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 2013  maggio 08 Mercoledì calendario

RCS RISCHIA IL «CHAPTER 11» ALL’ITALIANA

Se il patto di sindacato di Rcs non cede alle pressioni del fronte anti-aumento di capitale, il gruppo editoriale rischia di non avere i voti sufficienti per varare il piano. E senza fondi per la blasonata società che edita il «Corriere» si prospetta un’alternativa infausta: il ricorso all’articolo 67 della legge fallimentare.
Come spiega il quotidiano finanziario «MF», che raccoglie in un articolo le voci, sempre più insistenti, che si rincorrono sui mercati, il rischio per Rcs di dover trovare un accordo stragiudiziale con i creditori senza l’obbligo di dichiarare fallimento è alto. Ed è legato alle modifiche sostanziali alle condizioni per l’aumento di capitale che il “fronte del no” chiede per poter prendere in considerazione l’eventualità di immettere nella società in crisi fondi freschi.
I principali azionisti che si sono messi di traverso all’aumento si trovano fuori dal patto ma anche all’interno ci sono divisioni e ne chiedono un sostanziale tagliando se non un totale rimpasto. Come l’imprenditore marchigiano Diego Della Valle, titolare dell’8,695% del capitale Rcs, la famiglia Benetton (meno del 5%) e Merloni (2%). Un fronte che potrebbe più che raddoppiare se la famiglia Rotelli, con in mano il 16,55% della torta, dovesse decidere di sposare la linea dura.
L’emergenza per Rcs è quella di coprire un primo aumento di capitale di 400 milioni più la sottoscrizione di altri 100 in azioni di categoria B. I soci aderenti al patto di sindacato, che coprono il 58% del capitale, hanno dato la loro disponibilità solo per il 44% dell’importo. Il sì all’adesione è arrivato da Fiat e Intesa, pronte a fare più del dovuto rispettivamente per un ulteriore 2,8 e 2,5%. Ma ancora nulla si sa, sottolinea «MF», delle intenzioni della famiglia Pesenti (7,747%), dei Lucchini (2,04%) e di Bertazzoni (1,23%). Lo stesso vale per Mediobanca (14,2%).
Intanto mancano poco più di tre settimane all’assemblea straordinaria e il compito per l’ad del gruppo editoriale, Pietro Scott Jovane, con davanti una ristrutturazione che prevede il taglio di 800 giornalisti e la vendita o la chiusura di 10 testate, si fa sempre più arduo.
Paradossale sarebbe la situazione per gli istituti di credito che da un lato hanno dato il via libera alla ristrutturazione del debito a breve e concesso nuove linee di credito per 575 milioni e dall’altro potrebbero trovarsi costrette, nel caso del ricorso al Tribunale, a trovare un nuovo accordo stragiudiziale con l’azienda.