errori, figuracce comiche, lacrime e bevute. Ecco quattro episodi per ricordare che rigidità e precisione non sono tutto: c’è pure una vena di sana follia.

Cani e leoni
Esclusi quelli cittadini, il derby per eccellenza è Borussia Dortmund-Schalke 04, vicini di casa. Il 6 settembre 1969 una gigantesca invasione di campo disturba la sfida. Per rimandare la folla sulle tribune, la polizia usa i cani: pastori tedeschi, non c’erano dubbi. Uno si innamora delle natiche di Rausch, attaccante dei blu, le addenta. «Porto ancora le cicatrici. E non immaginate cosa successe poi nella mia carriera. I difensori mi gridavano bau bau, oppure dicevano: pensa se avesse azzannato davanti. Ero diventato lo zimbello della Bundesliga», ha raccontato. Al ritorno, il presidente dello Schalke pensa alla contromossa: per scoraggiare altri attacchi, va allo zoo e si fa prestare 4 leoncini. Mette loro un guinzaglio e li fa sfilare davanti ai giocatori, schierati a centrocampo. Per la paura, il Borussia non va oltre l’1-1.

Il gol a lato
Non è il classico gol fantasma, dentro o fuori la porta. Qui si tratta di un pallone calciato a lato, ma che è stato visto dentro, con risvolti comico-catastrofici. Il 23 aprile 1994 Thomas Helmer del Bayern è senza opposizione a mezzo metro dalla linea ma manca lo specchio. L’arbitro Joachim Osmers vede l’assistente Jorg Jablonski che corre verso centrocampo e assegna il gol. Il Norimberga perde 2-1; però all’80’ può battere il rigore del 2-2. «Ho pensato che dall’alto mi fosse arrivato un aiuto», racconta l’arbitro. Con un pari gli ospiti si sarebbero poi salvati e non avrebbero mai fatto ricorso. Invece Manni Schwabl sbaglia, Osmers ha quasi uno scompenso cardiaco, Rummenigge poi dice: «Era fuori ma non potremo mai rimetterla dentro». Nel replay ordinato dalla federazione il Norimberga perde 5-0: retrocede per differenza reti, mentre i bavaresi sono campioni per un punto. Osmers continua a dirigere, il guardalinee smette.

Campioni per 4 minuti
Ultima giornata del torneo 2000-01. Il Bayern primo va sotto ad Amburgo al 90’. Viene così virtualmente superato dallo Schalke 04 secondo, senza titoli dal 1958, che batte l’Unterhaching. L’ultima partita della storia al Parkstadion di Gelsenkirchen (di fronte è pronta l’Arena AufSchalke) diventa un dramma degli equivoci. Si sparge la voce che ad Amburgo sia finita: invasione di campo, lacrime, euforia, lacrime. È il primo anno della pay tv: un bordocampista sta intervistando il veterano Andi Müller, conferma in diretta a lui e alla nazione che l’altra gara è terminata. Immaginate le dichiarazioni. Ma qualcuno si accorge che il Bayern sta ancora giocando: come bloccare la festa? Sul tabellone elettronico viene mostrata la gara di Amburgo. C’è una punizione in area per il Bayern, perché il portiere Schober, in prestito dallo Schalke 04, ferma con le mani un passaggio di un compagno allo scopo di perdere tempo e non classificandolo volontario. L’arbitro Merk invece fischia. Patrik Andersson segna, pareggia e paralizza live il Parkstadion, mentre scoppiano i fuochi d’artificio accesi per la festa. Lo Schalke è stato campione solo per 4 minuti e 38 secondi. Ancora oggi aspetta.

Intervallo al 32’ p.t.
Wolf-Dieter Ahlenfelder, ex arbitro, non si è mai arrabbiato: «Anzi, sono felice, non mi si potrà più dimenticare». Perché fischiare la fine del primo tempo al 32’ è un record, ma più gustosa ancora è la spiegazione: «Avevo mangiato pesante a pranzo, per digerire l’anatra ho bevuto qualche birra e un paio di grappini. Siamo uomini, non andiamo ad aranciata». Già, ma durante Werder-Hannover dell’8 novembre 1975 manda tutti negli spogliatoi dopo mezz’ora. Un giocatore gli chiede se sia sicuro, l’assistente gli fa segno di proseguire. Allora Ahlenfelder fa riprendere il gioco. Rifischia l’intervallo dopo 11’, al 43’, ma nessuno glielo fa notare. «Non ero ubriaco: è stato un misto di alcool e antibiotici perché ero anche influenzato». La federazione gli crede, dirige 106 partite fino al 1988, poi si ritira con il titolo di arbitro più simpatico. Datogli dai giocatori.