Flavio Haver, Corriere della Sera 8/5/2013, 8 maggio 2013
ROMA —
Due anni, o poco meno, di custodia cautelare preventiva, tra detenzione in cella e — una volta scarcerato — ai domiciliari e poi con l’obbligo di dimora. Ieri, a distanza di sei anni dall’arresto che lo aveva portato a Regina Coeli, la Corte d’appello lo ha assolto per il (presunto) crac da 6 milioni della sua «Micop». «Il fatto non sussiste», hanno sancito i giudici, scatenando l’ira dell’immobiliarista Danilo Coppola. «Il mio arresto, come ho sempre detto, è stato creato ad arte ed in molti oggi si dovrebbero per questo vergognare», è stato il durissimo atto d’accusa dell’imprenditore. «Questo è il "processo madre", gli sequestrarono beni per 118 milioni di euro per un fallimento da sei milioni. Le altre bancarotte per le quali è ancora sotto processo, contestate successivamente, ammontano a 60 milioni di euro, quindi quasi la metà del patrimonio sequestrato. Non so se mi spiego...», sottolinea l’avvocato Giuseppe Lucibello, che lo difende con il collega Ciro Pellegrino.
Accusato di bancarotta fraudolenta, associazione per delinquere, appropriazione indebita e falso ideologico, Coppola era stato rinchiuso in carcere il 1 marzo del 2007 insieme con alcuni stretti collaboratori per aver nascosto un fiume di denaro nei paradisi fiscali esteri, dopo averlo accumulato con spericolate operazioni di compravendita d’immobili di prestigio attraverso società «fantasma». E sotto la lente d’ingrandimento dei pm era finita anche l’attività delle banche, sospettate di aver concesso finanziamenti e mutui agevolati con grande disinvoltura a Coppola. Che si era avvalso di molti prestanome, tra i quali il cameriere romeno della famiglia.
A tre settimane dall’arresto, dopo il ritrovamento di carte segrete nella villa dei suoceri, Coppola si ferisce anche ad un polso («per protesta») con un frammento di vetro. Nel febbraio del 2009, la sentenza del Tribunale: sei anni di carcere per la bancarotta fraudolenta della «Micop» all’immobiliarista, quattro anni alla commercialista Daniela Candeloro. Poi, mentre prosegue l’iter dell’inchiesta principale, ecco che nel dicembre scorso la Cassazione annulla il fallimento della «Micop» per un vizio formale. Da qui, la decisione di ieri dei giudici (comporta anche la restituzione delle partecipazioni azionarie poste sotto sequestro, compreso il 2% di Bim) di assolvere sia la commercialista sia Coppola. Che, nel frattempo, ha però chiuso una maxi transazione con il Fisco versando 160 milioni di euro e ora sta sviluppando a Milano il progetto Porta Vittoria.
Flavio Haver