Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 09 Giovedì calendario

INDIA, OLTRE 2.600 VITTIME DEI TEST SUI FARMACI

Il governo indiano alla fine ha dovuto ammet­tere. Ha dovuto rivelare i numeri, le statistiche sugli effetti negativi dei farmaci sui suoi “citta­dini- cavia”. E ha puntato il dito ancora una volta contro le case farmaceutiche straniere, ma lo scan­dalo coinvolge anche la sua potente industria del farmaco, ormai tra le maggiori al mondo.
La nota con cui a fine aprile, l’esecutivo di New Delhi ha comunicato ufficialmente alla Corte su­prema che «fino a 2.644 persone» potrebbero es­sere state vittime di sperimentazione clinica di nuovi farmaci negli ultimi sette anni, solleva nuo­vamente una questione sentita e drammatica che proprio in questi tempi si intreccia con le contro­verse iniziative di produzione locale di prodotti prima coperti da brevetti internazionali ora di­sconosciuti dalla giurisprudenza locale. Sotto accusa sperimenta­zioni registrate dal 2005 al 2012 che hanno riguardato 57.303 indiani, di cui 39.022 avrebbero completato i test clinici. Su di essi – secondo i dati presentati alla suprema istan­za giudiziaria dal ministero per la Sanità e il Benessere familiare – sa­rebbero stati testati 475 nuovi pro­dotti, di cui soltanto 17 infine ap­provati per la commercializzazione in India. «I casi di morti dovute a e­venti negativi avversi durante le sperimentazioni nel periodo in questione furono 2.644 e tra questi anche 80 casi di decesso attribuibili con certezza ai test clinici – conferma il ministro per la Sanità, Keshav Desiraju, nel suo rapporto alla Corte Su­prema –. Circa 11.972 eventi negativi gravi (esclu­si decessi) sono stati altresì registrati nel periodo dal primo gennaio 2005 al 30 giugno 2012, di cui 506 con certezza connessi con la sperimentazio­ne ». Il 3 gennaio scorso, la Corte aveva criticato il go­verno per la sua insensibilità e aveva chiesto al mi­nistro della Sanità di controllare l’applicazione del meccanismo di selezione e controllo per la speri­mentazione umana. Davanti al rischio concreto che i giudici decretassero la sospensione di ogni te­st, il vice-procuratore generale ha garantito che il ministro avrebbe personalmente vigilato sull’at­tuazione di un più stretto rispetto delle indicazio­ni del Comitato permanente parlamentare. Un provvedimento che ha tolto il governo dall’imba­razzo, ma che non è servito a fermare le accuse di gruppi della società civile.
In particolare, quelle dell’Organizzazione non go­vernativa Swasthya Adhikar Manch (Forum per il diritto alla salute), che aveva minacciato di porta­re davanti alla Corte l’accusa che i cittadini india­ni sono utilizzati alla stregua di cavie dalle azien­de farmaceutiche straniere con una qualche for­ma di connivenza delle autorità. I dati mostrereb­bero però responsabilità non solo di multinazio­nali, ma anche di aziende locali. Nel 2005 era sta­ta cancellata la legge approvata solo un anno pri­ma, che obbligava le case farmaceutiche ad otte­nere l’attestazione di sicurezza uf­ficiale nel Paese d’origine per pro­dotti da testare successivamente in India.
«Nell’ultimo quarantennio sono state approvate per la commercia­lizzazione in India 900 diverse mo­lecole medicinali di varie catego­rie, di cui solo sette scoperte e ap­provate nel paese, il resto scoperte e sviluppate altrove dopo com­plessi procedimenti di ricerca e di sviluppo, inclusi test sugli esseri u­mani », ha ricordato significativamente il ministro per la Sanità indiano.
Gli attivisti additano come responsabili di deces­si e di abusi della legge soprattutto le aziende stra­niere autorizzate ad operare in India secondo pro­tocolli severi sulla carta, ma che ad esempio la­sciano ampio spazio ad incertezze sulla reale co­scienza della scelta di sottoporsi ai test, dato il con­testo di povertà, emarginazione e scarsa educa­zione da cui proviene le maggior parte dei volon­tari, a volte anche sotto la spinta di gravi problemi di salute. Interessi delle case produttrici, di strut­ture ospedaliere e di operatori sanitari rendono spesso opache le sperimentazioni e discutibili i ri­sultati.